Prosegue l’espansione del gruppo di ristoranti di Björn Frantzén, dalla Scandinavia all’Estremo Oriente, passando per Londra. Diversi i format, vivaci e conviviali, con il servizio di sala in evidenza e un’adesione dogmatica alla stagionalità, intesa come zenit qualitativo.
Foto di copertina: @Lars Pehrson- TT
L'opinione
Acclamato come il più grande cuoco svedese di sempre, grazie a sei stelle Michelin (di cui tre al ristorante eponimo di Stoccolma, le prime del paese, e altre tre allo Zen di Singapore), Björn Frantzén ha contribuito al trionfo delle cucine boreali, senza sposarne dogmaticamente gli assunti. Già calciatore professionista, si è fatto le ossa a Londra, da Chez Nico e Pied à terre, e presso il leggendario Arpège di Parigi, prima di aprire un posto tutto suo nel 2008, raccogliendo la prima stella nel 2009 e la seconda nel 2010.
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Ma non è il tipico cuoco nordico compassato, che dipinge il cliché. “Andare al ristorante deve essere divertente”, dice in un'intervista a CNA Luxury. “Se sei super rigido, super tranquillo, come una biblioteca, io non vengo. Amo l’energia e sentire il cicaleccio”. È lui a curare anche le colonne sonore dei suoi locali: per esempio un mix di Nirvana, Guns N’ Roses e indie pop europeo da Zen; mentre nella Brasserie Astoria di Singapore si ascoltano piuttosto Stevie Wonder, i Commodores e i Rolling Stones. Poi ci sono Villa Frantzen a Bangkok e Studio Frantzen a Londra; prossimamente un’apertura fine dining a Shanghai e altre due presso il Palm Hotel di Dubai. Che si tratti di alta cucina o di concept informali, l’attenzione è la stessa: per quanto l’Astoria serva 1100 pasti al giorno, le preparazioni restano espresse, nello sforzo di valorizzare le abilità dei camerieri, come nel manzo flambato al guéridon.
![studio frantzen harrods london](/upload/multimedia/studio-frantzen-harrods-london.jpg)
Certo le materie non sono le stesse dappertutto, ma a turbare Frantzén è soprattutto il declino della stagionalità: le tecnologie agricole avanzate consentono di far crescere ogni cosa in qualsiasi momento e di fatto i mercati sono invasi da pomodori insapori, strappati dalle sterminate serre olandesi a ciclo continuo. Per non parlare dei tartufi bianchi e neri pregiati, un tempo disponibili per un paio di mesi, oggi praticamente tutto l’anno, in arrivo magari dall’Argentina o dalla Tasmania.
![bjorn frantzen piatto di Zen](/upload/multimedia/bjorn-frantzen-piatto-di-Zen.jpg)
“Ci stiamo perdendo la bellezza di aspettare che gli ingredienti si sviluppino”, constata malinconico. “Penso che la nostra responsabilità di ristoratori e di chef oggigiorno sia usare gli ingredienti solo quando sono al top, in stagione, di modo che la gente possa apprezzare la differenza, per quanto sia tutto sempre a disposizione”. Le regole non cambiano nel vivaio dei dipendenti, che passano dalla nave ammiraglia svedese, per poi maturare e crescere di grado nei diversi stabilimenti, dove acquistano responsabilità lusinghiere.
![bjorn frantzen2 2024 01 04 15 39 47](/upload/multimedia/bjorn-frantzen2_2024-01-04_15-39-47.jpg)
“Cerchiamo di selezionare i collaboratori non perché arrivano da uno stellato, ma per la personalità. Quando mangio fuori e vedo una persona adatta, le chiedo se le piacerebbe passare da noi. All’inizio sono un po’ intimiditi dall’opportunità di lavorare in un tre stelle, ma una volta che riescono a capire come si fa, crescono e diventano bravissimi. Questo è il motivo per cui ci stiamo espandendo in modo organico. Se non offrissimo nuove opportunità, i dipendenti ci lascerebbero”.