Tradizione e ricercatezza

Bologna: i nuovi Portici di Emanuele Petrosino e Nino di Costanzo

di:
Alessandra Meldolesi
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Ancora Mediterraneo sotto i Portici di via Indipendenza: l’unica stella Michelin del centro di Bologna cambia chef e stile di cucina

La Storia

La Storia di Emanuele Petrosino


C’è ancora Mediterraneo sotto i Portici di via Indipendenza, presso l’unico ristorante stellato del centro di Bologna. Dopo la separazione dall’ottimo Agostino Iacobucci, che ha il merito di avere aperto una città chiusa dal nervo nostalgista col coltellino à coquillages, è il momento di Emanuele Petrosino, ragazzo poco più che trentenne, al suo primo ruolo da chef. “Largo ai giovani”, commenta il direttore Riccardo Bacchi, che nega recisamente ogni insoddisfazione per le guide. “Non vogliamo adagiarci sugli allori: il cambiamento è una costante della nostra storia”.6 Chef Emanuele Petrosino 2<
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Sta di fatto che lo sciabordio non è cambiato: Mediterraneo in purezza e una luce abbagliante incurvata dalle arcate sul traffico. Se Agostino arrivava dalla Cantinella di Napoli, Emanuele, nato a Latina, si è formato anch’egli nel capoluogo di una Campania, che pure interpreta diversamente grazie a un percorso prestigioso. Dopo aver messo le mani negli impasti di nonna Anna, custode di un piccolo forno a legna casalingo, l’alberghiero lo ha frequentato a Vico Equense. Ed è stata proprio la scuola a spedirlo a La Rochelle dai fratelli Coutanceau, due stelle consacrato alla cucina classica e al pesce fresco. “Per 6 mesi non ho fatto altro che aprire capesante e preparare fumetti di granchio; una prova dopo la quale mi hanno proposto di restare, sei mesi in pasticceria e altrettanti ai secondi”.

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È iniziato quindi il mio viaggio nell’hôtellerie: il Quisisana di Capri, l’Excelsior Vittoria di Sorrento, stabilimenti in Val d’Aosta e in Toscana. Prima del ritorno in Campania, alla Taverna Estia dei fratelli Sposito, dove mi sono fermato un anno e mezzo come capo partita ai secondi. Francesco mi ha trasmesso la sua passione per i prodotti della terra, a caccia come un segugio di note earthy e vegetali”. Insegnamenti ribaditi da Enrico Crippa, durante due stagioni a Piazza Duomo. Poi il passaggio karmico ai Portici: due anni al fianco di Agostino Iacobucci con i galloni del sous-chef. “Ma io sentivo l’esigenza di compiere altre esperienze. Dopo Aquapetra e l’apertura del Castello di Spaltenna con Vincenzo Guarino, ho conosciuto durante una serata Nino Di Costanzo, che mi ha chiesto: Te la senti di venire con me a Danì maison? E ho trovato il mio vero maestro: a parte le tecniche, ha una visione della cucina a 360 gradi, fatta di impegno, pulizia, rigore maniacale. È un perfezionista che mette al centro il cliente. Un giorno mi ha detto: È arrivato il momento, mi metto a tua disposizione. E abbiamo vagliato una serie di proposte, fra le quali abbiamo scelto la migliore”.

Il Ristorante

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I Portici sono una struttura dalle potenzialità incalcolabili, ospitata in un café chantant di fine ‘800, con la ghiacciaia medioevale recuperata alle spalle. Petrosino vi è plenipotenziario, anche se i piatti sono assaggiati in anteprima da Di Costanzo, che dà una mano soprattutto nelle diverse botteghe di pasta fresca in giro per l’Italia. L’impronta della sua cucina si legge in un barocco campano, esuberante anche quando gli ingredienti si contano su una singola mano, talvolta fra il pollice e il medio. Con un decorativismo inconfondibile, elegante, grafico che segna la ribellione alla scarnificazione imperante a nord del Tevere. Petrosino tuttavia ha 30 anni: la differenza generazionale si sente in fondo alla lingua, negli amari, e ai lati, in certe acidità fluorescenti. Punte e arrotondamenti, cremosità e stilettate disegnano un’inquietudine tutta giovanile, con qualche ingenuità veniale nella ripetizione dell’ingrediente caseario. E la terra ha lo stesso peso specifico del mare, “direi anzi che la carne è la mia passione, per le cotture e per le consistenze”.1-1 I Portici Hotel ingresso crop<
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I fornitori sono cambiati quasi tutti rispetto alla vecchia gestione: arrivano dalla Campania i latticini di bufala di Costanzo, i germogli di Nicola Sanmartino, i limoni di Sorrento; i piccioni sono di Laura Peri, mentre il pesce è ancora quello siciliano di Qualimed e l’extravergine porta il marchio della Tenuta La Pennita. La vecchia brigata ha seguito Iacobucci, per essere rimpiazzata da giovani professionisti già noti allo chef. A garantire la continuità è soprattutto la brigata di sala guidata da Ambrogio Luiselli, sempre più fluida e nonchalante.

