Una indiscutibile eccellenza italiana, la pasta ripiena, il cui nome è da sempre al centro di dibattiti. Scopriamo comunanze, differenze e microvariazioni di questi due monumenti della gastronomia, ma anche gli abbinamenti con il giusto vino.
Tortellini vs Cappelletti
IL TORTELLINO
Cosa c’è davvero dentro un tortellino? Tanta storia e la vita quotidiana di generazioni di emiliani. L’Artusi e la Confraternita del Tortellino si sono affannati, dal 1891 al 1974, per codificare una ricetta, poi depositata nel 2008 presso la Camera di Commercio di Bologna, che come accade praticamente sempre in Italia, prevedeva innumerevoli varianti, dal ripieno di pollo o cappone alla spolverata di cannella.
Il risultato, coronato da indubbio successo, è un monumento della gastronomia italiana, dai lineamenti ormai piuttosto definiti, che continua a vibrare di microvariazioni: le proporzioni fra gli ingredienti, la cottura o meno del maiale, lo spessore della pasta, le dimensioni mignon ma non troppo, perfino la rondella eventualmente dentellata.
Per un servizio che a Bologna è in brodo, non necessariamente di cappone, sporcato a piacere di Lambrusco; tuttalpiù alla panna di affioramento, secondo la ricetta antica dei casari del Parmigiano Reggiano rispolverata da Franco Cimmini del Mirasole, o a goccia d’oro, sorta di fonduta al tuorlo in stile Pappagallo. Bando a ragù, besciamelle e altri “pasticci”, se non quale divertissement estemporaneo.
IL CAPPELLETTO
La biografia del cappelletto, invece, è ben diversa. Questa pasta ripiena dalla forma non dissimile, ma leggermente più grande e completamente chiusa a forma appunto di cappello, è diffusa in un areale più vasto, fino in Umbria, dove viene servita anch’essa in brodo. Ma il confronto si fa aspro lungo la linea di confine fra Emilia e Romagna. A est del Sillaro il ripieno, detto “compenso”, è praticamente inafferrabile nel suo elegante trasformismo. Le varianti principali sono però due: quella di carne, per la precisione un mix di vitellone, pollo e maiale (o solo maiale con prosciutto e mortadella) saltati in padella e addizionati di caciotta vaccina fresca, Parmigiano Reggiano, noce moscata e scorza di limone; e quella di magro, interamente al formaggio, composta di ravaggiolo o caciotta fresca, abbondante Parmigiano e tuorli, maggiormente diffusa fra Imola e Rimini.
Con la possibilità nell’una e nell’altra di inserire una dadolata finissima di cedro candito. Le dimensioni inoltre sono maggiori: si parte da fazzolettini di sfoglia rispettivamente di 3 e 5 cm, decisamente più sottili nel primo caso a causa delle dimensioni ridotte, per centrare il punto di equilibrio pasta/farcia.
Eppure entrambe le ricette sono antichissime. Il tortellino, dal diminutivo di tortello, sul modello delle torte farcite medievali, lascia tracce di sé già in un manoscritto del 1112, ma le prime ricette scritte risalgono al XIV secolo, fino al 1904, quando i fratelli Bertagni lo presentano al mondo nella fiera di Los Angeles (e di fatto da secoli in Piazza Maggiore a Bologna veniva venduto nei banchetti, in una versione street food riscoperta di recente). Per quanto riguarda il cappelletto, invece, il Messisbugo, cuoco alla corte di Alfonso I d’Este, nel 1556 descrive col nome di caplit una pasta ripiena di carne mista.
GLI ABBINAMENTI
Scopriamo gli abbinamenti proposti da Andrea Fiorini, sommelier della Magnolia di Cesenatico.
Tortellini tradizionali in brodo: Perfranco (100% Salamino di Santa Croce) rosato Bergianti 2019. Abbinamento abbastanza “scontato”, tuttavia la “mia” versione prevede il servizio del vino al cliente nel suo calice a temperatura di 6/8 °C, inoltre metto a disposizione un piccolo quantitativo dello stesso vino che può aggiungere a suo piacimento al brodo.
In alternativa Versante Nord Rosso 2018 (Nerello Mescalese, Nerello Cappuccio, Alicante e Grenache), le cui vigne si trovano tra i 600 e gli 800 metri di altezza sull’Etna. Un vino minerale, di gran classe, ricco di note fruttate sia al naso che al palato; tannino elegantissimo e polveroso. Servo in calice di media ampiezza a temperatura di servizio di 12-14 °C.
Cappelletti tradizionali in brodo: Aoc Arbois Pupillin Les Terrasses 2018 (100% Savagnin) Domaine De La Renardiere. Bellissima espressione di Savagnin, note ossidative appena pronunciate, acidità spiccata bilanciata da un gusto rotondo e da una morbidezza di gran classe; persistenza senza limiti. Servo in calice ampio a temperatura di servizio di 10-12 °C.
Tortellini al ragù di carne: Bianco Ageno La Stoppa 2017, ottenuto da Malvasia di Candia, Ortrugo e Trebbiano. Un vino di forte intensità, macerato sulle bucce per 30 giorni e affinato per 12 mesi in barrique. Colore ambrato, naso aromatico, speziato e affascinante, al palato è complesso, arricchito da una bellissima trama tannica. Servo in calice ampio a temperatura di servizio di 14-16 °C.
Cappelletti al ragù di carne: Arcaica 2017 (Albana) Paolo Francesconi. Vino complesso ed elegante ottenuto da uve Albana macerate sulle bucce per circa tre mesi; colore ambrato, naso che regala un pot-pourri di spezie orientali, erbe aromatiche, note balsamiche, il sorso è succoso, fresco e saporito. Servo in calice di media ampiezza a temperatura di servizio di 10-12 °C.
Tortellini alla panna: Champagne Brut Rose’ Grand Cru Egly Ouriet. Cuvée di pinot nero e chardonnay, color rosa salmone tenue, l’olfatto è ricco di note floreali (rosa) e fruttate (fragola), al gusto il vino risulta energico, elegantissimo e coerente. Servo in calice di media grandezza (non flûte) a 6-8 °C.
Cappelletti burro ed erbe aromatiche fresche (maggiorana, timo): Riesling Sekt Brut Nature Prum 2018. Spumante da uve riesling nate sui terreni ricchi di ardesia della Mosella; un vino fresco, aromatico, minerale e sapido. Servo in calice di media ampiezza a temperatura di servizio di 6-8 °C.