Curioso personaggio, Diego Gallegos, chef brasiliano che ha costruito la sua fama sul più esclusivo dei feticci gastronomici, il caviale, ma che durante la pandemia si è fatto conoscere anche per i videogiochi, sviluppando un lato pop.
La notizia
Nato a Campinas, in Brasile, 39 anni fa, Diego Gallegos è soprannominato lo chef del caviale, feticcio che nel tempo gli ha ispirato 150 ricette. Nel suo rinomato ristorante Sollo, presso la Reserva del Higueron, a Malaga, ha iniziato a fare prove con il prodotto spagnolo e non si è più fermato.
Fin da piccolo, tuttavia, coltiva anche un’altra passione: quella per i videogiochi. Iniziata quando suo padre vinse una consolle a tombola, è riaffiorata in pandemia, tanto che oggi c’è chi lo chiama anche “chef gamer”. Dopo che si era distinto in competizioni online, una marca di videogiochi gli ha infatti affidato la realizzazione di un nuovo prodotto, creando un personaggio col quale fa ricette e partecipa agli eventi. E oggi anche questa è una fonte di reddito, grazie agli orari di lavoro che gli lasciamo molto tempo libero per giocare, anche con le figlie. “Mi pagano per questo, ho una fortuna esagerata”.
“Il caviale comunque non manca mai nel menu degustazione”, racconta a Paz Alvarez di El Pais. “Giochiamo con questo concetto, ma utilizziamo anche pesci di fiume allevati da noi, che sono più economici. Calcoliamo 30 grammi di caviale a testa e vendiamo il menu, con questa percezione di lusso, a 170 euro. Il nostro cliente, soprattutto quello nordeuropeo, cerca l’eccellenza attraverso la sostenibilità. Quando ci hanno dato la stella rossa, è stato un appoggio importante; ma la verde ci ha consolidati come ristorante più concettuale”.
“Se ho alzato il prezzo, è stato proprio perché il ristorante non è concepito per essere la prima esperienza Michelin di un cliente. Quando vai in un locale di questo tipo, per prima cosa cerchi la pomposità, e nonostante le tovaglie di lino non siamo conformi a questo modello. Alzando il prezzo ci differenziamo. Accogliamo clienti esperti, che capiscono quel che facciamo. Il caviale è il nuovo Balsamico, che stava in tutti i piatti vent’anni fa. C’è un pubblico che lo domanda. È tutto al caviale, senza badare alla provenienza. Noi privilegiamo una produzione sostenibile dell’Andalusia. Ne uso 65-70 chili l’anno. Culturalmente è sempre stato qualcosa di esclusivo. Non è a buon mercato, a 700-800 euro al chilo non può andare in tutti i ristoranti. Insomma nessuno vedrà mai tapas al caviale con la birra”.
“Per il 70% proviene dalla Cina, di qualità e non. Ci sono molte truffe, gente che spaccia il caviale cinese per iraniano, ormai introvabile”. Ma quello buono si riconosce perché non sa di fango o terra, che sarebbero indice di acque stagnanti e circuito chiuso; una volta aperto è lucido e liscio come uno specchio, mentre dopo la data di scadenza il grasso inizia a sciogliersi. E Gallegos qui non spariglia: va consumato freddo con un calice di Champagne, usando un cucchiaino di madreperla per scongiurare il sentore metallico.