Si può conquistare la stella Michelin con i piatti e i sapori di sempre, centrati attraverso i migliori ingredienti: è la ricetta per il successo di Sriram Aylur, che ha messo l’India meridionale sulle mappe dei gourmet.
La notizia
L’alta cucina continua a espandere il suo raggio d’azione e inglobare tradizioni esotiche, patrimonio di terre dove nell’immaginario europeo regnerebbe la fame. Per esempio, l’India del sud, che ora ha il suo primo chef stellato: il cinquantaquattrenne Sriram Aylur. Basato nel Regno Unito, presto sarà attivo anche a Dubai, ormai paradiso del food.
Il suo ristorante Quilon a Londra, piazza che definisce competitiva, ma aperta a chiunque, è stato il primo stellato in assoluto che afferisse a quell’area. Ma lui si divide fra altre due location: il pluripremiato Karavalli di Bengalore e la rinomata Bombay Brasserie, con due sedi a Londra, di cui è rispettivamente chef e direttore operativo. Oltre a sfamare il bel mondo, ha portato le specialità tipiche della sua infanzia sui tavoli del World Economic Forum per dieci anni di fila.
“Vengo da una famiglia in cui cucinare era un divertimento. È nel mio sangue”, spiega. Suo padre lo faceva per lavoro, mentre sua madre si dilettava in casa. Naturale per lui farne una professione: “Per me cucinare non è solo un lavoro: è uno stile di vita”. Significa esportare un sapere di cui il resto del mondo è pressoché ignaro. “In generale in India la gastronomia cambia ogni 100-150 miglia. Persino all’interno di uno stato come il Kerala, c’è un’altissima diversità”.
I pregi della cucina del sud dell’India sono a suo dire molteplici: per cominciare è molto varia e si adatta perfettamente alle preferenze dietetiche dei nostri tempi. “Fondamentalmente c’è tutto”, taglia corto Sriram. Anche se forse l’ingrediente più identitario (ma anche il più difficile e sottovalutato) è l’asafoetida. “È tanto interessante quanto pericolosa. Un lieve eccesso può rovinare il piatto”. In generale non possono mancare nella dispensa il pepe in grani (impiegato perfino per un gelato), la senape e la foglia di curry, intera o in polvere. Il comfort food del cuore, infine, è il riso al vapore con dal.
Il segreto è non avere segreti: si tratta di proporre le ricette di sempre e di là, ma con i migliori ingredienti e senza compromessi. Così è possibile centrare il gusto delle origini. “Una persona del posto che assaggi i miei piatti, dovrebbe pensare: ‘sì, hanno il sapore di quelli di casa’. Consideriamo il gusto, il profumo e la testura, poi passiamo alla presentazione, anziché il contrario. Il mio fine è esaltare l’ingrediente, per creare esperienze al tempo stesso rassicuranti e deliziose”. Non che manchi la modernità, intesa come capacità di dialogare col presente e le sue istanze; ma ogni innovazione deve radicarsi nella tradizione e nel suo ethos.
Foto per gentile concessione del ristorante Quilon
Fonte: gulfnews.com