“Eater”, popolare sito web americano enogastronomico, ha scelto di raccontare la storia di 4 persone che non ce l'hanno fatta, e andare oltre i numeri di un anno disastroso per il comporto della ristorazione.
La Notizia
Non basta la tragica contabilità dei bollettini, a dare conto delle perdite cagionate dal covid-19: tutti noi conosciamo qualcuno che ha contratto il virus, è stato ricoverato, ne porta le conseguenze, chissà per quanto tempo, oppure, ahimè, non ce l’ha fatta. Ma non sono solo questi, i numeri che danno conto di un anno perso, o meglio di un anno di perdite in tutto il mondo. Ha provato a elencarle “Eater”, tenendo conto della distruzione di interi comparti, dei posti di lavoro andati in fumo, delle famiglie ridotte alla fame, dei lavoratori “essenziali” tenuti a correre il rischio e dei danni all’istruzione… “La gente è diventata isolata, frustrata, depressa”, scrive. L’economia tuttavia può sempre essere ricostruita, mentre senza rimedio è il lutto, che numeri così elevati, pari a centinaia di migliaia di persone, rischia di far sprofondare nell’anonimato. Senza che sia possibile rendersi conto delle vite che sono andate perdute e del significato che rivestivano per i loro cari. Dare loro un volto e un nome è l’unico modo per iniziare a costruire attraverso l’empatia un mondo migliore.MIGUEL TORRES
Il cuoco di linea di un ristorantino a New York, Rockwell Place. Nato e cresciuto nello stato di Veracruz, era specializzato in piatti di mare, soprattutto sopa de mariscos, e specialità asiatiche, apprese lavorando al Fatty Crab. Lo chef del Long Island Bar, Alex Sorensen, lo aveva voluto con sé aprendo il suo spin-off nel 2018, come una spalla affidabile in caso dovesse mancare. Tritare cipolle, sfogliare erbe, preparare la linea erano la sua occupazione durante interminabili giornate di lavoro, nel mezzo delle quali trovava comunque il modo di chiamare la moglie Adriana Ventura e le due figlie piccole. Ammalatosi a metà marzo 2020, è mancato l’11 aprile presso l’Elmhurst Hospital all’età di 36 anni.
HUGH O’NEILL
General manager di Cantina 76 a Mount Pleasant, alle prime chiusure si era fatto carico di gran parte del lavoro ancora possibile, tenendo in piedi la baracca e riassumendo infine quasi tutti i dipendenti. In giugno, dopo che si era lamentato con la moglie dei comportamenti disinvolti dei clienti, spesso renitenti alla mascherina, ecco il contagio, con febbre alta, mal di testa e tosse. Sembrava stesse migliorando, quando il 1 luglio ha avuto una crisi respiratoria ed è stato ricoverato. È mancato il 19 luglio, dopo tre settimane di respiratore, a 53 anni, lasciando la moglie Mandi, conosciuta da cameriera in un ristorante di cui era manager, e la figlia Asiling, studentessa in medicina. Di origini irlandesi, sognava di aprire un pub.
LEILANI JORDAN
Nata a Honolulu nel 1992 e soprannominata dalla madre “Butterfly”, aveva seguito la famiglia di militari negli Stati Uniti, laureandosi in teologia. Lavorava come commessa a Largo, Maryland, branca dell’alimentari Giant Food, assistendo i bisognosi negli acquisti; ma faceva anche volontariato come insegnante e con gli anziani. Ammalatasi in marzo, è mancata il primo aprile all’età di 27 anni.
SAUL SANCHEZ
Era uno dei sei dipendenti del macello di Greeley, Colorado. Nato da una famiglia povera in Messico, si era arrangiato lucidando scarpe e vendendo gomme, prima di trovare impiego come custode per una catena di farmacie, di cui era diventato responsabile studiando e dandosi da fare. Si era trasferito negli Stati Uniti per fornire assistenza a una figlia malata, Patty, trovando lavoro in campagna e riuscendo a pagare tutte le cure necessarie per salvarla. Poi il passaggio al macello, nelle vesti di tuttofare, dove fino all’ultimo si era impegnato in lunghi straordinari, per il bene dell’azienda e della sua numerosa famiglia, cui voleva garantire cure e opportunità di studio. Mancato nel mese di aprile a 78 anni, lascia la moglie Carolina, i figli Estela, Beatriz, Patricia, Saul, David e Alfredo.