Bistellato da tre lustri, lo chef catalano ha assistito alla metamorfosi di Madrid in destinazione gourmet, partecipando attivamente all’impresa. “Ma questa è una città che non perdona, non puoi avere una giornata storta”, confida a Esquire.
Lo chef
Sono ormai quindici anni che lo chef catalano Ramón Freixa officia presso il ristorante eponimo dell’hotel Unico di Madrid: tre lustri di successi, coronati dalla doppia stella Michelin (ma il pensiero da allora è andato subito a come conquistare la terza). Per festeggiare ha richiesto ai più grandi colleghi di Spagna una ricetta, che andrà a inserire man mano in menu fino alla fine dell’anno. A essere invitati come ospiti del mese sono nomi come Joan Roca, Juan Mari Arzak, Carme Ruscalleda e Andoni Luis Aduriz, a dimostrazione di una straordinaria capacità di fare squadra.
“Ed è il più bel regalo che potessi ricevere. Siamo un comparto generoso. La mia generazione e quella precedente sono cresciute insieme, lottando e portando la cucina spagnola dove è arrivata oggigiorno, quando è sopraggiunta un’altra generazione a mantenerla. Abbiamo condiviso molti momenti e tanti congressi. Ci siamo sempre aiutati e non ci siamo mai sentiti in competizione, piuttosto come amici e compagni di strada”, racconta ad Esquire.
Ogni mese ci saranno inoltre un signature ripescato dallo storico repertorio del ristorante, reinterpretato secondo lo stile attuale di Freixa, che nel frattempo si è evoluto, e una ricetta tratta dal suo ultimo libro, Cocinar Felicidad. Perché la sua cucina, dice, è un mix di tradizione, avanguardia e scherzo. E oggi più che mai a tavola si tratta di godimento, di rendere felice la gente e di propiziare esperienze. “Ma per me la cosa principale resta il prodotto. Può divertirmi la provocazione, ma preferisco compiacere. Voglio che la gente esca dal mio ristorante pensando di aver mangiato in modo sontuoso, non raro”.
Quando è arrivato, la scena gastronomica della capitale era molto diversa, per quanto già esistessero grandi maison. “Ho vissuto il fermento e la trasformazione della città e sono contento di farne parte. Poi a Madrid si mangia come a Barcellona, a Copenaghen e in qualsiasi altro luogo del mondo. Ma è vero che ogni città ha un pubblico diverso. Tanto per cominciare qui si pranza e si cena più tardi, perché c’è mezz’ora di differenza di luce, non per altro. Ed è anche vero che il cliente forse è più espansivo, credo che Madrid sia una città con l’altoparlante, nel bene e nel male. Se fallisci, non perdona, non ti offre una seconda opportunità, qui non puoi avere una giornata storta”.
Ma a suo giudizio non è una questione di prezzi. “Per me quello che conta è il rapporto qualità/prezzo. Un menu del giorno, se lo vendi a 15 euro, deve essere spettacolare rispetto alla spesa. Perché prendiamo sempre di mira l’alta cucina e non un aperitivo di tortilla? Nessuno si lamenta che la tortilla sia cattiva, eppure accade spesso. Ce ne sono anche di ottime, ma dovremmo giudicare tutto con lo stesso metro".