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Camphor: il bistrot di due ex allievi di Ducasse conquista la stella Michelin

di:
Alessandra Meldolesi
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copertina camphor

Nelle crepe del covid sono fiorite anche storie di successo, come quella di due cuochi del ristorante thailandese di Ducasse, che sono volati in California per aprire un posto loro. Centrando subito formula e stella.

La notizia

La cucina, era facile prevederlo, non sarebbe più stata la stessa dopo il covid, a causa di una miriade di motivi, downshifting, great resignation, fallimenti e impennata dei costi fra gli altri. Ci sono tuttavia anche storie che infondono ottimismo, come quella di Max Boonthanakit e Lijo George. Due che proprio nel momento in cui il mondo naufragava, hanno trovato il coraggio di lanciarsi su una scialuppa fortunata.


Ai tempi lavoravano al ristorante Blue by Alain Ducasse, una stella Michelin a Bangkok, per due volte sigillato dai lockdown e per due volte riaperto. “Ma noi avevamo semplicemente bisogno di cucinare”, racconta oggi Max, nato ad Atlanta da genitori asiatici. Dal canto suo Lijo, che ha origini indiane, voleva lasciare la Thailandia, dirigendosi piuttosto in Australia o in California, dove pure non aveva mai messo piede. “Pensavo fosse una terra molto aperta e accogliente. È la cultura californiana”. Sono stati i proprietari del loro ristorante attuale, Camphor di Los Angeles, a farsi avanti, vincendo le resistenze iniziali.

@Josh Telles



L’apertura è caduta lo scorso mese di febbraio e da allora Camphor, che ha subito conquistato la stella, si è affermato come uno dei ristoranti più trendy della città. Se l’atmosfera e il format ricalcano quelli di un bistrot francese, secondo l’insegnamento ducassiano, la cucina indulge spesso a speziate contaminazioni dal sud est asiatico. “In questo universo parallelo, dove Francia e India condividono un confine, siamo un piccolo bistrot sul lato francese, che accoglie i visitatori indiani che attraversano la frontiera. Si tratta di lasciare il gusto puro. A tratti sperimentiamo, ma cerchiamo sempre di fare un passo indietro e rendere l’esperienza più semplice e accessibile per gli ospiti”, puntualizza Max.

@Wesley Lapointe -Los Angeles Times



I piatti sono tutti a quattro mani, nel concetto e nelle esecuzioni, che brillano per minimalismo ed esattezza. “Aspiriamo sempre a gusti nuovi. Anche se fai il pollo, cerca di cambiarlo!”, esorta Lijo. “Abbiamo in menu un piatto di capesante abbastanza semplice, condito con aceto, soia e un po’ di sciroppo d’acero. È acido, saporito, dolce e teniamo ogni cosa separata in contenitori da spremere. È un allenamento permanente sul condire e c’è un momento in cui tutti scattano”.


Max e Lijo sono ancora giovanissimi, ma la mentalità è già quella dei mentori. “Avere sangue giovane in cucina e in squadra fa una gran differenza. Se poi qualcuno sbaglia, la cosa più importante è fargli capire perché”. Tanto che non vedono l’ora di portare i vecchi compagni della cucina di Bangkok a Los Angeles, compreso lo chef di Blue, Wilfrid Hocquet. “Sono tutti benvenuti da Camphor”, esultano.

Fonte: guide.michelin.com

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