Lo storico braccio destro di Bittor Arginzoniz, il giapponese Tetsuro Maeda, ha lasciato Etxebarri per aprire ad appena cento metri il suo ristorante in un antico casale. Qui miscida le tecniche apprese con suggestioni e modus operandi d’Oriente.
La notizia
Terzo cuoco del mondo secondo i 50 Best, Bittor Arguinzoniz è una leggenda vivente: è stato lui l’apripista della brace, che oggi impazza un po’ ovunque, ripensata con fantasia visionaria su una materia pazzesca. Fra le sue capacità c’è sempre stato il talent scouting internazionale: se con lui si è formato un giovanissimo Cogo, da dieci anni ad affiancarlo è uno chef giapponese, Tetsuro Maeda, che ha finalmente deciso di mettersi in proprio.

Tutto è iniziato quando Tetsuro lavorava al bancone di un’osteria nel nord del Giappone: un collega gli raccontò della sua vita di cuoco nei Paesi Baschi in modo così suggestivo, da indurlo a risparmiare per comprare un biglietto di sola andata. Al suo arrivo a Madrid, la prima notte è però trascorsa in una stazione degli autobus, perché non era in grado di farsi capire. È stato nel ristorante del suo amico che ha sentito parlare di questo posto dove facevano tutto alla brace, all’epoca costava 80 euro e si riusciva ancora a prenotare. “Quando ho assaggiato il gambero, ho avuto la certezza che era ciò che volevo fare. In quel momento la cucina spagnola era tutta spume e sifoni e ho pensato che invece dovesse essere così: un buon prodotto, ben fatto. Senza trucchi”.


Dopo essersi rocambolescamente procurato il numero di telefono di Arginzoniz, eccolo recitare un messaggio in spagnolo a memoria e conquistare un appuntamento. C’è arrivato in bicicletta, ma poi ha scelto di muoversi a cavallo, acquistando una casa in montagna, dove tuttora vive con la moglie e la figlia piccola. Gli inizi sono alla pulizia del pesce, dove Bittor pensa se la cavi per via delle sue origini (ma lui è un autodidatta!), poi pian piano accede alla griglia. Così per dieci anni, finché non si fa strada il desiderio di un posto suo. “Volevo fare i miei piatti, ma lui non me lo consentiva, perché era il suo ristorante. Ho pensato di tornare in Giappone, avevo fatto qualche pop up durante le vacanze, ma subito rimpiangevo questi monti e la mia casa”.
Il deus ex machina si chiama Makoto Hirai, imprenditore giapponese che passando da Etxebarri, si converte nel suo socio investitore. La scelta cade su un casale a cento metri dal ristorante, cosa che non entusiasma Bittor. “Quando è venuto a chiedermi lavoro, gli ho insegnato tutto, gli ho offerto quello che avevo, gli ho aperto le porte di casa mia e abbiamo condiviso la tavola come se fosse uno di famiglia. Gli auguro ogni bene, non serbo rancore verso nessuno, ma non mi sembra corretto venire a proporre una cucina così simile a cento metri da me. Eppure, non posso farci niente, andremo avanti come sempre”.
Txispa ha sede negli antichi spazi di un ristorante rimaneggiato da un architetto giapponese in chiave materica e minimalista, con appena 6 tavoli e un’osteria dove gustare yakitoris cotti su una griglia ideata appositamente da Josper. A pranzo invece c’è il menu da 9 corse a 250 euro senza bevande, dove le tecniche di Etxebarri si fondono con quelle della griglia giapponese. La brigata è tutta nipponica, come le stoviglie, mentre gli ortaggi arrivano da un orto proprio, curato da un agronomo giapponese, che ha introdotto anche varietà orientali.
Fonte: El Pais