A Linguaglossa Giovanni Santoro interpreta un terroir che ha bucato l’immaginario gastronomico: la sua cucina stellata porta i paradossi dell’Etna in tavola
Il Ristorante
Lo Shalai di Linguaglossa
Da una parte il mare, dall’altra 3350 metri di montagna. Nel mezzo una terra nera che nel giro di pochi anni ha cambiato faccia. Dove un tempo si arrabattavano i contadini nei palmenti, oggi le vigne valgono oro e attirano turisti da tutto il mondo, spesso assetati. Un piccolo miracolo gastronomico che senza stravolgimenti ha scavato il suo cratere anche in tavola. Per esempio a Linguaglossa, dove dal 2017 brilla l’unica stella Michelin della zona.

“Abbiamo aperto 9 anni fa, quando questo territorio era ancora sconosciuto. Dopo due o tre anni abbiamo assistito ai primi investimenti importanti e abbiamo iniziato ad accompagnare la trasformazione, come punto di riferimento per l’ospitalità e la ristorazione tanto dei produttori che dei turisti del vino”, ricorda lo chef Giovanni Santoro, nato proprio a Linguaglossa 34 anni fa. Il versante è quello settentrionale, tanto soleggiato quanto esposto alle correnti iodate, vocato alla viticoltura da tempi non sospetti. “Eppure un tempo qui al massimo c’erano qualche pizzeria, un paio di trattorie e agriturismi. Io mi sono fatto le ossa un po’ in giro, all’alberghiero di Giarre, lavorando nel fine settimana e nelle stagioni estive, per 4 anni a Rimini e altrettanti a La Giara di Taormina con Giuseppe Cannizzaro (chef della vecchia guardia che mi ha iniziato alle tecniche francesi), prima di tornare a casa, per mettere in atto tutto quello che avevo rubato”.

La ristorazione è subito insolita dentro quel bel palazzo ottocentesco, antica residenza nobiliare dalle pietre bianche su cromatismi che sentono la nostalgia del mare. Ne sono artefici insieme a Santoro i fratelli Luciano e Leonardo Pennisi, rispettivamente al gestionale, in sala e in cantina, rampolli di una stirpe di macellai di Linguaglossa, che tiene bottega nel centro del paese. Ed è grazie a loro che da Shalai (nome che in dialetto siciliano e non solo indica la bella vita) arrivano i migliori tagli di capi siciliani, allevati appositamente per il ristorante, che si tratti di suini neri dell’Etna, agnellini da latte o manzo di razza modicana. Mentre il pesce è quello dei mercati di Aci Trezza e Riposto."Pratico la prossimità, ma senza dogmatismi. Perché ogni tanto voglio togliermi lo sfizio di cucinare il foie gras. L’habitat è straordinariamente vario nelle diverse stagioni: adesso è il momento del porcino bianco, poi arriveranno le erbe spontanee, i chiodini, i galletti e salendo in alta quota lepri e fagiani. Per questo il mio menu cambia così spesso”.
I Piatti
I menu degustazione sono tre: Carne, Pesce e Giovanni fai tu, rispettivamente a 80, 90 e 100 euro. In abbinamento vini quasi esclusivamente isolani, con l’integrale dell’Etna; nel cestino pane neutro per accompagnare l’olio, grissini ai semi di finocchietto selvatico e pane di semola.

All’entrata (di carne, vegetale o di pesce, come l’ottima capasanta con crema di zucca e lattuga di mare), segue subito qualche classico della casa. Per esempio la tartare di spalla di vitellina modicana affumicata al momento sotto la cloche con aghi di pino verde essiccati su fonduta di maiorchino siciliano e bacche di ginepro. Piatto wild dai sentori balsamici. Oppure i gamberi rossi con stracciatella di burrata e acqua di pomodori datterini, per una quasi caprese di mare.

Altrettanto gustosa e concreta è la Linguina e tagliatella, saltata con olio, aglio, peperoncino e fumetto, condita con calamaro crudo a listarelle alla scorza di limone e bottarga di tonno fatta in casa d’estate. Oppure gli spaghetti spezzati con la tipica zuppetta di crostacei (scampi, gamberi e granchi), dove la pasta è cotta nel brodo delle carcasse e mantecata con il battuto delle polpe, il peperoncino equilibra la dolcezza insieme al limone verdello.

Torna alla terra il filetto di manzo, massaggiato con senape in grani e salsa di soia, marinato sottovuoto e scottato al burro chiarificato. Tenerissimo e saporito, accompagna uno spiedino di verdure al barbecue e una salsa di soia, miele e succo di mela verde. Forse un po’ basico nella composizione e nell’impiattato.

Per dessert il cannolo alla moda di Shalai assume le sembianze di un millefoglie da mangiare con le mani, per la proporzione ottimale di cialda al Marsala e farcia di ricotta di pecora di Randazzo al miele di ape nera siciliana. Ma in chiusura sono un must le paste di nocciola fatte in casa, tipicità che celebra i noccioleti circostanti.
Indirizzo
Shalai RistoranteVia Guglielmo Marconi n 25, 95015 Linguaglossa, CT
Tel. +39 095 643128
Mail direzione@shalai.it
Il sito web