Chef

Daniel Garcìa: 69 anni e 54 passati in cucina. “I miei insegnanti? Sono i clienti”

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina daniel garcia

La vita è stata la maestra di Daniel Garcìa, autentico monumento della cucina basca, formato alle tecniche francesi nelle brigate sterminate dei grandi alberghi d’antan.

La storia

Sessantanove anni, di cui cinquantacinque passati in cucina, e nessuna voglia di ritirarsi. Daniel Garcìa è un monumento parlante della cucina basca. Nel suo Zortziko a Bilbao si respirano atmosfere d’altri tempi, prima che la rivoluzione della nueva nouvelle cuisine sconvolgesse la gastronomia mondiale.



All’Hotel Carlton, dove entrò da apprendista ad appena 15 anni, dopo un’infanzia di lavoro nei campi, le brigate erano un piccolo esercito da 250 soldati, ma a dettare legge era il maître Aniceto Selegui Elduayen, uno che si diceva fosse stato assistente del comandante nazista del campo di concentramento dove era stato internato dopo la guerra civile. Ogni giorno assaggiava tutti i fondi e le salse, fra collaboratori che lo chiamavano “padre”. “Non potevamo lasciarci vedere dai clienti”, ricorda Garcia con qualche nostalgia. Lui era bravissimo nelle relazioni pubbliche. Da noi mangiavano ministri, grandi imprenditori, armatori. La mole di lavoro era fuori dal comune. Preparavamo cinquanta litri di consommé freddo e caldo ogni giorno, chiarificato con gli albumi; aveva il colore dell’oro e una trasparenza assoluta”.


Ci sedevamo a tavola per mangiare secondo il rango. La cucina per il personale era fondamentale, semplice, casalinga e molto ben fatta. Le tortillas erano grasse, succose, perfette. Se finivo il turno, chiedevo a Gabino, che se ne occupava, di aiutarlo. E quando l’ho sostituito nel suo giorno libero, mi sono sentito il ragazzo più felice del mondo. Era chiaro che se non avessi superato la prova, sarebbe stato arduo progredire. Quella cucina era un’autentica scuola, non apparteneva alla città, ma all’ospite. Proponevamo una carta internazionale, che all’epoca era di impronta francese. Non ho mai frequentato nessuna scuola per cuochi. Il mio maestro è stato il cliente”.

Gelato alla salvia



Le 1500 pesetas guadagnate cucinando per un generale della divisione di Valladolid servirono per comprare una pelliccia di astrakan alla madre Marcelina. Fino al 1974, quando i fratelli Garcìa, per la precisione otto su nove, aprono Kiowa, cucina “operaia” dove servivano quotidianamente quattrocento menu del giorno. Poi il primo Zortzi a Pozas e il trasferimento a Mazarredo, dove ha lavorato alla modernizzazione del grande repertorio basco con la complicità del gastronomo José Garzon.

Merluzzo al carbone e curcuma



Ho replicato le ricette originali, tali e quali, come la lingua scarlatta, gli aspic, le gelatine, mentre toccavo qualche pilastro, eliminando i piccioni e i piedini disossati”. Il risultato sono stati piatti entrati nella storia della cucina spagnola, come l’ostrica croccante negli spinaci e il risotto di baccalà al tartufo, omaggio a Robuchon. “Ho viaggiato per mezzo mondo per divulgare i miei piatti, la cucina apre molte porte e ti fa conoscere persone altrimenti inaccessibili. Di questo posso solo ringraziare il mio lavoro”.

Fonte: Siete Canibales

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Foto di Copertina: @Pankra Nieto

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