Immersi nel deserto del Kalahari, gli ospiti del ristorante Kain Jan hanno la possibilità di vivere una delle esperienze gastronomiche più entusiasmanti del mondo. Dietro le quinte Jan Hendrik van der Westhuizen, uno dei pochissimi chef stellati del Sudafrica.
La storia
La storia inizia da una fattoria degli anni ‘20 che ricorda molto La Mia Africa di Karen Blixen, ma questa volta non ci si trova in Kenya: è nel deserto del Kalahari che Jan Hendrik van der Westhuizen, uno dei pochi chef stellati del Sudafrica, ha creato Kain Jan, ristorante che negli ultimi tempi ha fatto molto parlare di sé per la location e la proposta gastronomica, al punto da risultare perennemente sold out.Al Kain Jan gli ospiti vivono un’esperienza quasi mistica, un vero e proprio viaggio sensoriale alla scoperta della vita nel deserto del Kalahari e degli ingredienti locali, dalla semplice acqua piovana alla deliziosa uvetta dell’Orange River. L'utilizzo delle materie prime di zona è stata una scelta fortemente voluta, ma al tempo stesso necessaria, dato che la cosa più vicina a Klein Jan che somigli a una cittadina è Kuruman, che si trova a 90 minuti di auto.
Ogni ospite viene accolto dal personale vestito con abiti d’epoca, che fungerà da guida lungo tutto il percorso. Si inizia dal lavaggio delle mani usando un estratto di foglie come sapone e dell’acqua calda versata da una grande brocca. Subito dopo, nel patio della fattoria viene servito un drink a base di spumante Orange River o Whisky Sour assieme al benvenuto dello chef.
Si prosegue, poi, entrando nella fattoria, che sembra un misto tra un museo e un set cinematografico, passaggio obbligato per giungere sul retro, dove subito si scorge un filo con della biancheria stesa che sventola dolcemente; nessuna svista, nulla di accidentale, ma tutto pensato per ricreare un’esperienza autentica, così come il mulino a vento e un antico pozzo reinstallato durante la ristrutturazione.
Proprio varcando la soglia di una porta sul lato del serbatoio si è subito colpiti da una scala elicoidale circondata da una cortina d'acqua intrisa di petrichor, l'odore della pioggia fresca che cade sulla terra calda; la scala conduce quattro metri sottoterra fino a una cantina poco illuminata.
Si tratta di un tunnel ad arco di 20 metri con scaffali pieni di prodotti freschi, materie prime, prodotti conservati in barattoli di vetro e una vasta collezione di vini regionali. Il concetto di “cantina” risale al XVIII secolo, quando gli agricoltori la usavano per mantenere il cibo fresco in una regione in cui le temperature superficiali raggiungono i 40°C. A metà del tunnel, un'altra sorpresa: un tavolo nascosto con uno speciale pre-cena i cui ingredienti cambiano di mese in mese. Ecco poi la stanza del formaggio, del pane e delle conserve in cui ci si fermerà, però, più tardi; è tempo, infatti, di procedere con l’Infinity Room, un’ampia stanza con delle finestre lunghe dal pavimento al soffitto e al centro una cucina a vista, dove gli chef preparano silenziosamente le portate.
ll menu cambia a seconda della stagionalità degli ingredienti, esprimendosi in una cucina che racconta il deserto in una veste ultramoderna. Dopo aver assaporato le diverse portate, è ora di tornare nella sala del formaggio, dove gustare una vasta selezione di prodotti caseari e vari tipi di pane fatto a mano. Passate tre ore si “riemerge”, ma nel caso in cui sia abbia ancora fame gli chef della “vecchia fattoria” sono a disposizione per un'ultima sorpresa prima di concludere la serata. L’esperienza al Klein Jan è un vero e proprio racconto di cibi e luoghi che fa immergere i commensali in oltre 100 anni di storia, di vita e cucina nel Kalahari.
Fonte: businessinsider.com
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