In provincia di Gorizia, dagli anni 80, La Subida si impone come un circuito enogastronomico che fa del Collio il suo vanto e la sua ragione di vita. Qui la famiglia Sirk è partita da un’osteria di paese per dar vita a un microcosmo che coniuga tavola stellata, produzione di vini e aceti, accoglienza e territorio.
La Subida
La storia
Come si intuisce dal cognome, il Friuli-Venezia Giulia è la mia terra. Qui è nato nonno e tutte le storie che intrattenevano le cene di Natale in casa Feresin. Ogni volta che il treno e la macchina iniziano a inoltrarsi tra quelle verdi vallate e i nostalgici vigneti mi sento istantaneamente bene. Non mi stupisce, quindi, che il ristorante più interessante in cui sia stata recentemente si trovi proprio lì. Il suo nome è Trattoria al Cacciatore, l’insegna una stella Michelin del circuito La Subida della famiglia Sirk, in cui ho avuto la fortuna di soggiornare.
La storia del nucleo familiare, seppur nota e declamata a più voci, detiene sempre un suo fascino. Tutto inizia con una semplice osteria di paese, una casa lungo la strada, che dava accoglienza e pillole di felicità a chi era di passaggio. Poi a fine anni Settanta, Josko Sirk, ultimo di tre figli, assieme alla moglie Loredana, cambia le carte in tavola e decide di trasformare la semplice osteria in un ristorante più curato, massima rappresentanza dei tesori della regione. Nel 1982 si costruiscono 6 casette in muratura a definire un albergo diffuso, che raddoppiano nel ’94 e nel 2000 rientrano nel movimento in fermento che riassume il concetto di agriturismo vignaiolo. Sembra tanto ma non è ancora tutto: nel 2003 la casa privata della famiglia viene rivoluzionata totalmente, in stile puro austriaco con tanto legno e calore.
Oggi a fianco delle casette e del ristorante La Trattoria al Cacciatore, una stella Michelin dal 2007, ci sono l’osteria La Preda e l’acetaia, dove si produce un aceto di uva ribolla, e non di vino, di grande complessità aromatica, motore alternativo e simultaneo dell’universo Subida. Intorno 150 ettari di bosco il cui verde un tempo era curato, quasi “artificiale”, mentre ora è libero, felicemente trasandato e vive della naturale evoluzione della stagione. Per cui foglie sui sentieri, erba tagliata saltuariamente fanno da arredo al circuito. E la piccola vigna, curata in particolare modo da Mitja, il figlio più piccolo di Josko e Loredana, segue lo stesso indirizzo. Vigna che da’ alla luce 20 mila bottiglie l’anno, divise tra il Mitja, un bianco da uve Tocai Friulano in ottica francofona omaggio a Mitja appunto, ed il Martissima, omaggio a Marta Venica, compagna del giovane, anch’essa figlia d’arte e grande appassionata del settore.
L’osteria La Preda è però la vera novità, ristrutturata di recente, dopo la pandemia, al fine di ridurne i coperti e dare maggior spazio alla qualità. E’ lo spazio che Josko aveva costruito poco dopo aver deciso di cambiare la propria formula di ristorazione per dare ai clienti abituali uno spazio per continuare a trovarsi. Qui si mangia una cucina immediata, fatta di prodotti che la regione mette a disposizione, dai grissini alle conserve passando per vini e aceti e che i clienti possono acquistare e portar via. La Preda è dunque osteria, bottega e bottiglieria. E’ il Collio in versione edibile.
La Subida è perciò ristorante, vino, aceto e accoglienza. E’ questo e tanto altro. E’ i corsi di cucina con lo chef Alessandro Gavagna, i massaggi olistici; la Vasca, un angolo fra le felci in cui sostare, in pace con sé stessi, in armonia con la natura; il pic-nic, su prenotazione, e ancora l’aperitivo, da consumarsi in casa o negli spazi comuni, a base di piccole preparazioni della cucina e dei vini in carta; è una passeggiata a cavallo lungo i sentieri del Collio ed infine il campo da golf poco distante o i sentieri che costeggiano le vigne, da percorrere a piedi o in bicicletta ed un giro in Vespa per le colline del Collio.
Un modello di ingegneria familiare, encomiabile se lo si guarda sia con la prospettiva del cliente sia con quella di un addetto al settore, fatto di interazione sartoriale ricamata con gli ospiti, rispetto per il territorio e voglia di crescere. Ogni membro della famiglia ha insito il desiderio di rinnovo ed evoluzione lenta e graduale della struttura, adottando una cura smisurata di ogni ambiente, tutelando cimeli di famiglia accostati a elementi moderni di fattura artigiana. Vi rendete conto?
Il ristorante
Il ristorante Trattoria al Cacciatore è il succo concentrato della storia della Subida, un riassunto perfetto di passato e futuro, conoscenza e contemporaneità grazie alla mano capace dello chef, nonché marito di Tanja Sirk, figlia di Josko, Alessandro Gavagna. Lui, friulano tutto d’un pezzo, arriva nel ’93 al Cacciatore, a soli 23 anni, e cresce con lui, viaggiando, nei 15 giorni di libertà l’anno, per le cucine più importanti d’Italia. Rimane folgorato da Davide Scabin, e considera suo più grande maestro Igles Corelli. La sua è una cucina che guarda alla tradizione con parsimonia. In ogni suo piatto centrale è il gusto e il prodotto, lavorato con manualità da capogiro e piglio creativo.
