Autodidatta totale, Pim Techamuanvivit oggi vanta 3 ristoranti e 2 stelle Michelin fra California e Thailandia. I suoi segreti? La routine, l’impollinazione incrociata e la squadra.
La storia
È successo tutto all’improvviso. Erano i primi anni 0 e Pim Techamuanvivit lavorava con successo nella Silicon Valley, quando un giorno si è posta una domanda: “Cosa voglio fare da grande?”. La prima risposta è stata “la food blogger” ed è un’attività che ha portato avanti in modo brillante, arrivando a metter su un fortunato commercio di marmellate a base di frutti californiani. Lei però si guardava intorno e vedeva ristoranti di cucina tailandese che non rispettavano a sufficienza il prodotto. Per questo nel 2014 ha aperto a San Francisco Kin Khao, locale che definisce “rumoroso, raccolto e divertente”.
A quei tempi Pim era una perfetta e un po’ incosciente autodidatta. “La miglior cosa che ho fatto prima di aprire, è stata sedermi e appuntare su un voluminoso blocco tutto ciò che non sapevo fare”. Voleva infatti che la cucina fosse esclusivamente sua, sebbene in altre aree si avvalesse di consulenze e collaborazioni. La stella Michelin è arrivata a stretto giro, nel 2015, del tutto inaspettata. Le ha guadagnato una proposta indeclinabile: quella di guidare un secondo ristorante chiamato Nari presso l’hotel Kabuki, ospitato questa volta in un ambiente confortevole ed elegante, sempre a San Francisco. E poi l’offerta di dirigere lo stellato Nahm a Bangkok da parte del gruppo Como. “Mia madre abita lì, come potevo dire di no?”
I primi mesi del 2018 sono stati un viaggio continuo di andata e ritorno, poi la pandemia ha interrotto ogni collegamento. Ma per fortuna la squadra era già autonoma. “La routine è molto importante per tenere il ritmo. Quando viaggio, prendo sempre lo stesso volo. Il primo giorno a Bangkok lo passo sempre al mercato”. Succede circa 4 volte l’anno, con soggiorni di 3 o 4 settimane. Mentre a San Francisco si divide fra i suoi due ristoranti, di cui quando può assaggia i menu completi, in modo da aggiustare il tiro. “Se non ho riunioni, passo la seconda metà del turno di pranzo a controllare le persone, sia dipendenti che ospiti, per accertarmi che tutto fili liscio. Buona parte dello staff lavora con me fin dall'inizio", racconta
“Mi programmo per necessità. Credo fermamente nell’impollinazione incrociata, quindi posso portare il mio secondo o il mio F&B manager da Nari a Nahm e viceversa. Si parlano tutti tra loro. Durante il covid c’è stato un momento in cui ho pensato che questa vita fra due continenti fosse difficile, ma quando l’ho ripresa, ho realizzato di nuovo quanto fosse divertente”.
Fonte: guide.michelin.com