Parte dall’asta di Cesenatico la quinta cambusa della flotta Bartolini. Un prodigio di identità, organizzazione e buone pratiche.
Il Ristorante
L'Osteria Bartolini
240mila pasti serviti ogni anno, 80mila litri di olio bollente, 140 dipendenti in 5 locali: sono i numeri di Bartolini father and son, Stefano e Andrea, interpreti di un concept vincente, la cucina di peschereccio adriatica, in versione gourmet (la stellata Buca di Cesenatico, la Terrazza di Milano Marittima) oppure popolare. Percorre la seconda rotta, come il Gran Fritto delle stesse località, l’Osteria Bartolini appena aperta a Bologna negli spazi liberati da una banca, ripensati da Andrea, laureato in architettura, con le cognizioni di cui solo chi ha allacciato il grembiule dispone.
I piani sono due, più il giardino su piazza Malpighi, per un totale di 150 coperti che non si possono prenotare; lo stile è marinaro ma non troppo, moderno e lineare con souvenir sparsi di una vacanza adriatica, circonfusi di nostalgia metropolitana. Quindi il soffitto color petrolio, le cime lungo la scala in quercia appannata dalla salsedine, i materiali ossidati per un effetto vissuto, le sedie da osteria con lo schienale piegato al vapore e un progetto illuminotecnico che ha coinvolto il team di progettisti-produttori di Pslab. Anche la cucina, con la finestra sul reparto griglia e fritto, è stata progettata da Andrea: nessuna fuoriserie griffata, ma blocchi realizzati da un artigiano con l’attenzione per il dettaglio di un cuoco. Acciaio continuo e zoccoli a terra, per la massima igiene; anche le friggitrici sono senza saldature.
I dipendenti, giovanissimi, si avviano già verso le 40 unità. A guidare la brigata di cucina è lo chef Alessandro De Agostini, in arrivo dal Gran Fritto; ma anche gli altri sono passati per un periodo di formazione nei locali del gruppo. Tutto parte dalla materia, sulla gomma di due camion provenienti dall’asta al ribasso di Cesenatico, dove ogni mattina si reca Gregorio Grippo, storico chef (autodidatta) della Buca e regista gastronomico del gruppo.
Seguendo le dritte di Stefano, sa quando premere il pulsante della cassetta giusta con immediato addebito sul conto corrente. Il pesce è quindi appannaggio dell’executive delle osterie, che lo smista fra gli indirizzi, dove viene perlopiù abbattuto ma con gli accorgimenti del caso: la glassatura, con l’acqua demineralizzata spruzzata a più riprese in superficie per proteggere la polpa, e l’utilizzo a stretto giro. Il risultato è una cucina del mercato ma dai grandi numeri, grazie a un’organizzazione ben rodata.
I Piatti
La carta segue la falsariga del Gran fritto, con qualche innesto della Buca (il carpaccio di bosega con salsa tonnata alle mandorle e riso nero croccante, 12 euro, qui servito sulla carta in ricordo degli assaggi in pescheria) o della Terrazza (i gamberi in crosta di fili di patate, 12,50 euro), più una sezione di proposte del giorno a base di varietà stagionali. Ridotta anche la carta dei vini, con 5 bollicine, una dozzina di etichette regionali (Leone Conti, La Stoppa, Filippo Manetti) e altrettante nazionali a prezzi contenuti, spesso inferiori all’enoteca, i vini del giorno e una tavoletta di bottiglie del cuore dei Bartolini, da Gravner a Dagueneau, passando per Jacquesson.
L’impronta è quella romagnola verace e anche un po’ ignorante: nessun infingimento (vade retro limone) a travisare la sapidità di un pesce prevalentemente povero e azzurro, protagonista assoluto di piatti dove il vegetale è quasi assente. Vedi le saraghine appena scottate alla griglia, minerali e amare, “il migliore pesce turchino” direttamente sulla graticola con la piadina appena biscottata (13 euro).
Un altro must è ovviamente il fritto (misto e senza spine a 14,50 euro, la sarda a 8,50, i totanetti e zucchine a 16,50), passato per 3 friggitrici alla temperatura di 190 °C, in modo tale che la farina non sporchi e la temperatura non si abbassi, pregiudicando il croccante. Esempio di un modus operandi tanto codificato quanto privo di incertezze, garanzia di successo.
E ovviamente il risotto alla moda di nonno Marcello servito nella padella, con i paganelli-pinot noir e la fettuccia-chardonnay passati allo chinois (e non al canovaccio come una volta, perché sarebbe illegale) a comporre quella che Andrea chiama una cuvée di eleganza e potenza, le carcasse di rombo e rana pescatrice per la grassezza che rende superflua la mantecatura. È iconico nel recupero di una ricetta da peschereccio composta di varietà bistrattate, prive di sbocchi sul mercato.
I dolci, il pane (presto a lievitazione naturale) e le paste fresche arrivano invece da un laboratorio centralizzato, per esempio la crema di gelato alle scorzette di arancio e caramello, un classico di Stefano (“è nato tutto da qui”).
Indirizzo
Osteria BartoliniPiazza Malpighi 16 - 40123 Bologna
Tel +39 051 262192
Mail: bologna@osteriabartolini.com
Il sito web dell'osteria