Maria Nicolau, giovane cuoca senza stelle, ha guadagnato la ribalta in Spagna grazie al suo pamphlet, Cucina o barbarie, che denuncia lo iato fra mediatizzazione del fine dining e analfabetismo casalingo. Ricevendo l’approvazione di Joan Roca e Dabiz Muñoz.
L'opinione
È già un best seller il libro di Maria Nicolau, giovane cuoca presso El Ferrer de Tall, in provincia di Barcellona, che accende le micce della polemica. Si intitola Cucina o barbarie e vuole riflettere sul posto del focolare domestico nella civiltà contemporanea, quando abbiamo ormai dimenticato che si può morire di fame, i frigoriferi sono stracolmi eppure molto non quadra.“Più fuoco, meno Netflix”, è il suo motto. Infatti, lei la televisione non ce l’ha. Meglio leggere M. F. K. Fischer o appunto cucinare, continuando a ignorare Masterchef. Ciò che abbiamo dimenticato, mentre si gonfiava la bolla della gastronomia ludica, esclusiva, spettacolare, è che il cibo è prima di tutto funzionale alla sussistenza quotidiana. Ed è proprio questo il paradosso: nel momento in cui è ovunque, satura il tubo catodico e trabocca dai giornali, proprio ora nelle nostre case abbiamo perso la capacità di cucinare, lo facciamo male e controvoglia. Quando non disertiamo addirittura i fornelli, assenti in tante nuove costruzioni americane.
“Non potevo più tacere, occorre rialzare la testa”, arringa Maria di fronte al dilagante “analfabetismo gastronomico”. “C’è gente con due lauree che non sa preparare un uovo fritto. Ma il modo in cui ci alimentiamo configura il mondo in cui viviamo. Non possiamo sentirci orgogliosi né rassegnarci. Questa è la rivoluzione e il cambiamento. Cucinare è potere”.
“La cucina di casa e quella da ristorante sono due discipline diverse, non è la stessa fame. Quali sono stati i riferimenti culinari degli ultimi vent’anni? Una macchina per generare ansietà”, prosegue. Meno perfezionismo, meno pathos, meno epicizzazione della tavola. “Chi fa le nostre funzioni? Noi o nessuno. La gente si lamenta perché la pesca si perde, che patrimonio, che tradizioni, ma poi compra il salmone del supermercato. Qualcuno ha visto un salmone risalire i fiumi spagnoli? Ed è disposta pure a pagarlo! Il mio fine è che chiudendo il libro, il lettore si dica: so cucinare, mi sento capace ma non capisco come sia successo.”
È anche una questione di pigrizia, pretendere che qualsiasi cosa sia a portata di mano e di fatto spalancare il proprio frigo a cibi alieni, purché abbiano sufficienti grassi e zuccheri. “Prendetevi dieci minuti e mettete di nuovo al centro la pentola, affinché tutto torni ad avere senso. La cucina ha bisogno di tempo. Lei, non voi. E se non ce l’avete, astenetevi. Così comincia la creatività. Arriveranno altri libri, ma ora si tratta di diffondere il verbo, che passi di bocca in bocca. Nessuno mi conosceva, ho passato metà della mia vita mangiando patate e riso e sono arrivata qui grazie al mio lavoro. Da grande voglio una casetta in campagna, un orto e delle galline”.
Fonte: El Mundo
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Foto d copertina: @Carles Ribas