Francis Paniego è un beniamino della Michelin: primo chef a conquistare le due stelle nella Rioja presso l’hotel familiare di Ezcaray, ha recentemente ottenuto la prima di sempre nel Principato di Andorra. Qui spiega perché, secondo lui, la tecnica in cucina conta più dei numeri.
L'intervista
Non è una stella qualsiasi, quella che ha conquistato Francis Paniego: nel principato di Andorra, sui monti Pirenei, è infatti la prima e unica dal 2004. Brilla sul ristorante Ibaya, dove lo chef ha raddoppiato il successo dell’hotel Echaurren di Ezcaray, struttura storica ereditata dai genitori e gestita con fratelli e cugini, che si appresta a festeggiare il suo 125mo anniversario.La pandemia, paradossalmente, ha fornito l’occasione per terminare finalmente i lavori, intrapresi nel 2009, praticamente in concomitanza con la grande crisi. In modo da arrivare in forma impeccabile alle celebrazioni. Proprio in tempo, ahimè, per la tempesta perfetta che si sta addensando sul settore. Per Francis la sfida e l’impegno restano quelli di continuare a vivere in un paesino da 2000 anime, rilanciando una struttura familiare giunta alla quinta generazione, che però non basta più per sostentare la famiglia allargata. È giocoforza, in casi come questi, diversificare il business.
“L’hôtellerie è un settore terribilmente sensibile. Siamo i primi a notare che stiamo uscendo da una crisi, che la gente ha voglia di spendere, ma anche che l’entusiasmo si sta spegnendo. Può darsi che nelle città si noti meno, ma c’è una certa flessione. Ci troviamo in una situazione di rialzo dei prezzi e di inflazione. Sono mesi buoni per noi, ma non sappiamo cosa arriverà dopo. L’impressione è che stia per scoppiare una tempesta perfetta: l’Europa resta senza gas, la Germania si ferma, ci tagliano le forniture dall’Algeria, l’inflazione è al 10%...”
Praticamente non c’è tregua per un ristorante come quello di Andorra, aperto nel novembre del 2019, subito prima della fine del mondo. Il contesto vi obbliga lo chef a una cucina di montagna, strutturata come un’escursione panoramica. “Nel mio programma di ricette, dove registro ogni cosa, conto circa 700 elaborazioni. Mia madre si è guadagnata la vita con 35. È come se noi cuochi dovessimo cambiarci i vestiti continuamente. Non sarebbe il caso di elaborare meglio una buona idea e limarla, anziché creare sempre da zero? Alcune buone idee, viste con il tempo da un’altra prospettiva, risultano ancora migliori. Non significa stagnazione, ma anelito verso il miglioramento continuo. Nessuno critica il signore della metropolitana di Tokyo perché fa solo sushi, piuttosto tutti lo lodano perché ricerca la perfezione del piatto. Perché noi cuochi non possiamo fare lo stesso, senza che passi per un arretramento o una mancanza di ambizione?”
“Dirò una cosa politicamente scorretta, ma la crisi che si approssima fa sì che le aspettative si mitighino. C’è un cliché secondo il quale il lavoro nel settore non sarebbe ben retribuito. Posso solo dire che almeno nella nostra struttura rispettiamo tutti i contratti e in alcuni casi andiamo oltre. Detto ciò, se hai un’impresa, devi contenere i costi per il personale entro il 40%. Sennò non è un’impresa. Sarebbe bello poter pagare di più!”
Fonte: 7 Canibales
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Foto di copertina: crediti Principal Interior