Se oggi siamo tornati a mangiare in trattoria lo dobbiamo a Diego Rossi, che con la sua insegna ha riportato il piacere del gusto prima a Milano e poi in Italia. Cosa provare da Trippa (quasi) 10 anni dopo.
Diego Rossi mi fa pensare al cubismo. I cubisti, infatti, hanno mantenuto intatto il concetto di perspectiva naturalis della seconda metà dell’Ottocento avanguardista, ma ne hanno moltiplicato i punti di vista, stravolgendo completamente la successione cronologica di eventi e momenti. Diego Rossi ha più o meno fatto la stessa cosa con il suo cibo (che di questo si parla, non dimentichiamolo mai), influenzando prima la proposta ristorativa milanese e coinvolgendo via via tutta l’Italia.
Con Trippa, Diego Rossi ha riportato a Milano il senso del cibo, il piacere di tornare in un posto, di sedersi al tavolo e di farsi travolgere dal gusto, senza fronzoli e senza sovrastrutture: da Trippa si mangia bene e questo è un fatto oggettivo. Quasi dieci anni fa Trippa apriva la sua porta ad una Milano un po’ appannata dal punto di vista gastronomico.
Spopolava il sushi impiastricciato di salse, la cucina molecolare di Adrià aveva ancora la sua scia visibile a occhio nudo, le trattorie erano parecchio impolverate dopo l’idillio dei decenni precedenti e i grandi ristoranti pluripremiati non erano accessibili a tutti sotto diversi aspetti. Ecco che Rossi apre dunque la sua trattoria, un po’ fighetta certo, ma comunque una trattoria, con tovagliette di carta e tavoli di legno. Il suo menu mette sulle tavole trippa, frattaglie e fegatini -“un po’ anche per necessità economica”, come mi confessa in una telefonata.
Il risultato? Lo conosciamo tutti. Qualcuno ha detto che prenotare un tavolo in Osteria Francescana di Bottura è più facile che ottenere una prenotazione da Trippa. Una battuta, certo, ma non molto distante dalla realtà. Diego Rossi, che piaccia o meno, è un precursore. Ha riportato nei ristoranti quegli ingredienti dimenticati che nessuno si sognava di proporre e gli ha dato una nuova dignità.
Io me le ricordo le facce che facevano amici e colleghi quando dicevo loro che avevo la trippa in pentola. Me le ricordo così bene che per un certo periodo mi sono quasi vergognata di mangiare “quella roba”, come la definivano loro. Ma non era di certo colpa mia se quella che per Proust è stata una più elegante madeleine, per me era la trippa in umido. Del resto siamo una nazione di coste, è vero, ma abbiamo una forte e longeva tradizione rurale.
Detto ciò, qualcuno lo ha definito un pazzo, la trippa e le interiora non potevano funzionare, era un rischio troppo grande. Eppure ha funzionato. Ha funzionato così bene che quelle parti meno nobili da pochi spiccioli sono arrivate a costare cifre esorbitanti. Non serve una laurea in economia per comprendere come funziona questo “gioco”. Oggi Diego Rossi è ancora un punto di riferimento della gastronomia italiana, i suoi piatti si sono evoluti ma hanno saputo mantenere quella sincerità che è la sola cosa che dona valore a un piatto fatto come si deve.
Il focus di Rossi si è spostato su una proposta più consapevole delle carni e i vegetali sono sempre più presenti. La squadra funziona molto bene, in sala c’è simpatia ma prima di tutto competenza e cura. C’è dunque chi fa arte e chi si identifica in quello stesso movimento, che non significa copiare bensì ispirarsi. Chef Rossi (anche se non ama che lo si identifichi così, ce l’hanno detto le sue magliette), fa parte del primo gruppo e la cosa gli riesce in modo molto naturale e, va detto, anche piuttosto bene. Ma cosa e come si mangia oggi da Trippa?
A cena da Trippa (quasi) dieci anni dopo
Il locale non è cambiato, ci sono nuovi dettagli dettati dal tempo che inevitabilmente crea ricordi, ma è rimasto uguale nella sua essenza. Da uno sguardo veloce sulla sala si percepisce che quasi tutti i commensali non sono alla loro prima volta qui. Potrà sembrare un’informazione irrilevante, ma visto che si torna sempre dove si è stati bene (cit.), la faccenda è abbastanza indicativa (ed è forse anche una spiegazione all’annosa questione delle prenotazioni).
La carta è divisa in due colonne: prima e dopo. Nulla vieta di prendere più portate dalla stessa colonna e questa è una libertà di cui avevamo bisogno. Trippa fritta e trippa in umido del giorno, i due biglietti da visita, ci sono sempre. La trippa in umido, di vitello, è consistente e con una masticazione perfetta, simbolo di una cottura impeccabile. Oltre al pomodoro, c’è la crema al Parmigiano, elemento in grado di conferire un tocco di eleganza anche ad un piatto così rustico e semplice.