Parlare con Alessandro di cucina, entusiasma e strappa un sorriso all’unisono. Lui racconta con energia la sua storia, anche se basta osservare quelle sue manone segnate sul campo e la sua fisicità per comprendere la sapienza e lo spessore dei suoi piatti, d’altra parte scanditi da una finezza esecutiva scioccante. Frutta e verdura di Green Pecora, carne della macelleria Bonelli, latticini della famiglia Zoff, selvaggina di Sant’Uberto, farine naturali della famiglia Zoratto sono gli elementi che il Gavagna lavora ed esalta ogni giorno in cucina e fa scoprire ai suoi clienti internazionali accompagnatori in un viaggio gastronomico e culturale. Due sono i possibili percorsi degustazione che si aggiungono alla carta: “Dalla Scatola dei ricordi” e “Quando già l’usignolo si ode” entrambi disponibili in 5 o 7 portate. Immancabile l’abbinamento con i vini, e le birre, selezionati con cura da Mitja, ragazzo straordinariamente competente e coinvolgente che mette in atto un servizio allegro e leggero assieme alla sorella Tanja.
I piatti
I piatti assaggiati hanno un loro ritmo e logica di uscita. Sono romantici e intelligenti, specchio di un territorio, del suo passato ma anche del suo presente e futuro. Si inizia con le mani con l’assaggio di salame della casa (mentre prosciutti, lardo e guanciale sono acquistati saggiamente dai D’Osvaldo e serviti anche a colazione), e la nuvola di polenta con carpaccio di cervo e germogli di piselli per concludere con il baccalà mantecato abbinato alle chips di patate e ad il pesto di sclopit, meglio conosciuto come silene vulgaris. E’ tutto buono e sincero, vero e francamente friulano. Lo gusti in condivisione tra una chiacchiera e l’altra ed un sorso di vino straordinario.
Arriva il pane caldo, i grissini e le cialde ottenuti da farine naturali della famiglia Zoratto. Li finisci in un secondo, da soli e assieme al burro salato, appena montato, morbido il giusto. A fornire una mappa immediata del luogo è il primo antipasto del percorso degustazione: l’uovo della fattoria Sant’Eliseo fritto e croccante con la pancetta e gli asparagi. Mitja arriva ad ultimare la portata con gesto veloce ed elegante, aggiungendo acidità e freschezza al fritto con una punta di di aceto della casa in spray. Cottura enciclopedica dell’uovo, accostamenti acuminati e dritti al punto. Si inizia bene e si prosegue meglio con “Come un tataki di cervo”, un lombo di cervo servito tiepido con insalata di ardilut e asparagi selvatici in miele e aceto. Una gemma selvaggia, dolce e carnosa che si tinge di amaro con l’insalata di asparagi della landa carsica, asciutta e calcarea.
Si cimenta con la tradizione più povera e saporita, Alessandro, in entrambi i primi, emblema del ristorante. Arrivano i “girini, briciole di pasta buttata”, conditi con petali di radicchio di campo, salsiccia sgrassata e chicchi di melograno. Dei simil maltagliati, esubero della pasta del giorno, dalla callosità estrema e più che piacevole e dal condimento energico, mix geniale di amaro, acido e grasso selvatico. Sono serviti in barattoli in sottovuoto assieme a forchette lunghissime, per gustarli lentamente.
E’ il turno degli Zlikrofi, i tradizionali tortelli della Valle d’Idrija, frutto di un magistrale gioco di dita, ripieni di patate ed erba cipollina e conditi con sugo d’arrosto e scaglie di Montasio vecchio. Testimonianza di una cucina povera fatta di pochi ingredienti, ma frutto di tecniche che richiedono tempo, abilità, esperienza, questi tortelli sono i massimi rappresentanti della cucina del ristorante e della filosofia del loro chef.
C’è da ribaltarsi per la faraona nel Campo di Granturco, un petto di faraona super pop, panato in nuvola croccante di mais e concluso al forno, servito con i carciofi e la maionese di acciughe. La carne non ha eguali per cottura, consistenza e sapore e la maionese, grassa e sapida, è il giusto companatico che esorta il fortunato cliente a chiedere un bis. Pulisco la bocca con il sorbetto all’aceto di Casa Sirk e passo al dessert, “Il tempo delle mele”, con varie consistenze di mela, profumo di cannella, uova di trota e kefir. Un dolce non dolce, fatto di diverse texture, profumi e sfumature di sapore. Devastante l’abbinamento con le uova di trota ed il kefir che rompono gli equilibri e dirottano il palato sul versante salato.
Indirizzo
La Subida e Trattoria del Cacciatore
Via Subida 52, 34071 Cormòns (Gorizia)
Tel: +39 048160531
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