Aggiungi un posto al Desco, è tempo di brasato: storia e segreti di una ricetta iconica, trasmessa da Elia Rizzo al figlio Matteo. Che dice: “Non voglio cambiarla, è perfetta così”.
La Storia e la Ricetta
Il brasato più buono d’Italia? A detta di molti si mangia al Desco di Verona, dove Elia Rizzo ha aggiunto un posto a tavola per il figlio Matteo, aitante trentaseienne di cui si parla troppo poco. E se il senior, pilastro della cucina veneta, era sostanzialmente autodidatta, a parte qualche stage con il maestro Gualtiero Marchesi, Matteo, che fin da ragazzino aveva pivotato fra sala e cucina, ha compiuto le sue esperienze da Giorgio Locatelli a Londra e Piero Selvaggio a Las Vegas, più qualche giravolta in Spagna. Passaggi da cui ha preso spunto per rinnovare la cucina del Desco: “Senza rinnegare l’impronta classica, però. Nei miei piatti metto al centro la materia, senza troppi fronzoli e con un numero ridotto di ingredienti”.Come altri rampolli di talento (il pensiero corre a Max Mascia del San Domenico), Matteo ha portato in casa una visione imprenditoriale più smart: attualmente preferisce al delivery la dark kitchen di Esko, con una divertente proposta di piatti per tutti che contaminano il Veneto con pizzichi e bocconi di Asia, strappati nel corso di eventi e pop up, da Taipei a Hong Kong, fino a Xi’an e Dubai. “Gomito a gomito con i colleghi asiatici ho scoperto cose nuove, che ho fatto un po’ mie. Mi sento vocato per i primi piatti ed è il trait-d’union con le tradizioni del riso e dei noodles”. Il piatto che il padre gli impedisce di togliere dalla carta, però, è il salmone fondente delle Fær Øer marinato ma non crudo con crema di capperi tipo salsa tonnata e polvere di caffè.
Per quanto riguarda il brasato, Elia lo lasciava sobbollire già nel locale di famiglia, la Bottega del Vino, dove contendeva il bancone a cicchetti vari, baccalà, sarde in saor e polpette, talvolta anche qualche risotto. Quando poi ha aperto il Desco, nel 1981, ha subito cercato di conferirgli un’allure gourmet e un tocco personale. Fino alla cristallizzazione in una ricetta che è diventata una firma, scritta con l’inchiostro del vino: la guancia di manzo con foie gras e purè di patate o sedano rapa, che col freddo, a grande richiesta, si rinfila in casseruola. È il totem del ristorante. “E lo trovo perfetto così, non ho nessuna intenzione di metterci le mani. Con la sua salsa completa, ricca, rotonda è goduria pura; deve riempire il palato. Toccarlo significherebbe perdere il senso del piatto”.
In preparazione i Rizzo suggeriscono il Valpolicella Ripasso di Antiche Terre Venete, eventualmente tagliato con l’Amarone della casa (servito anche in abbinamento, secondo il prontuario della sommellerie), per evitare di appesantire troppo la salsa con concentrazioni faticose. Ma Gae Saccoccio propone di sfoderare l’ossidazione di un Pinot nero di Fausto Andi; e sull’ossidazione, di un vecchio Champagne rosé o meglio ancora di un Porto, punta anche Andrea Grignaffini.
Non è meno importante scegliere la carne giusta, in questo caso guance compatte di Garronese Veneta, da femmine di almeno 18 mesi, quindi già saporite ma non troppo rosse e ferrose. “E non hanno niente da invidiare a una fassona. Vanno cotte intere, con le parti grasse e fibrose, poi, una volta pronte, avvolte nella pellicola e pareggiate a freddo, in modo da ottenere una forma regolare”.
Brasato di guanciale di manzo con purè di patate, fegato d’oca e porro fritto
2 guanciali di manzo (1,5 Kg)
1 cipolla
1 carota
1 costa di sedano
1 spicchio di aglio
1 rametto di rosmarino
10 g di chiodi di garofano
10 g di cannella in polvere
1 l di vino rosso
100 g di olio extravergine di oliva
Farina
Sale e pepe
Per il purè
500 g di patate
1l di latte
50 g di burro
Per la finitura
100 g di fegato d’oca fresco tagliato a cubetti
1 porro
olio di semi di arachide
Procedimento
Marinare i guanciali con gli odori spezzettati, la cannella, i chiodi di garofano e il vino per 24 ore.
Togliere la carne dalla marinata, infarinarla e rosolarla in padella con olio d’oliva. Aggiungere le verdure della marinata e rosolarle insieme alla carne. Irrorare con il vino della marinata, aggiungere acqua fino a coprire la carne, salare, pepare e cuocere per 4 ore a fuoco lento.
Togliere la carne dalla pentola e, a piacere, lasciare o no le verdure nel sugo.
Fare restringere il sugo fino a ottenere una salsa piuttosto densa.
Nel frattempo preparare un purè morbido con patate, latte e burro.
Pulire il porro, eliminando la parte più dura e fibrosa, aprire le foglie e tagliarle a julienne fine.
Sbollentarle in acqua salata, asciugarle bene e friggerle in olio di semi di arachide a 180 °C per renderle croccanti.
Composizione del piatto
Impiattare il brasato a fette su un letto di purè di patate, nappare con la salsa e decorare con il porro fritto. Guarnire con il fegato d’oca precedentemente cucinato in padella per un minuto.