Non è mai troppo presto per vincere: dopo essersi accaparrato lo European Young Chef Award ad appena ventun anni, il minorchino Pau Sintes, alla guida di un ristorante d’albergo sull’isola, è protagonista di un documentario sulla sua carriera lampo.
La notizia
Oggi ha ventidue anni, Pau Sintes, nato nel 2000 a Minorca. Fa già impressione pensarlo così, già alla guida di una cucina d’albergo; eppure ne aveva uno di meno quando ha riportato il premio di miglior giovane chef d’Europa. La vocazione del resto è stata precocissima: già da bambino raccoglieva nell’orto le verdure troppo piccole, che suo padre lasciava sui rami, per approntarle a modo suo; come pure i pescetti che catturava vicino alla riva. Tutte ricette appuntate sul ricettario della madre, che è andato a compulsare in occasione delle riprese per un documentario sulla sua storia, Sa Cuina des Records di Alex Arroyo.
In realtà avrebbe voluto studiare scienze della nutrizione, ma sono materie insegnate anche al CETT, centro internazionale di formazione in turismo, accoglienza e gastronomia, dove si è diplomato, per ritrovarsi subito chef dell’hotel Christine Bedford, dove tuttora officia. La prima soddisfazione è stato il premio “nas salat”, che viene conferito allo stagista più creativo dai tre fratelli Roca, durante un apprendistato al Celler durato quattro mesi. “Se già prima sentivo un vincolo con la gastronomia, è più che raddoppiato: con i produttori, con il prodotto, con le tecniche. Felicità pura”, ha dichiarato.
Poi è arrivato lo European Young Chef Award, conquistato con una ricetta povera di melanzana ripiena, vegetale e stagionale. “Avremmo potuto presentare una zuppa di aragosta di Minorca, visto che l’ultimo giorno prima del fermo è il 31 agosto e in un vivaio arriva perfettamente fino a novembre. Il sapore sarebbe stato spettacolare. Ma non rappresenta la cucina minorchina di tutti: ai ristoranti interessa che i turisti mangino più aragoste che melanzane, perché portano più soldi, ma non è la nostra alimentazione quotidiana”. Rappresenta un condensato del territorio. “La cucina tradizionale ha sempre avuto una base vegetariana, vicina alla terra e al prodotto di stagione. Ci stiamo un po’ allontanando da questo cammino, ma credo sia importante tornare alla cucina casalinga”.
“A casa abbiamo un orto, come tante altre famiglie. Se tu non ce l’hai, ce l’ha un cugino o uno zio. È facile che in estate regali tanta verdura. La melanzana del povero o farcita è un piatto che mi piace molto, in casa lo mangiamo quasi tutti i giorni finché dura l’ortaggio. Inoltre ha dietro una storia: compare per la prima volta in un libro del XVIII secolo: Art de la Cuina di Francesc Roger”. Quindi l’ortaggio destrutturato, pelle, ripieno e gratinatura, un tocco di formaggio e di miele, affiancato da un lingotto cotto sottovuoto e piastrato con tuorlo e soffritto, da mangiare per “situare il sapore” prima dello spettacolo delle variazioni.
Fonte: El Pais
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Foto di copertina: @David Arquimbau Sintes, Efe