Solleva polemiche la nuova proposta di regolamentazione del lavoro dei rider, avanzata dal ministro australiano. Compensi minimi e più sicurezza sulle strade, ma anche rischi per lo sviluppo del comparto e incrementi nei prezzi a carico degli utenti, mentre l’inflazione morde il potere d’acquisto.
La notizia
Quella dei rider non deve essere un’emergenza solo italiana, se il ministro del lavoro australiano Tony Burke si è finalmente deciso a intervenire. A suo giudizio attualmente la legislazione è carente a causa della mancanza di definizione giuridica per le prestazioni, lacuna che le autorità intendono colmare quanto prima. Il risultato è il diffuso sfruttamento, ma anche la morte di ben 13 rider sulle strade australiane negli ultimi anni.
“La ragione per cui mancano standard minimi è questa: attualmente se ti rivolgi alla commissione lavoro, la prima cosa che ti chiedono è se sei un dipendente. Se lo sei, godi di tutta una serie di diritti. Se non lo sei, tutti questi diritti vengono a cadere nel dirupo. Ciò che vogliamo fare, è trasformare quel dirupo in una rampa”. Significherà pagare un piccolo extra alla consegna della propria pizza, in cambio di una maggiore sicurezza per i rider che solcano le strade al fine di portarla a destinazione. “Quindi mi pare un piccolo prezzo da pagare. Sottopagare è più conveniente, ma la schiavitù costa ancora meno”, ha ironizzato.
La commissione lavoro cercherà quindi di inquadrare ogni singolo lavoratore, a seconda che operi per una piattaforma, da cui sia “praticamente dipendente”, guadagnando però cifre inferiori e avendo un minore controllo sulle proprie prestazioni rispetto a chi è regolarmente assunto. Ricadranno nella fattispecie le più note app di delivery, come Uber, non i social, più simili a forum di gente in cerca di ingaggi. Scatteranno nel primo caso una serie di regole, riguardanti il pagamento minimo delle prestazioni e anche le relative tempistiche. Sarà anche il modo per fermare la concorrenza al ribasso di nuove app, che emergono sul mercato esacerbando le pratiche di sfruttamento.
La risposta di Uber è stata positiva, tanto sui compensi minimi, che sull’assicurazione obbligatoria, anche se ha messo in guardia sul rischio che un’implementazione errata possa compromettere il comparto, oberato da costi eccessivi, finendo per danneggiare gli stessi lavoratori. Altri hanno enfatizzato come le nuove misure rischino di gravare sui consumatori, il cui potere d’acquisto è già falcidiato dall’inflazione. Anche perché non è chiaro se il loro raggio d’azione si fermerà al food delivery, o finirà per interessare altri ambiti, come la cura alle persone, argomento particolarmente sensibili per tanti cittadini.