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Dove mangiare a Roma in 10 locali creativi: i fine dining più pop della città

di:
Francesca Feresin
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copertina fine dining pop roma 47 circus roof garden

Cucina d’autore fuori dagli schemi; divertimento allo stato puro; gioia di condividere la tavola senza formalismi. Questa l’attitudine con cui si approcciano le tavole qui riportate, insegne fine dining in stile pop(olare) che offrono una proposta enogastronomica di altissima qualità, rompendo alcune regole del bon ton.

La selezione

Negli ultimi anni, Roma è diventata una vera e propria destinazione gastronomica, fatta di ristoranti fine dining per nulla ingessati. Luoghi in cui l’esperienza si può riassumere con una parola sola: divertente. Niente servizio impettito, formalismi e schemi. Il servizio è leggiadro e allegro, ma straordinariamente competente e coinvolgente nel raccontare i piatti o consigliare un vino, quest’ultimo scovato chissà dove e abbinato a piatti elaborati, ma comunque intuitivi nei sapori e nella memoria di ciascuno di noi.

Acquasanta

acquasanta piatto
 

Siamo a Testaccio, in un acquario circoscritto da ampie vetrate che affacciano sulla piazza più frequentata del quartiere. Acquasanta è un ristorante illuminato, nato in un quartiere dove la convivenza con la tradizione gastronomica romana è difficile. Un luogo che anno dopo anno, grazie alle competenze della proprietà e della cucina, ha costruito una clientela solida, di amici entusiasti di tornare a provare i nuovi menu e i nuovi vini in cantina. Sì perché Acquasanta è un’eccellente insegna tanto per i piatti quanto per il beverage. Dei primi si occupa lo chef Enrico Camponeschi, che stupisce con creazioni sempre più esuberanti, con carisma, irresistibilmente divertenti, di pesce, carne e solo verdure. Tra le ultime, da provare è lo Spaghettone "Mancini", Fondo Bruno Vegetale, Panna Acida, Salicornia così come il dolce Topinambur, Cioccolato Fondente, Limone, frutto della giovane e capacissima Giulia Fusillo, tra l’altro maestra di panificati di livello. E dicevamo la cantina: quest’ultima evolve di continuo per merito della curiosità di Alessandro Bernabei, patron di Acquasanta e di altre attività di successo a Roma e dintorni.

Almatò

Almato
 

Ci spostiamo nel quartiere Prati per Almatò, l’insegna “succo concentrato” delle idee di tre giovani amici nati e cresciuti sui campi di rugby, Alberto Martelli, Manfredi Custureri e Tommaso Venuti. Quest’ultimo è anche lo chef del ristorante, fautore di piatti dal gusto maturo, sincero, a tratti tondo, a tratti tagliente e ancestrale, dove componenti talvolta povere, talvolta elitarie, risultano innervate da oscillazioni acide e radiose. Tre i menu degustazione a 5, 7 e 9 portate da provare ai tavoli dell’intima sala vetrata che affaccia sulla via. Tra i piatti ora in menu meritano l’assaggio la Quaglia alla diavola, purè al sumac e yuzu così come il Risotto, ostriche, limone e finocchietto e la Pluma di maiale, peperone, chinotto e capperi. A servire ogni piatto, selezionando i migliori vini in abbinamento è Riccardo Robbio.

Bistrot64

bistrot64 staff
 

Da pochissimi giorni, Bistrot 64 nel quartiere Flaminio, in via Calderini, a 10 anni dall’apertura riprende vita e torna alle origini. Torna in sala Emanuele Cozzo, ideatore e proprietario, e con lui anche Giacomo Zezza, per anni sous chef di Kotaro Noda, e ora alla guida della cucina. Nella piccola sala domina un ambiente informale fatto di poltrone e divani marroni, tavoli in legno e due principali in marmo. Niente di azzardato, arredi semplici ma eleganti. C’è anche un bel bancone in marmo da divisorio, con quattro sgabelli su cui accomodarsi e mangiare da un lato, e dall’altro diventa il banco di lavoro per lo staff di sala. Il menu è breve e conciso con 3 piatti per sezione a cui si aggiungono quelli della tradizione, amatriciana e carbonara, disponibili anche nella mezza porzione. Due, invece, i percorsi degustazione: “I 10 anni” con 5 portate a 75 euro e “PrimaEra” con 8 portate a 95 euro. Circa 200 le etichette in cantina, quest’ultima pronta ad ampliarsi nel tempo con l’aiuto del sommelier e direttore di sala Nikola Bacalu.