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I Piatti

Il menu Terre emiliane comprende 5 portate a 84 euro, Nel Blu ne conta altrettante a 90, 2018 l’inizio 8 a 110, fra cui l’icona di Di Costanzo, il celeberrimo spaghetto ai cinque pomodori, segnalato come omaggio. Gli stuzzichini viaggiano da nord a sud: la tagliatella di calamaro con arancia arrostita, crema di mandarino e scorza di limone; la pappa al pomodoro nel pomodorino ricostruito con crema di ricotta e pesto genovese; il gazpacho classico con squacquerone e polvere di basilico; il panino con mortadella e pistacchi; lo squisito cannolo di pasta allo zafferano con tartare di pesce bianco alla menta; la mini piadina con culatello e burrata; la tartelletta con zucca, Parmigiano e Balsamico. In attesa del pane (da lievito madre con olive nere e pomodori secchi o di semola, più grissini al finocchietto, al miele e crackers) arriva anche una crescentina calda con la coppa piacentina.

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Gamberi rossi, carciofi e bufala è una trilogia sul contrasto dolce/amaro, con il latticino per la grassezza e la leggera acidità. Quindi il ghirigoro di gamberi in tartare, stile Di Costanzo, con ricotta di bufala, pane croccante, melissa e una sferificazione di latte di bufala al limone con salsa di mammole arrostite che simula un’oliva; il carciofo diventa poi protagonista, con il capolino cotto a bassa temperatura e poi arrostito, ripieno di insalata di gamberi con sedano e pomodori marinati sopra una crema di bufala affumicata; per chiudere su una dominante amara, nel segno della pulizia, grazie al brodo di gambi cotti sottovuoto, centrifugati e ridotti, con perle di gambero crudo abbattuto negli stampi, spicchietti di carciofo crudo, gamberi scottati e limone.

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Confusa e felice, la quaglia vola ebra sugli ingredienti di una pizzaiola: la cottura del petto è interamente diretta, in padella al burro chiarificato, con il filetto crudo passato nel fondo; il “dripping” uno schizzo di salse di taleggio, pinoli arrostiti, carote, rape rosse, castagne con tartufo, caviale di tartufo, pomodori marinati, cardoncelli e pioppini.

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Sono squisiti i ravioli, che mettono a frutto l’expertise della casa in materia di pasta fresca (proprio accanto c’è la fortunata bottega con le sfogline). Ripieni di ricotta di bufala, adagiati su una salsa al Parmigiano, contornati da camalaretti spillo e gamberi, trovano slancio nella pasta di limone, ottenuta dal succo ridotto e dalle scorze sbollentate 10 volte. Un’estremizzazione del cappelletto romagnolo con la scorza, interpretato da un giovane cuoco del sud. Né manca il risotto, un vialone nano cotto nel brodo di zucca, mantecato con zucca, guarnito con alghe, lime, pane croccante al prezzemolo e limone, come si usa sugli spaghetti, concassée di zucca marinata, salsa di bufala e ricci di mare. Dopo è il connubio fra lo iodio marino e quello vegetale a rinsaldarsi.

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La Marchigiana
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Fra i secondi il piccione con l’astice ingrana la marcia dell’amaro su due dolcezze differenti, unite dalla similitudine delle testure. Il volatile è scottato sulla pelle in carcassa e scalcato; il petto viene finito sotto la lampada, dalla carcassa si ricava il fondo, la coscia stracotta fornisce una crocchetta impanata e fritta. Mentre il crostaceo è cotto nel court bouillon e marinato al lime. Per guarnizione c’è il radicchio arrostito, sulla falsariga dell’insalata cotta di Crippa. Ma il vegetale è anche sottopelle, come riduzione del fondo di cottura al vino rosso iniettata nella carne, per una sensazione quasi di rabarbaro. Più una salsa di provola con gocce di Balsamico.

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Al predessert, una ciliegia ricostruita con ripieno di yogurt, crumble di pistacchio e picciolo di cioccolato, segue la millefoglie di pasta phyllo caramellata con burro e zucchero, presentata come un coacervo vaporoso su crema di mandarino, salsa di bufala e lamponi; ma il tocco di genio sta nelle praline ghiacciate come biglie, che in bocca sparano succo di mandarino rinfrescante al posto del classico gelato.

Indirizzo

Ristorante I Portici (presso I Portici Hotel)

Via dell'Indipendenza n 69 - 40121 Bologna

Tel. +39 051 4218562

Mail ristorante@iporticihotel.com

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