Diego Masciaga, François Pipala, Frédéric Kaiser, Denis Courtiade: sono loro, probabilmente, i più grandi maître, interpreti di un’arte che resta francese: il servizio di sala, completo delle sue coreografie al guéridon
L'Arte
I grandi maître del mondo
Era ancora un’arte italiana, quella di forchettoni e ferri vari sul piatto, ai tempi di Vincenzo Cervio, autore del trattato Il trinciante, pubblicato a Venezia nel 1581. Expertise spazzate via dalla nouvelle cuisine, con l’introduzione del servizio al piatto, che ha relegato in secondo piano la figura del maître, atrofizzando la spettacolarità del servizio. Oggi che sta montando la nostalgia, non è facile trovare maestri e punti di riferimento: decenni di oblio hanno lasciato impolverare torchi e libri, competenze e lampade spente.

Con l’eccezione di qualche grande professionista (Adriano Fumis, Giuseppe Sportelli), i geni della lampada sono quasi tutti francesi. Sarà per il vantaggio storico nella codificazione, sarà per il sistema scolastico, sarà per la trasmissione del sapere nei luoghi di lavoro, sarà infine per una diversa considerazione della professione.

“Come applicazione e professionalità, oggi New York, Londra e l’Italia, a sprazzi, possono eguagliare la Francia, che però vive il servizio come stile di vita e passione, prima che come lavoro. Questo è il mio pensiero”, dice Alessandro Pipero, patron di Pipero e colonna di Noi di sala. “Poi ovviamente l’eccezione vale ovunque, quindi può capitare il bluff in Francia e il fuoriclasse in Ungheria. Io però la penso così: viva la Francia!”.

Enzo Vizzari conferma: “Non c’è molto da elucubrare: siamo indietro sia come scuola, clamorosamente, sia come cultura, intesa come capacità da parte del ristoratore di capire quanto è importante il ruolo della sala. Distinguere la causa dall’affetto sarebbe sterile, ma è un dato di fatto che il nostro alberghiero non prepara come quelli francesi e svizzeri che ho visitato, quindi cambia la percezione del ruolo. Basta parlare con un ristoratore per capirlo. Quanti sono, anche nei ristoranti importanti, i professionisti in grado di scalcare un’anatra al tavolo? Possono essere considerate abilità superate, ma solo da chi le possiede. Non a caso chi le rispolvera ha successo. Per me il più bravo di tutti è Denis Courtiade, indiscutibile numero uno che senti dietro e non protagonista, perché non sarebbe il suo ruolo, mentre fa girare tutto, compare, dice qualche parola e scompare. In Spagna c’è Josep Roca; da noi c’era Umberto Giraudo, oggi Simone Pinoli”.

Così invece Andrea Grignaffini: “Il fatto che la sala in Francia è di ‘rango’ (utilizzo appositamente questo termine) superiore deriva dal fatto che l’impianto della ristorazione intesa come tale è ben più antico e quindi formalizzato che in Italia. Ci si è trovati quindi nel tempo a cristallizzare gesti, attenzioni, studi e professionalità. La prassi diventa materia d’esame e gli esami diventano scuola. La nostra ristorazione è recente e il percorso è più lungo, il vantaggio che avremo in un futuro non certo lontano sulla rigida forma assodata sarà una maggior creatività e una conseguente rilettura di quelle forme che diventano spesso formalismi. In questo caso lo svantaggio diventerà vantaggio, la terra infatti gira. Forse”.

E ancora Adriano Fumis, passato al Marchesino dopo il Gellius di Oderzo: “Mi sono formato soprattutto all’estero, perché in Italia non esisteva un certo tipo di servizio. L’unico che ci provava era Marchesi in Bonvesin de la Riva. A 17 anni sono partito per Monaco di Baviera, dove ho lavorato anche al Tantris di Monaco. E lì ho trovato il servizio perfetto: l’assoluta attenzione era rivolta al cliente, che era tedesco, quindi i tempi di attesa del menu da 8 piatti erano ritmati con precisione. A quel punto un amico mi ha detto: ‘Saresti pronto per lavorare a The Connaught’, hotel dove si faceva una cucina francese molto classica e il servizio era svolto interamente al guéridon, compreso il taglio del salmone affumicato.

