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"Per una donna in cucina la strada è sempre più in salita rispetto a un uomo, ho lavorato in contesti massacranti per 16 ore”: Aurora Storari

di:
Sara Favilla
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aurora storari jpg

Il padre la immaginava ingegnera astrofisica. Poi la passione per la cucina l'ha condotta all'Alma e attraverso una serie di ristoranti in Italia ed Europa che ne hanno segnato lo stile e la predisposizione alla pasticceria.

La Storia

“Terminato il liceo scientifico, mio padre mi immaginava ingegnere astrofisico. Perché sì, in matematica e fisica ero molto brava, ma nessuno si sarebbe aspettato che io avrei scelto di studiare per diventare una cuoca. Era una cosa che avrei voluto fare fin da ragazzina e mi ha fatto bene studiare al liceo. Solo che a 19 anni ero pronta per seguire la mia passione. E così, ho iniziato a studiare le tecniche di base ad Alma e, alla fine del corso, il mio insegnante mi ha consigliata e aiutata a fare uno stage al Mirazur. Amavo cucinare, ma non sapevo niente di stelle, guide, premi. Al Mirazur era appena arrivata la seconda stella Michelin, e per me l’impatto con una realtà del genere fu massacrante”.

È così che inizia a raccontare la sua storia Aurora Storari, giovane cuoca - oggi 29 enne - che vive a Parigi dopo aver vissuto e lavorato per anni in giro per l’Europa. In 10 anni una carriera folgorante, iniziata prestissimo, con una virata fulminea verso la pasticceria. “Ho sempre cercato di studiare moltissimo e così, dopo l’esperienza al Mirazur, ho frequentato il master degli Alajmo, un tassello fondamentale della mia formazione durante il quale, oltre alle tecniche, ho imparato quanto nella cucina di un ristorante sia importante l’umanità. Un grande insegnamento. Ho avuto modo di studiare storia della gastronomia, arte, filosofia, psicologia, nutrizione, team building. È stato grazie ad Alajmo che ho capito quanto sia possibile esprimere se stessi in questo mestiere”.


A 21 anni, dopo una piccola parentesi romana, Aurora vola a Londra, da Hedone, un posto allora molto apprezzato perché uno dei primi ad avere la cucina aperta a vista, pochi coperti e una filosofia incentrata sulla qualità e la freschezza della materia prima. Un’esperienza dura per i turni massacranti, ma che appassiona molto la giovane Aurora, tanto che da commis diventa capo partita.

L’ambizione di crescere e migliorarsi attraverso il confronto, la portano a Milano dove incontra Gianluca Fusto e lavora con lui per una stagione in Sardegna. Da qui la catarsi per la pasticceria, che dà una svolta alla sua visione e al suo percorso. Dapprima come pastry chef al Trussardi alla Scala, nel momento di passaggio tra Taglienti e Conti, che le vale il premio come Miglior Pasticcere dell’anno, 2018 per la guida del Gambero Rosso, quindi al Ratanà, molto incentrato sulla qualità della materia prima e i grandi numeri.


Due realtà diverse tra loro ma molto formative e fondamentali per dare nuovo impulso al suo pensiero che si assesta progressivamente sulla ricerca dell’ingrediente. “Sono una cuoca che a un certo punto ha virato sulla pasticceria. Non ho l’approccio del pasticcere, ma ho bisogno del suo rigore”. E questo suo essere consapevolmente ibrida la conduce in Belgio a realizzare un suo sogno, a Gent, nel ristorante Chambre Séparée.

“Ho sempre avuto il feticcio del fuoco e della griglia, e trovarmi in una cucina a vista, al centro del ristorante, è stata la realizzazione di un sogno, oltre che una sfida, anche perché avevo a disposizione solo la brace e il forno a legna per realizzare i dolci. Dal 2018 al 2020 ho avuto l’opportunità di lavorare in un ambiente pazzesco con materie prime sconosciute, conserve e fermentazioni, finché sono approdata a Parigi, per motivi personali e sentimentali, al Le Clarence, due stelle Michelin, un ristorante piuttosto atipico per il suo mélange di stili, come piace a me”.


