Il celebre cuoco francese ha perso la causa davanti a un giudice del tribunale di Nanterre intentata contro la guida che solo nel 2018 aveva insignito della terza stella il suo ristorante Maison des Bois.
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Né il primo, né molto probabilmente l’ultimo chef a polemizzare con Michelin, la Guida che volenti o nolenti rappresenta per il mondo dell’alta cucina quel concetto di “croce e delizia” molto ben espresso nel primo atto della Traviata di Giuseppe Verdi. Così martedì scorso Marc Veyrat ha perso la causa davanti a un giudice del tribunale di Nanterre, a nord ovest di Parigi, intentata contro la guida che solo nel 2018 aveva insignito della terza stella il suo ristorante Maison des Bois, ospitato in un meraviglioso hotel di lusso a 1650 metri di altitudine, salvo poi nell’ultima edizione con un clamoroso (e rumoroso per la reazione dello chef dell’Alta Savoia) dietrofront declassarlo a due.Nel giudizio si stabilisce che lo stesso Veyrat non avrebbe fornito “prova dell’esistenza di alcun danno” causato dalla decisione della guida. Veyrat, 69 anni, sentendosi “insultato”, prima aveva chiesto alla Michelin che gli fossero tolte anche le due stelle, asserendo che la demotivazione causata dal declassamento gli aveva provocato un esaurimento nervoso e poi in settembre nuovamente domandato di giustificare quel giudizio, secondo lui evidentemente del tutto immeritato, presentando la ricevuta del pasto dell’ispettore e il dettaglio delle motivazioni che l’avrebbero sostenuto, mettendo anche in dubbio il fatto di essere stato realmente visitato. Veyrat pare comunque non arrendersi, avendo dichiarato in un’intervista telefonica dopo che il verdetto era stato reso pubblico che continuerà a “combattere contro la gente di Michelin”. “Non voglio più esser parte di quella guida, né avere a che fare con queste persone. Sono brutta, brutta, brutta gente.”
Richard Malka, uno degli avvocati della società che pubblica la guida Michelin, ha dichiarato che la decisione rappresenta una vittoria della libertà di espressione, accusando lo chef del tentativo di limitare la libertà degli ispettori sia nel dispensare critiche sia nell’elogiare quando lo ritengono opportuno. “Marc Veirat si è lamentato di una recensione realmente molto positiva, dal momento che ha due stelle, asserendo che questo non era normale. Ma come ogni altra personalità pubblica lui è soggetto a critiche e opinioni”. A nulla sono serviti gli incontri tra lo chef e i funzionari della guida; il responsabile internazionale Gwendal Poullenec, intervistato da Le Monde, ribadendo che il ristorante di Veyrat non sarebbe stato rimosso, ha dichiarato: “Le stelle della guida Michelin non appartengono agli chef e non spetta a loro rinunciarvi”.
Dopo la sentenza di martedì Veyrat, con la sua consueta verve, ha ribadito che secondo lui gli ispettori della Michelin ignorano cosa sia la cucina della Savoia, paragonandoli a “professori che commettono più errori dei loro studenti”. Un argomento già sostenuto a suo tempo è il fatto che avrebbero confuso il Reblochon, un formaggio a pasta molle di quella zona, con il Cheddar, fatto puntualmente smentito dai funzionari della Michelin insieme ad altre accuse che Veyrat aveva loro rivolto. Dal canto suo, Emmanuel Ravanas, avvocato di Veyrat, ha dichiarato che il suo cliente era paragonabile a qualunque studente che non avrebbe mai accettato di essere giudicato senza conoscere criteri di valutazione e punteggi. La cosa buffa, in tutto questo rutilante can can? Pare che il declassamento da parte della Michelin e la pubblicità che ne è conseguita siano stati un’ottima cosa per gli affari di Veirat, il quale ha raccontato di un +7% sul fatturato del 2018 e di un ristorante “mai così pieno prima d’ora”. “Non ho bisogno di loro (le stelle) e se potessero togliermi anche le altre due ne sarei più che felice.” Amen.
Fonte: The New York Times