C’era ancora lo chef trancheur, che a pranzo e a cena lavorava un alimento diverso. E lì ho imparato qualcosa che non esiste più. Ma non credo che i francesi siano i migliori in sala: sono molto bravi a casa loro, per ragioni storiche. Il nostro vantaggio sta piuttosto nella volontà di apprendere lingue straniere e tecniche di servizio, cosicché ci siamo sparpagliati anche all’estero, vedi Masciaga. Con Marchesi preparavo di tutto, dallo Chateaubriand al rombo in crosta. Perché ha sempre dato pari importanza alla sala e alla cucina. E tagliare un’anatra resta per me la cosa più bella che un cameriere possa fare, in termini di gestualità e di spettacolo; ricordo che mi esercitavo anche a casa e poi mangiavo con gli amici”.

I Maître
Questi probabilmente sono i nomi dei maître più eminenti, oggi.Denis Courtiade del ristorante Plaza Athénée di Parigi

Classe 1966, figlio di ristoratori e pasticciere mancato, vincitore nel 2011 del Grand Prix de l’Art de la Salle de l’Académie Internationale de la Gastronomie, Denis Courtiade è il direttore del Plaza Athénée di Alain Ducasse, che ha affiancato anche al Louis XV e che di lui dice: “Da giovane ho voluto lavorare in sala per qualche tempo, in modo da sapere di cosa si trattasse. Confesso di avere subito realizzato che la diplomazia non era il mio pregio principale. Ma Denis Courtiade, il mio direttore di sala al Plaza Athénée, che è un esperto, lo dice molto bene: il problema non è sapere se si deve servire da destra o da sinistra. Il problema è servire sempre dal lato giusto. Cioè adattarsi alla situazione, alle persone, ai ritmi del pasto”.
Frédéric Kaiser del ristorante Le Bristol di Parigi

È decisamente più giovane Frédéric Kaiser, da pochi giorni direttore aggiunto de Le Bristol al fianco di Eric Fréchon, dove è stato precedentemente maître, premiato come top di Francia nel 2015 da Gault&Millau. Meilleur Ouvrier de France dal 2011, già all’opera presso Les Prés d’Eugénie e la Palme d’or di Cannes, eccelle nell’arte di trinciare al tavolo, vedi la celebre poularde de Bresse in triplo servizio, al centro di un’impeccabile liturgia di gesti esatti. “Possiede il savoir-faire, conosce il prodotto, dispone delle indispensabili abilità tecniche e ama l’ospitalità”, dice di lui lo chef. È insomma il giovane erede di una scuola francese che prosegue. Magia ed emozioni sono il suo mantra: “Grazie alle arti della tavola possiamo fare sognare”.
Diego Masciaga del ristorante Waterside Inn di Londra

Nato a Oleggio, in Piemonte, ha portato la sua classe in giro per alcuni dei ristoranti più importanti del mondo, da Alain Chapel a Le Gavroche, fino al Waterside Inn, dove da quasi 30 anni è direttore e general manager. Ha infatti studiato management in Germania, senza mai trascurare il servizio di sala, unico termometro della soddisfazione del cliente. Già Master of the Culinary Arts, terzo di sempre, nel 2010 è stato insignito del Grand Prix de l’Art de la Salle da parte dell’Académie Internationale de la Gastronomie. È famoso, tra l’altro, per il suo canard à la presse.
François Pipala del ristorante Bocuse di Collonges

Eletto migliore direttore di sala del mondo, in occasione del congresso annuale delle Grandes Tables du Monde, da 30 anni François Pipala è il doppio di Paul Bocuse nel suo ristorante di Collonges-au-Mont-d’or. Serve in tavola con i galloni del Meilleur Ouvrier de France, concorso che ha rappresentato “una delle prove più dure della mia vita”, vinto nel 1994 alla sua prima edizione dedicata alle divise nere.