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La rivoluzione di Jacques Genin, il più grande pasticciere al mondo si racconta

di:
Alessandra Meldolesi
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La sua pasticceria è considerata la migliore al mondo, servita solo espressa, confezionata al momento nella sua boutique parigina. Un percorso cominciato come autodidatta che lo ha portato fino ai vertici del settore.

La Notizia

Fuoco agli zuccheri, sotto la casseruola della crema al limone.


La Bastiglia della pasticceria istituzionale brucia in rue de Turenne, troisième arrondissement, Paris, dove uno smilzo giacobino, Jacques Genin, è partito all’attacco dell’ancien régime dell’arte bianca. Sotto i suoi colpi di caramello l’aristocrazia dei MOF, Meilleurs Ouvriers de France laureati da un concorso a ostacoli; vizi e riti di una disciplina ingessata nella glassa delle abitudini. Perché Genin, nato da una famiglia umile, è praticamente autodidatta e su questa apparente inferiorità ha fatto leva per rovesciare il mestiere ed espugnare l’esigente piazza parigina. Oggi il suo locale con cioccolateria viene considerato la migliore pasticceria al mondo, grazie al concept innovativo (vengono serviti solo dessert confezionati sul momento) e alla ricerca dell’assoluto che pervade ogni creazione, dalla collezione di pâtes de fruits a icone quali la tarte au citron et basilic e il millefoglie. Un approccio maniacale che parte dalla selezione del prodotto, troppo spesso trascurato nelle botteghe e nelle scuole.



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fotografie di Francis Amiand
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Essere autodidatta ti ha aiutato a compiere la tua rivoluzione?


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fotografia di Pascal Lattes
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La pasticceria francese è un’istituzione, ma io non sono fatto per avere qualcuno sopra di me. Devo fare le cose a modo mio. La condizione di autodidatta in tutto questo mi ha lasciato una libertà di espressione assoluta, con alcune difficoltà perché è necessario apprendere le basi. Mi ha affrancato dagli automatismi precostituiti, in modo che potessi costruirmene di propri. Nella cucina francese esistono tanti autodidatti, sempre più numerosi, e sono piuttosto accettati; mentre in pasticceria siamo mosche bianche. E personalmente ho la sensazione di non essere stato ancora accettato. Lo so ma non mi dà fastidio, perché da 17 anni servo le migliori tavole di Francia, dal Meurice al Plaza Athénée. Sanno che è meglio acquistare un buon prodotto che farlo male, a dispetto del mantra del produit maison.


Qual è il tuo rapporto con la ristorazione?


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fotografia di Thomas Duval
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Ottimo. Ho cominciato a lavorare a 12 anni e mezzo nei macelli, ma da ragazzino non potevo avere dolciumi o caramelle. Mi sono detto che un giorno sarebbero stati miei. Però non mi bastava assaggiare, volevo saper fare. La ristorazione probabilmente mi ha adottato per la mia eleganza, o così spero. Si tratta di un mondo dove l’ego spadroneggia. Non bisogna mai dire che si lavora per qualcuno, tanto che quando ho aperto la mia bottega ho perso parte degli chef, spaventati dal fatto che il pubblico potesse riconoscere e capire che c’era dietro qualcuno.


Una specie di “ghost pastry”, insomma.La tua però non è una pasticceria da chef, soprattutto a livello gustativo. sembra piuttosto una pasticceria pura.


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fotografia di Pascal Lattes
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Sì. Trovo che la pasticceria da ristorante possa essere meravigliosa, soprattutto nelle presentazioni. Faccio l’esempio di Laurent Jeannin del Bristol, che per me conta fra i migliori. La pasticceria francese negli ultimi 15 anni è cresciuta moltissimo. Oggi Pierre Hermé viene bersagliato dalle critiche, ma si dimentica troppo facilmente che è stato lui a portarla a un livello mai raggiunto prima. In Francia c’è la smania di primeggiare, che non mi è mai appartenuta. La trovo stupida. Il vero problema di questo lavoro è l’ego. È molto francese aver paura dell’altro.


Servi una pasticceria francese?


