In Val Ferret, all'imbocco di una delle più belle valli alpine italiane Filippo Oggioni e il suo staff offrono una cucina che tocca tutti i tasti del gusto, dai più delicati ai più intensi.
Il Ristorante
Il Dandelion è il primo indirizzo buono
per chi rientra in Italia dalla Francia dal tunnel del Monte Bianco. Viceversa, l'ultima chance per chi è diretto in Francia ma vuole conservare un buon ricordo della cucina italiana declinata in tavola con estrema finezza, oppure opulenta e assai concreta, come è giusto in montagna, soddisfacendo appetiti robusti, che siano stati stimolati dal trekking estivo o dallo sci di fondo invernale.
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Dandelion è un fiore, il fiore del tarassaco, che può svanire al primo delicato soffione estivo o resistere al rigido vento di montagna. Da cogliere in estate come d'inverno, senza fare grosse differenze sul risultato. Dandelion, tra i migliori 2/3 ristoranti in Valle oggi, con margine di risalita, proprio qui, dove il vecchio impianto per salire a punta Helbronner e al Dente del Gigante è stato sostituito con una più moderna e spettacolare funivia, costruita a poche centinaia di metri, lasciando qui libero un grande e comodo piazzale dove appoggiare l'auto in direzione Dandelion.
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Salitella, qualche gradino e benvenuti al Dandelion di Filippo Oggioni, Marcello Gada e Paolo Bariani. Tre dal curriculum robusto come l'uovo fritto in fonduta di champchevrette. Le esperienze formative non mancano a nessuno. Filippo Oggioni: Breda, Salmoiraghi, Gosio e Battistoni. Marcello Gado: Piccolo Principe e Arnolfo. Paolo Bariani, già in sala da Cracco.
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In dettaglio: "Filippo Oggioni, 30 anni, chef. Nel suo curriculum ci sono: il Circolone e Schuman a Legnano (1 stella), Gellius a Oderzo (1 stella), Acquerello a Fagnano Olona (1 stella) e il Petit Royal a Courmayeur (1 stella). Marcello Gado, 41 anni, chef. Ha lavorato al Piccolo Principe di Viareggio (2 stelle Michelin), da Arnolfo a Colle Val d’Elsa (2 stelle), a Le Presef a Morbegno (1 stella) e al Grand Royal Courmayeur (1 stella). Paolo Bariani, 31 anni, maitre e sommelier. Ha lavorato al Ristorante “Tutto Italia” e “Tutto Gusto wine cellar” a Orlando (Florida), allo Sheraton Mirage di Port Douglas (Australia), al Ristorante Cracco di Milano (2 stelle) e al Petit Royal di Courmayeur (1 stella). Il ristorante è stato preso in gestione dai tre soci a Dicembre 2016."
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Ampiamente rassicurati entriamo e incontriamo il lungo bancone bar, tipico dei locali valdostani, dove la sosta alcolica è prioritaria, ma che qui diventa subito gourmet, fatta anche di amuse gueule haute de gamme. L'ampia sala riflette i caratteri locali, rispettando il contesto. Il contesto. Basilare per capire che fare alta cucina in montagna è affare assai delicato, ancor più che individuare il fil rouge di questa cucina che si declina in maniera eclettica, a tratti imprevedibile.
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Qui il cliente potrebbe diventare abituale per un periodo abbastanza lungo, lungo una vacanza, oppure casuale, occasionale, impreparato e spaesato di fronte alla modernità e all'innovazione e quindi confortato da piatti tosti come la splendida guancia brasata che fan tutti, ma così proprio pochi, garantito gdf. Il risotto segue coerente ai sapori intensi che ti aspetti oltre i 1000 metri, rimanendo integro nel chicco ma pregno di sentori decisi e complessi, come il profumato caseario d'alpeggio, il dolce naturale del miele e il resinato della vallata, aggiustato da un indispensabile agrumato d'altrove.
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Cambiare marcia. Con un trio di questa qualità non si fatica ad immaginare piatti che varcano il confine, così prossimo, ma non necessariamente quello francese, ma bensì quello tra la solidità di una cucina confortevole e appagante -appunto- de montagne, con quello dello spartiacque mediterraneo, non dimenticando l'acqua dolce dei torrenti valdostani, impetuosi oppure tranquilli, a seconda dell'umore del tempo, così variabile da queste parti. Un esempio: i fini cappelletti di olio d'oliva con bottarga di lavarello in brodo limpido di pomodoro. Oppure un omaggio marchesiano con un coregone alla mugnaia che vale il viaggio, accompagnati da pani di alta qualità e ricchi di originalità. E quando è buono il pane lo sono sempre anche i piccoli dolci che seguono il momento del dessert, che lasciano il buon ricordo.
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Un'esperienza totale, da ricollegare al contesto, così unico e defaticante, con un occhio al Dente del Gigante, al Massiccio (è il caso di dirlo) del Monte Bianco. Ai merletti delle Grandes Jorasses, non sentendo più un grande bisogno di infilarsi nel Tunnel per una zingarata gourmet a Chamonix. È già tutto qui, a La Palud, in Val Ferret.