Bottega Tredici

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In un angolo del Ghetto, Bottega Tredici è il ristorante di tre giovanissimi che su porcellane ideate su misura offre piatti concreti ma non pesanti, romani ma non autarchici, attuali ma non banali. Siamo in Via dei Falegnami, in un ambiente piccolo ma perfettamente organizzato negli spazi. Qui Roberto Bonifazi e Francesco Brandini in cucina e Daniele Gizzi in sala stupiscono il cliente con proposte di pancia come il sempre presente Gnocco ripieno di crema al pecorino, salsa Amatriciana e guanciale croccante. Non da meno sono antipasti come la Tarte tatin di peperonata, Grana Padano, limone e il polpo cbt alla brace, cicoria ripassata, peperoni cruschi, olive taggiasche e crema all’aglio e ancora i risotti che cambiano di stagione in stagione nei condimenti e i primi classici romani eseguiti alla perfezione. Impossibile non abbinare ai piatti, scelti alla carta o in uno dei due menu degustazione, vini scovati da Daniele in giro per l’Italia.

Campocori - Hotel Chapter

Campocori Chapter
 

Siamo a due passi dal Ghetto, all’interno di uno dei nuovi alberghi più affascinanti della Capitale. Il suo nome è Chapter e nasconde al piano terra della struttura un ristorante fine dining. Si trova lì, dietro l’ingresso, a sinistra. Campocori recita l’insegna, nome omaggio all’ormai scomparsa Chiesa di S. Maria in Campo Cori che nel Medioevo occupava l’area dove sorge ora l’albergo, casa del giovane e sempre sorridente chef Alessandro Pietropaoli. Qui, intorno alle selezionate tavole in marmo del ristorante, dove regna un’atmosfera fine dining per nulla ingessata, lo chef stupisce con piatti che seguono un ritmo tutto loro. Si passa da un potente Sgombro, susine, e sobacha ad un sorprendente Spaghetto “Antico Romano” condito con un garum di cipolla che stupisce già solo all’olfatto. Divertente, informale e conviviale è l’Omaggio ad Anzio, una pasta mista condita con un sugo di mare concentrato e crudo di pesce e crostacei. D’obbligo è fare scarpetta, in ognuno dei piatti serviti, con l’eccellente pane sfogliato al burro e sale maldon. Puntuale il servizio ed esaustiva la carta dei vini elaborata da Sean Mac Donald. Tre i menu degustazione tra cui optare, a 4, 5 e 7 portate.

Carter Oblio

copertina carter oblio
 

In zona Prati, un indirizzo da non lasciarsi scappare è Carter Oblio, giovane insegna dello chef Ciro Alberto Cucciniello, rappresentante di una ristorazione fine dining, pop ed informale, capace di sorprendere con ingredienti umili lavorati con maturità ed estro. Tra i piatti bandiera si conferma Carote Carote Carote, un antipasto completamente vegetale che gira intorno ad un unico ingrediente. Qui la carota è declinata in molteplici forme: c’è la crema di carote caramellate, cotte sotto pressione nel loro estratto, poi le sottili lavorazioni sulle carote di Polignano. Dalla gialla è ottenuta una fettuccina, trattata a tutti gli effetti come pasta, essiccata e bollita, e infine bruciata a fiamma viva. E ancora le carote arancio e viola di Polignano cotte confit al timo; per chiudere il crumble croccante di carota. Da non dimenticare il lavoro dello Chef sulla panificazione: tra i nuovissimi pani c’è quello ispirato al Risotto Milanese, con zafferano, parmigiano e brodo di manzo e il Babà broccoli e salsiccia, con bagna cacio e pepe e spennellatura aglio e olio.  Due i possibili menu degustazione, da 5 o 7 portate a cui è possibile affiancare un pairing di vini selezionati da piccoli produttori prevalentemente italiani.