In questo vortice di esperienze lavorative, che fanno emergere la bravura e l’entusiasmo di una professionista che ha saputo farsi strada tra i giganti europei della ristorazione, Aurora mostra tutto il suo carattere quando ci confida i risvolti umani di questa carriera:

Il lato umano è fondamentale per me, ho lavorato in contesti massacranti per 16 ore, come tanti di noi, ma non ho mai inseguito stelle o titoli. Faccio tutto questo perché non voglio fare altro, ma amo questo lavoro nella misura in cui posso anche prendermi dei momenti di pausa, fondamentali per potersi ricaricare e non arrivare a odiare il proprio ambiente di lavoro. Come donna poi tutto questo è sempre stato molto più complicato, nel mio come in molti altri contesti professionali. Per una donna la strada è sempre più in salita rispetto a un uomo, o si è raccomandate, oppure nessuno osa immaginare che si possa raggiungere un traguardo o una posizione esclusivamente grazie alle proprie doti e impegno. A noi è sempre richiesto uno sforzo maggiore, per quanto lavorando all’estero mi sono accorta che c’è meno sessismo e le donne riescono a ottenere posizioni professionali più qualificate. La differenza di stipendio tra uomo e donna resta comunque un dato di fatto, ed è stato uno degli argomenti di denuncia del sindaco di Parigi, guarda caso una donna, che è stata recentemente multata dalla Comunità Europea per aver creato un’amministrazione troppo al femminile, incredibile eh?

Sta di fatto che noi donne ogni giorno siamo su un banco di prova e dobbiamo sempre dimostrare non solo di essere all’altezza, ma di essere le migliori, per quanto raramente in un ristorante una donna riesca a ottenere un ruolo di sous-chef o executive, a meno che non si apra un proprio ristorante.

Ho sempre scelto ambienti di medio e alto livello per il modo diverso di lavorare, non per le stelle, ma per la qualità di un certo modus operandi. Ho bisogno di ritmi serrati per rendere bene, e sento molto la responsabilità di quello che faccio, perché non offro solo un servizio, ma mi occupo di fare stare bene le persone che scelgono di venire in un certo ristorante, e io ho la possibilità e il dovere di regalare loro un momento speciale”.


Parigi resta al momento il suo approdo, grazie al legame con il compagno Flavio Lucarini, anche lui chef che ha collezionato importanti esperienze, dall’Imago e Settembrini a Roma, fino a Passerini a Parigi, e da ultimo 4 anni di lavoro a La Réserve di Parigi di cui tre da sous-chef. La pandemia, che ha stroncato anche la ristorazione parigina ferma ormai da un anno, è stata cruciale nel far decidere ad Aurora e Flavio di intraprendere un percorso proprio, e annunciano in coro che ad aprile aprirà finalmente la loro boulangerie nel contesto di un’épicerie già molto nota ai parigini.


Piccoli produttori, materie prime di artigiani selezionati, prodotti locali, contatto diretto coi fornitori, sono questi i cardini su cui si sviluppa il concetto di pasticceria per Aurora: “La pasticceria francese è inarrivabile, non mi permetterei mai di mettermi in competizione, ma il mio progetto si basa su valori diversi. Non sarà un prodotto esteticamente perfetto, sarà più rustico ma più vero, con più carattere e gusto. Userò farine di grani antichi, un burro non pastorizzato, ingredienti che incideranno molto sulla routine del lavoro, per cui se a volte accadrà che il burro sarà più ricco di siero, non potrò usarlo per la pasta sfoglia, quindi farò altro.

In Francia non esiste una tradizione dolciaria pop, la pasticceria è solo quella regale. Se penso alla varietà regionale dei nostri dolciumi, mi entusiasmo e scopro continuamente sapori e combinazioni diverse: in questo senso la mia pasticceria avrà un gusto italiano, ma non perché abbia intenzione di proporre cannoli siciliani o tiramisù, ma per i prodotti che voglio realizzare.


La mia gamma di ricette varierà in base agli ingredienti che i miei artigiani e produttori mi forniranno, per questo sarà una pasticceria che non guarderà ai canoni standardizzati, ma una pasticceria di materia prima. E questo sarà lo stesso concetto anche del ristorante che speriamo di poter aprire a giugno, compatibilmente con gli sviluppi della pandemia, e che guiderà Flavio, a pochi metri dalla boulangerie, con una cucina del mercato, che varierà di settimana in settimana, con un’eco italiana nella ricerca del gusto e in alcuni ingredienti di base, come le mandorle pugliesi e l’olio extravergine, ma molto freestyle e personale, da scoprire”.

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