Preparate le valigie! “Mi piacerebbe offrire un’occasione ai tanti ragazzi di talento che non hanno la possibilità di esprimersi in Italia”, è l’invito di Giuseppe Bruno, signore della cucina italiana a New York.
L'intervista
A New York la ristorazione è ancora un sogno? Sembrerebbe di sì, ad ascoltare Giuseppe Bruno, uno che quarant’anni fa ha iniziato a lavorare al riscatto della cucina italiana dai cliché degli emigranti, con le loro valanghe di meatballs. Oggi, con un fatturato di circa 20 milioni l’anno, il mercato lo premia: Sistina e Caravaggio sono due brand che resistono, mentre altri vengono ceduti dai proprietari o dagli investitori di Wall Street, passando di mano a gruppi di hospitality.È pur vero che la piazza resta effervescente: l’upper class ha il frigo vuoto, abituata com’è a mangiare fuori a pranzo e a cena. I volumi di affari sono imponenti, i margini di profitto, che pure negli ultimi decenni si sono ridotti dal 30 a circa il 10%, restano comunque appetitosi. Tanto da attirare investitori che non necessariamente vengono premiati dalla selezione darwiniana. Il tasso di mortalità si aggira attorno al 70% nel biennio, a causa dei costi e della competizione.
La pandemia, in particolare, ha accelerato processi già in corso. A soffrire è soprattutto la fascia di ristorazione medio bassa, mentre il fine dining si dimostra resiliente. Tanti posti preferiscono fallire senza riaprire, per evitare di saldare affitti e arretrati su cifre che sono stabilmente altissime. E la bufera non è ancora finita: tanti locali che si rivolgono ad una clientela più attenta ai costi, a causa dell’elevata inflazione, non potranno alzare i prezzi e si ritroveranno inevitabilmente fuori dal mercato.
“Il mio lavoro continua a migliorare”, rivendica in controtendenza Bruno. “Perché attorno ai miei ristoranti si è creata un’aura di esclusività in una zona di pregio”. Il locale è inoltre frequentato costantemente da vip. Giuseppe ci racconta che solo nelle ultime settimane sono stati ospiti Michelle Pfeiffer, golosa di pasta e insalata, Mick Jagger, così freddoloso da richiedere l’acquisto di una stufetta per il privé, oppure Pierce Brosnan, che ha cenato mano nella mano con la moglie. Anche Tom Hanks con sua moglie e Antony Blinken, Segretario di Stato Americano.
“Gente per cui un tavolo rappresenta il riparo da paparazzi e giornalisti. George Clooney è stato fotografato con la moglie Amal per la prima volta davanti alla mia insegna, non si poteva passare dalla ressa. Ricordo anche quando Hugh Grant e Nicole Kidman hanno girato qui dentro la serie TV di HBO “Undoing”. Lei ha molto intolleranze, ma alla fine mi ha ringraziato. L’abbiamo fatta riposare in un appartamento qui sopra. Oppure il figlio di Robert De Niro, che è praticamente cresciuto qua dentro”.
Ma i punti di forza di Bruno sono tanti. Negli anni ha saputo fidelizzare un pubblico altospendente, uomini d’affari e professionisti, del tutto indisponibili a ridurre il loro tenore di vita. “Vogliono qualcosa di fresco, pulito, sano. Spesso hanno una certa età, quindi non chiedono niente di complicato. Mangiando sempre fuori, preferiscono al contrario un pasto ‘quotidiano’ che sia sano e leggero, oltre che taylor made. Nel senso che ogni ricetta viene adattata sulle loro esigenze e per questo sono disposti a spendere qualcosa in più”.
Fanno quasi 200 coperti a pranzo e 300 la sera, spalmati su due turni, prima i senior, poi i giovani, che di solito mangiano una portata in più. “Se la gente riceve qualcosa di comfort, poi se lo ricorda. In questi anni ho creato momenti memorabili con un sorriso, una battuta, una ciliegia. È questa l’accoglienza italiana”. Giuseppe ci racconta come l’avere il cliente al centro significhi accontentarlo in qualsiasi modo. “Quando poi mi chiedono qualcosa che non ho, mando un ragazzo a comprarlo al volo in bicicletta”.
L’esperienza è immersiva, grazie alla collezione d’arte, e totale per via della cantina, autentica Disneyland per gli appassionati, secondo Wine Spectator una tra le più importanti del mondo con le sue oltre 100mila bottiglie. Perché qui si mangia generalmente alla carta, ma si stappa in libertà. E se il conto per il cibo si attesta su una media di 250 dollari a testa, con le bevande si può salire anche a 1.000. Sono assets facilmente liquidabili che fanno di Sistina e Caravaggio, ristoranti altamente capitalizzati e globalmente solidi. Solo la cantina è stata valutata 20 milioni, mentre la collezione di Matisse, Stella, Miró e Chia ha un valore inestimabile. E la stessa palazzina di Sistina è di proprietà.
Factotum più che owner, Giuseppe Bruno si occupa di tutto: cantina, cucina, assunzioni, amministrazione. Certo restano i problemi, primo fra tutti il personale che manca. Tanti hanno lasciato New York, dove il lockdown è stato particolarmente duro, per la California o la Florida, cosicché manca all’appello un quinto dei dipendenti. Ma il fine dining vive di esperienza e laddove ci si posiziona in alto, il rischio è quello di non trovare qualcuno in grado di fornirla. Qui la squadra è rimasta quasi intatta, anche grazie ai salari: la paga oraria è di 15 dollari l’ora, ma ogni cameriere porta a casa in media dai 3000 ai 5000 dollari a settimana grazie alle mance. Numeri che certo vanno parametrati sul costo della vita, tenendo conto dell’assicurazione sanitaria e previdenziale perlopiù privata.
“Il lavoro qua c’è, i soldi ci sono. A New York la ristorazione può essere ancora un business redditizio. Mi piacerebbe offrire un’occasione ai ragazzi italiani, il cui talento viene spesso mortificato in patria”. Poi c’è l’inflazione, che anche qui galoppa. “Ma io non ho alzato i prezzi, perché su queste cifre non cambierebbe un granché. Quella sulle materie prime viaggia verso il 40%”. Perturbazioni che non scalfiscono l’entusiasmo della prima ora.
“Quando mi alzo la mattina, mi sento ancora felice di servire la gente. È quando ci si stanca che finiscono i ristoranti. E continuo a fare ricerca sui prodotti, spendendo con piacere. Ho sempre sognato fin da bambino di dare qualcosa in più in tutto quello che facevo. Il caffè, per esempio, devi berlo per migliorare la tazzina e la temperatura. E se lo chiedono lungo devi imparare a farlo nel modo migliore possibile.
Oppure la pasta, di cui selezioniamo solo i top brand italiani come ad esempio Monograno Felicetti (di cui sono Ambassador negli USA) di cui apprezzo soprattutto l’affidabilità e la costanza e le altre migliori paste di Gragnano, funge da antipasto o da main course e rappresenta il 70% delle vendite. Il nostro cestino del pane poi è imbattibile secondo il New York Times. Lo serviamo con una selezione di olii e quattro tipi di burro, con zafferano, rosmarino, bietola o acciughe”.
Indirizzo
Sistina Restaurant
24 East 81st Street – New York, NY 10028
Tel: (212) 861 -7660
Mail: sistina@sistinany.com
Il sito web
Foto per gentile concessione del ristorante