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René Frank al CODA: il primo chef stellato del mondo che cucina solo dolci

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina rene frank

Non c’è traccia di zucchero nei menu di René Frank, che mettendo in sequenza 4 o 7 pudding semi-dolci ha strappato due stelle Michelin a Berlino. E ora punta a replicare il successo in chiave informale.

Il ristorante

Servire un menu di soli dolci, ponendo zucchero e affini sullo stesso piano del sale, non è un’idea completamente nuova per la ristorazione. Ci ha lavorato a suo tempo Jordi Butron e l’ha accarezzata la nostra Valeria Piccini. Ora è diventata realtà per iniziativa di René Frank, chef patron che guida il primo ristorante stellato di soli dolci al mondo, il CODA di Berlino.

Crediti Jakob Nawka



Siamo nel quartiere giovanile di Neukölln, fra variopinti edifici decorati da street artist. E la proposta gastronomica, pur col suggello Michelin, non è meno alternativa. Ai suoi 28 ospiti il ristorante mette in mano due degustazione, composti da 4 o 7 portate, che in realtà sono pudding. Può trattarsi di ghiaccioli di topinambur al caviale, pesche grigliate con salsa al pepe, wafer alla Raclette nello yogurt piccante con polvere di cetriolino e cocktail alla pera.

Fluffy Duck



Radice di prezzemolo, pistacchio, aglio nero



O ancora di gelato di panna acida con mango brasato alle cinque spezie, formaggio Cironé e sedano in emulsione di mandorle e caffè… La ricerca gustativa è evidente e riposa su un approccio sperimentale. Per esempio, esclude risolutamente l’impiego di zucchero raffinato come di qualsiasi additivo chimico.Lo zucchero industriale storicamente ha trovato impiego nei dessert, ma non deve definire il mestiere. Al contrario limita l’artigianalità e la capacità di elaborare gli ingredienti”, perora lo chef.


La dolcezza arriva piuttosto dalla concentrazione e dalla fermentazione di frutti e vegetali, quindi si attesta praticamente sempre sul confine col salato, mentre flirta con ingredienti tabù come il midollo o il pesce fermentato. E la leggerezza è imperativa: “Dopo aver mangiato da CODA non dovresti aver voglia di coricarti, ma di andare a ballare a Berlino”. Significa esplorare nuove potenzialità del gusto, ma anche tentare di riscattare il dessert da un ruolo ingrato: quello di essere saltato a piè pari o mangiato controvoglia, quando lo stomaco è già pieno e l’appetito ormai svogliato.

CODA



Frank ha maturato il suo stile dopo un percorso abbastanza canonico, che lo ha visto frequentare le scuole professionali, spinto dalla vocazione precoce, poi aggirarsi per ristoranti dal Giappone agli Stati Uniti e infine prestare servizio in diversi fine dining europei, fra cui il tristellato tedesco La Vie, oggi chiuso. È stato in particolare l’impiego dell’amakaze, dolcificante ottenuto dal riso fermentato, a folgorarlo in Giappone. Anche se l’ingrediente resta raro in pasticceria e più frequente nel salato, a causa dei sentori di fermentazione che possono risultare invasivi, se non ben bilanciati. Tecnica, questa, che Frank ha applicato anche all’avena. Nelle vecchie vesti di pastry chef, ha quindi alleggerito sempre più i suoi dessert, che chiudevano lunghi menu degustazione, fino a maturare il desiderio di sganciarli. È stato così che ha infine aperto il suo CODA, dove ha conquistato in pochi anni due stelle Michelin.

Red shiso chocolate



Ma Frank, che nel frattempo è diventato anche un volto televisivo, vuole democratizzare la sua rivoluzione: nei piani c’è uno spin-off del CODA, in chiave informale, dove mangiare cioccolato bean to plate e sugar free oppure gelati naturali.

Fonte: National Geographic

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Foto dei piatti: crediti Michael Holz

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