Jean Sulpice adatta la sua cucina alle sfide ambientali e alle nuove esigenze dei consumatori. L’alta gastronomia non è solo mangiare bene, ma vivere un'esperienza.
L'opinione
I Romani lo dicevano già 2.000 anni fa: "de gustibus et coloribus non disputandum". Con la crescente consapevolezza degli effetti nocivi del riscaldamento globale e la ricerca di uno stile di vita più sano, negli ultimi anni le abitudini alimentari e gli stili di cucina dei migliori chef sono cambiati notevolmente. Jean Sulpice è uno chef a due stelle dell'Auberge du Père Bise di Talloires (Alta Savoia) e, influenzato nella sua professione dalla regione alpina che lo circonda, spiega questi cambiamenti alla testata France Info.
"Con il clima che muta, siamo molto più sensibili alla natura. È la natura a dettare i nostri desideri e le nostre risorse". Difatti, dopo aver sperimentato diverse ricette nelle principali città del mondo, lo chef ha scelto di puntare sui prodotti della sua regione d'origine, dominata dalle Alpi. Per lui, come per un numero sempre maggiore di chef stellati, questo significa cucinare in modo ultra-locale. "Quando guardo i menu degli anni Ottanta e Novanta, vedo aragoste, branzini, scampi... prodotti che non sono per niente locali, e per me questo non ha senso oggi". Al loro posto si trovano gamberi di fiume, feras, trote e lucci di lago.
Jean Sulpice preferisce lavorare con produttori locali, apicoltori, allevatori di pesce e viticoltori che si impegnano a produrre cibo di qualità. I suoi piatti sono inoltre arricchiti da piante aromatiche provenienti dal suo giardino. Per alcuni chef stellati, coltivare i propri prodotti è un marchio di fabbrica e i consumatori non sono scontenti di questa cucina. Anzi, il contrario. "Oggi la gente non vuole più mangiare come una volta. I clienti sono più interessati a fare sport e a sentirsi bene con il proprio corpo", spiega lo chef.
"Prima la gente andava a mangiare fuori per riempirsi la pancia. Oggi, quando si va a mangiare in un ristorante gourmet, non è per mangiare, ma per vivere un’esperienza. Si tratta di pura meraviglia, di un viaggio. Ci si prende il tempo necessario, ci si prepara prima di sedersi a tavola. E ci si lascia trasportare". Di conseguenza, vengono privilegiati piatti meno ricchi, meno grassi, meno dolci, meno salati e più freschi.
C'è anche più acidità e presenza vegetale nelle preparazioni. "Questo perché l'apertura delle frontiere ha creato una mentalità aperta. Le persone viaggiano di più. Ad esempio, quando si va in Giappone, si vede quale pesce si può mangiare crudo e come", spiega lo chef. Per Jean Sulpice, l'esperienza della gastronomia stellata è una strada a doppio senso. È una fonte di meraviglia per i clienti e una costante ricerca di nuove idee, un istinto creativo in cucina.
Questo approccio creativo ed ecologico gli è valso una stella verde per il suo impegno ambientale ed ecosostenibile. "Tutto ciò che va in tavola proviene dalla mia regione e dalle persone che lo producono, fino ai piatti in legno, al vasellame e alle ceramiche", spiega lo chef, che si rallegra del fatto che sempre più ristoranti gourmet adottino questo modello responsabile, anche se certe abitudini sono ancora radicate nella formazione delle scuole alberghiere.