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fotografia di Pascal Lattes
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Certo. Ho viaggiato molto e penso che la nostra pasticceria sia ancora la migliore. È la più estesa e la più aperta, anche se è chiusa nel suo ambiente. Comincia con Gaston Lenôtre e prosegue con Pierre Hermé, che l’ha portata alle stelle. Il mio approccio è molto diverso dal suo, perché considero la pasticceria un prodotto fresco. Nasco chef e so che nessuno servirebbe un astice la settimana dopo. Appena ordinato va cucinato. Perché invece un millefoglie dovrebbe essere preparato e lasciato in vetrina? La pasta deve essere croccante, la crema untuosa, la temperatura tiepida. Come all’Arpège, dove viene cotto al momento della comanda. Il mio millefoglie non può essere portato a casa, ma va consumato sul posto. Questo è un millefoglie. I miei éclairs al cioccolato li cuocio, li farcisco e li servo immediatamente. Così non si ammorbidiscono come generalmente accade.

 

Una pasticceria espressa, quindi.



Certo. È vero che se ne può fare poca, ma ne vale la pena, anche se i prezzi salgono a causa del personale. Io preparo la mia pasticceria al momento dell’ordinazione. Le persone mi chiamano, la mattina per la sera o per il giorno dopo, dicendo quando passeranno, ed è geniale. Perché la tarte citron non ha mai più di 2 ore. La domenica ho oltre 80 ordinazioni, ho capito che siccome il lunedì sono chiuso le persone ordinano per il giorno dopo. All’inizio rifiutavo, ma non si può fare la spia, anche se manca il rispetto.

 

Utilizzi prodotti italiani?


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fotografia di DR
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Il mio rapporto con l’Italia è di lunga data: vengo ogni anno con mia figlia. Se la Francia scomparisse vorrei vivere qui. A livello di materie prime, c’è una cosa che dovrebbe assolutamente cambiare: per me la gastronomia è internazionale, in tutte le sue branche. Penso di avere rivoluzionato tutto perché il prodotto non rivestiva più la giusta importanza. Invece è la cosa più importante in assoluto: non può darsi pasticceria di livello senza eccellenze alla base. La cucina più bella però è quella delle contaminazioni. Se la Francia è così forte è perché ha saputo guardare oltre i suoi confini e scegliere i prodotti migliori, dovunque essi fossero. Nel caso dell’Italia le nocciole del Piemonte, i pistacchi dell’Etna e i capperi di Pantelleria. Con la mozzarella ho un rapporto complicato, anche perché la conosco poco. Ho bisogno di fare miei i prodotti, in una sorta di fascinazione sentimentale. Occorre tempo prima del possesso. La ricotta invece mi ha conquistato subito, per la sua testura; devo assolutamente mettere a punto la mia cheesecake alla bufala. Con la panna di bufala poi potrei ribaltare la pasticceria, perché ha un gusto naturale di vaniglia, mentre il latte sa di mais. Un prodotto è questo: studiare come si evolve e cercare di capirlo. Quanto dura questa fase? Come l’innamoramento, dipende. La cucina è una questione di umanità.

 

Le tue ricerche attuali?


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fotografia di Thomas Duval
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Sto lavorando sulle gelatine vegetali; una parte della collezione è già uscita, adesso aspetto le verdure novelle e se funziona come credo avrò una gamma incredibile: rapa, carota, zucchina, cetriolo, barbabietola, finocchio, quasi tutto. Mi interessano l’essenza della freschezza e il profumo, quando sentirò di averli conquistati passerò oltre.

 

Prepari ancora i tuoi dessert in boutique?


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fotografia di Pascal Lattes
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Sì, ho bisogno di questo. Non curo solo l’ideazione, ma anche l’esecuzione. Ho con me un secondo, Sophie, cui ho iniziato a delegare il cioccolato, perché la mole di lavoro mi pesa. Penso che presto sarà più brava di me e mi sto preparando a passarle il testimone, come farei con un figlio. Diciotto ore di lavoro al giorno sono molte alla mia età, ma non intendo annoiarmi, continuerò sempre a lavorare. In questo momento ho un progetto top secret che mi appassiona molto. Se questo sogno dovesse realizzarsi, sentirei di avere veramente chiuso il cerchio.

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fotografia di Francis Amiand
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La fotografia di copertina è di DR

Indirizzo

Jacques Genin

133 rue de turenne - paris 3ème

Tel: +33 (0)1 45 77 29 01

27 rue de varenne - paris 7ème

Tel: +33 (0)1 53 71 72 21

Il sito web di Jacques Genin

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