Il menu recita lumache fritte con purè all’aglio, insalata di coniglio, galletto al vino rosso, flan di ricotta e mortadella, ma non mancano i piatti vegetariani come il macco di fave, tarassaco ripassato e peperoncino o le fave stufate al pimento, crostini all’aceto e cacioricotta di capra. Uno dei punti di forza di Trippa Milano è che le proposte variano molto spesso.
Interessanti, come sempre, i fuori carta che in questa occasione proponevano asparagi cotti al vapore con burro nocciola e nocciole del Piemonte, un piatto vegetariano caratterizzato da un perfetto equilibrio, e il lampredotto. Quest’ultima una portata di quelle che vanno dritte al punto, di grande carattere anche se resa armoniosa dal sapiente uso di erbe e spezie.
Sempre buono il tiramisù, ma a stupire per la parte dolce è sicuramente la panna cotta al mosto con una consistenza cremosa e avvolgente, un sapore dolce stemperato dalle note amaricanti del mosto e un appagamento degno dei migliori dessert.
Le tagliatelle burro e Parmigiano di Trippa
Meritano un paragrafo a parte le tagliatelle burro e Parmigiano di Trippa. È innegabilmente un trend quello di proporre la pasta al burro al ristorante e molte volte ho sentito dire “la pasta al burro me la faccio a casa”. Certo, nulla vieta di cimentarsi in una delle preparazioni più basiche, semplici, banali e insidiose della storia dei primi piatti. Siamo più o meno tutti cresciuti a pasta al burro, è buona, confortevole, incapace di stancare. Ma la verità è che per fare una buona pasta al burro serve esperienza e conoscenza.
Gli equilibri di questo primo piatto sono costantemente sotto attacco da una quantità eccessiva di burro, dalla consistenza della pasta, dall’idratazione del piatto che ne determina la cremosità e dal Parmigiano che può stracciare. Quella di Diego Rossi è una tagliatella burro e Parmigiano che tutti dovrebbero assaggiare almeno una volta nella vita. Si parte dalla pasta fresca, preparata ogni sera prima del servizio. La ricetta è quella classica, un uovo ogni 100 g di farina, con una componente aggiuntiva di tuorli. Il segreto è il brodo di pollo, che conferisce al piatto un sentore umami che esalta tutti gli altri ingredienti creando al palato una sensazione continua di piacere.
Il brodo, preparato con sola acqua e pollo, viene fatto cuocere per un tempo indefinito e viene poi fatto restringere e raffreddare fino a quando il collagene non avrà creato una sorta di gelatina. Una porzione di tagliatelle prevede 90 g di pasta e 90 g di burro, più 30 g di Parmigiano Reggiano 24 mesi che viene frullato e non soltanto grattugiato. Questo è un passaggio importante ed è quello che non permetterà al formaggio di stracciare ma di amalgamarsi alla cremosità del piatto. Burro e 30 g di gelatina di pollo sono scaldati in padella, la stessa che ospiterà la tagliatella una volta cotta. Si manteca velocemente e con energia e fuori dal fuoco si aggiunge il Parmigiano. Questo è un piatto eccezionale, di quelli che non si smetterebbe mai di mangiare, e non è un caso che molti ospiti ne ordinino due porzioni nella stessa cena.
La faccenda delle prenotazioni impossibili da Trippa
Tutto bello e tutto buono da Trippa, ma con le prenotazioni impossibili come la mettiamo? Ho personalmente rivolto la domanda a Diego Rossi e quando per provocazione ho detto “lo fate certamente per hype”, non ha saputo trattenere una risata. “È nel mio interesse riempire il locale tutte le sere, nessuno ha la precedenza e non ci sono favoritismi. Certo, tengo un paio di posti per le emergenze, ma il resto della sala è tutto a disposizione dei clienti. Abbiamo messo in piedi un sistema di prenotazioni mensile e i posti finivano dopo pochi minuti, abbiamo tentato con l’apertura trimestrale delle prenotazioni ed è successa la stessa cosa.
Abbiamo clienti da tutta Italia e dall’estero. Mi dispiace molto per questa questione, ma non nego di esserne contento per il bene del locale e della squadra che ci lavora”, dice Rossi, e aggiunge che non è da sottovalutare il tema del No Show, cioè la tendenza che molti clienti hanno di prenotare e non presentarsi senza avvertire. Un problema per i ristoranti e per i ristoratori che registrano importanti perdite economiche legate a questo fenomeno.
Contatti e info
Trippa Milano
Via Giorgio Vasari 1 - 20125 Milano
Da Lunedì a Sabato - 19:15 - 23:30
Prenotazioni: +39 327 6687908
Email: info@trippamilano.it