Peter Cuong Franklin ha messo Saigon sulle mappe dei gourmet: il suo Anan è stato il primo ristorante della metropoli a fregiarsi della stella Michelin. Ma le ambizioni non sono certo finite…
La storia
Non si possono capire la cucina e il successo di Peter Cuong Franklin, se non si parte dalla sua biografia. Nato in un piccolo villaggio sperduto fra i monti del Vietnam, dove la mamma gestiva una bancarella di noodles di fronte a casa, aveva dodici anni quando nel 1975 fu messo su un aereo per gli Stati Uniti, dove alla fine della guerra perse ogni contatto con i genitori. Adottato da una famiglia nella marina, è cresciuto in Connecticut, si è laureato a Yale e ha iniziato a lavorare nella finanza, da New York a Londra, fino a Hong-Kong.
Nel 1995, quando un amico d’infanzia è riuscito a localizzare la madre, ha rimesso piede per la prima volta in Vietnam per incontrarla. C’era qualcosa tuttavia che gli mancava: per questo nel 2008 si è iscritto al Cordon Bleu di Parigi e si è poi formato in ristoranti prestigiosi come Alinea a Chicago e Nahm a Bangkok. Fino ad aprire nel 2013 il suo Chôm Chôm, un ristorante di moderna cucina vietnamita a Hong Kong.
Dopo quattro anni, la separazione dai soci e il divorzio dalla moglie, nuovi desideri si sono fatti largo nel suo cuore: “Ho sentito che mamma Vietnam mi chiamava a sé, per qualche ragione di cui non ero sicuro al momento. Mi sono sentito un figliol prodigo”. Sono passati altri cinque anni dal rientro all’apertura di Anan (che significa “mangiare mangiare”), all’interno di una caratteristica casa a tubo di cinque piani prospicente un mercato a Saigon.
Lui la definisce “cucina moi” o “new vietnamese”, sulla falsariga di “new nordic” e affini, alludendo all’esaltazione degli ingredienti locali attraverso tecniche contemporanee, in chiave glocal. In questo modo è riuscito a reinventare specialità come i bahn xeo, sorta di crespella alla curcuma proposta in forma di tacos; mentre il nuong, una sfoglia di riso, diventava una pizza guarnita di chorizo e mozzarella. “L’ibridazione di diverse culture ti costringe a sfidare e cambiare”, commenta. Ed è un approccio radicato nella gastronomia del paese, fortemente influenzata dalla cucina francese e cinese a causa del passato coloniale. Oggigiorno, del resto, tanti prodotti occidentali vengono emulati con successo, come varietà di verdure e salumi, che colorano la tavolozza senza viaggi intercontinentali.
Ma le memorie della bancarella materna, dove dava volentieri una mano a pulire e preparare, riaffiorano. “Ci sono una specie di ritmo e di processo, che chiunque lavori in un ristorante conosce”. Tanto che salendo sul palco della cerimonia di presentazione della prima guida Michelin sul Vietnam, nel 2023, ha dedicato la stella, unica a Saigon con altre tre nel paese, proprio a lei: “Mamma, questa è per te!”
Ma Franklin non si è fermato: nel 2019 ha aperto nello stesso edificio Nhau Nhau (“bere bere”), locale dedicato alla mixology; nel 2023 Pot au Pho, bancone per il servizio di panini e noodles da 16 coperti, con influenze francesi e nipponiche. Piatti pop che inizialmente ha tentato di ignorare, ma che si sono imposti alla sua attenzione “come un elefante”: impossibile fare finta di niente. Il suo auspicio, tuttavia, è che il Vietnam si faccia conoscere ben oltre il suo street food, sul piano del fine dining, e per questo vuole fungere da mentore per i giovani cuochi del paese.
Foto: Crediti Anan Saigon