Dogma

dogma
 

A febbraio 2022 Gabriele di Lecce e Alessandra Serramondi hanno tirato su le serrande di uno dei ristoranti più interessanti del panorama capitolino, dove una cena è d’obbligo, almeno una volta nella vita. Sopratutto se amate il pesce, la brace e calici di vino ricchi di sorprese. Dogma è il nome dell’insegna. Siamo nel quartiere di San Giovanni, in un piccolo locale dall’arredo semplice, senza pretese, che si illumina del servizio di sala di Alessandra e dei piatti incredibili di Gabriele. Nessuno di essi è inferiore all’altro: provate più creazioni possibili, dall’Ostrica “a modo nostro” fino allo Spiedino di pesce, e non dimenticate i dolci. Tra tutti, rimane nel cuore il Paris Brest alle mandorle, vaniglia e frutta di stagione. I prezzi sono più che popolari: pensate che il menu degustazione Trappeur in 5 portate costa solo 48 euro.

Marzapane

Antonio Altamura 2
 

Ha appena festeggiato i 10 anni di vita, Marzapane, un locale del cuore per molti romani appassionati di buona cucina. Il patron Mario Sansone è un imprenditore che ha il coraggio di cambiare, mantenendo alcuni punti fissi, quali qualità e competenza. Lo chef ora dietro il bancone del ristorante, Antonio Altamura, si fa portavoce di una cucina dinamica con creazioni che cambiano giornalmente in base agli ingredienti del mercato, tutti provenienti dalle migliori aziende agricole circostanti. Piatti intuitivi, senza orpelli da gustare alla carta o attraverso un menu degustazione a cinque portate, magari sulla bella terrazza all’ultimo piano della palazzina che ospita per intero il ristorante. Consigliatissima è infine l’esperienza al bancone con un menu a sorpresa in 10 piatti.

Ristorante Relais Le Jardin - Hotel Lord Byron

Massimo Viglietti
 

Dobbiamo fare un passo indietro, ai primi giorni degli anni Ottanta, quando l’imprenditore Amedeo Ottaviani decide di investire in un ex convento nascosto nel quartiere Parioli per trasformarlo in quello che è oggi il ristorante Relais Le Jardin e l’Hotel Lord Byron che lo ospita. Negli anni l’insegna si distingue per lo stile e l’eleganza degli arredi, testimoni diretti dell’amore di Amedeo per l’Art Nouveau e per l’Art Dèco. Il ristorante è stato nel tempo insignito di molti riconoscimenti nazionali ed internazionali, tra cui le due stelle Michelin a fine anni Ottanta. Oggi la struttura è gestita da Francesco Piccinni, nipote di Amedeo che, con l’aiuto di tutta la famiglia, ha l’obiettivo di migliorare una struttura già celeberrima e di rendere attuale e contemporaneo il percorso concettuale ed imprenditoriale iniziato dal nonno. In che modo? Affidando la cucina a Massimo Viglietti, chef unico e eccezionale nell’ambito, maestro nel creare abbinamenti insoliti dai gusti sorprendenti. Quattro percorsi degustazione disponibili, Concerto, Viaggio, Impressioni ed Emozioni, a cui si aggiungono le proposte alla carta. Tra i piatti imperdibili ci sono gli spaghettini Felicetti in fondo di triglia, foie gras e caviale. Un piatto ricco, totalmente privo di sale aggiunto. Da non sottovalutare l’ampia cantina e le proposte dal cocktail bar.

47Circus Roof Garden

247 Circus Roof Garden 47 Hotel
 

All’ultimo piano del 47 Boutique Hotel, nato dal desiderio della proprietà di creare un luogo unico nel cuore di Roma dove soggiornare in pieno relax circondati da oggetti di design e pezzi unici originali degli anni ’60 e ’70, il ristorante 47 Circus Roof Garden si rinnova con la cucina mediterranea gourmet del nuovo chef Michele Giovannini. Qui, con una vista panoramica a 360 gradi sulla città eterna, dal Circo Massimo a Piazza Venezia, si vive un’esperienza all’insegna del divertimento, dell’arte e della sostenibilità. Tra i piatti da provare c’è la Quaglia con petto e coscia in diverse cotture, asparagi, nespole e polvere di tiglio o ancora la Ricciola, mela verde compressa, cremoso alla mandorla e polvere di ‘nduja fino ad arrivare agli ottimi Plin di aringa affumicata, panna, camomilla e asparago. Presenti anche un menu degustazione di sei portate e un menu ispirazione con quattro portate a scelta dello chef.

In copertina: 47 Circus Roof Garden

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