In un trafiletto di campagna dei Castelli Romani è sorta Sintesi, realtà contemporanea gestita da tre audaci imprenditori della periferia capitolina. Ecco perché vale il viaggio fino ad Ariccia.
La Storia
La tradizione è consegna, trasmissione ma anche tradimento, o almeno questo dice la Treccani riguardo l’etimologia di un termine oggi fin troppo usato e abusato.La tradizione quindi si trasmette, si consegna, ma soprattutto si tradisce. Non esiste tradizione senza innovazione, scoperta e integrazione. Non esiste tradizione senza rinascita.
E lo sanno bene le sorelle Scarsella, Sara e Carla, che assieme a Matteo Compagnucci, hanno aperto, nel vicino marzo 2020, un ristorante fuori dagli schemi ad Ariccia. Ai Castelli Romani non c’è traccia di circuiti fine dining, menu degustazione e tecniche d’avanguardia. Il solo sentirne parlare potrebbe far inarcare le sopracciglia dei residenti. Eppure, in questo trafiletto di campagna tra viti, pascoli e girarrosti è sorta Sintesi, una neonata realtà contemporanea, in cui di porchetta e carbonara non ce ne è neppure l’ombra.
“Noi cerchiamo di eliminare il superfluo, sempre. Non siamo un ristorante gourmet, non siamo una trattoria, non siamo un’osteria. Siamo quello che i nostri piatti dimostrano di essere, siamo un collettivo che mette insieme idee orientali, tecniche nordeuropee e sapori universali per ottenere ogni giorno una nuova preparazione, un abbinamento a noi ancora sconosciuto”. Così risuonano le parole di questi tre giovani e audaci imprenditori della periferia capitolina: quasi 30, gli anni di vita vissuta per ciascuno di loro.
Frenetica per Sara e Matteo è la giovinezza, intrisa di una sostanziosa gavetta in indirizzi stellati che partono dall’Italia per arrivare al Nord Europa: dalla corposa Toscana del Da Caino di Valeria Piccini, dove si conoscono e si innamorano, alla lontana e avanguardista Australia di Neil Perry e del Fish Butchery di Josh Niland, passando per la fredda e autarchica Danimarca di Noma e Geranium. Un viaggio, una scelta di vita che combacia con il loro fine ultimo: apprendere, assimilare, rielaborare. Il più possibile, ai massimi livelli.
La loro impresa parla da sé. Quel che c’è intorno non importa, ciò che conta è l’aria che si respira e il cibo che si assaggia all’interno delle mura.
Think global, eat local. Questo il cemento della loro attività fondata su una linea di cucina audace, priva di smancerie, che torna al dentro passando per il fuori, che parte da casa per tornarci salutando il mondo. Come un nuovo germoglio, una ginestra leopardiana, Sintesi non si è piegata alla sorte avversa ma si è adattata, scommettendo due volte, sfidando tanto la tradizione quanto il tragico momento storico.
E il risultato è più che positivo. I tre ragazzi hanno chiamato a sé tantissimi giovani avventori che probabilmente i Castelli li avevano visti solo su Instagram.
Talentuosi e vogliosi hanno risollevato il turismo gastronomico, curioso e antistituzionale, in un momento paradossalmente di chiusura e confinamento. Sembra tanto ma non è ancora tutto.
Durante la chiusura, il 1° novembre il progetto di delivery e take - away ha assunto le fattezze di una vera impresa indipendente: Sintesi At Home, un nuovo progetto, attualmente attivo solo su richiesta, che muove dagli stessi principi su cui è nato il ristorante. Il menu propone prodotti da forno dolci e salati, zuppe e tarte mono porzione; tutti i lievitati presenti in menu sono realizzati con farine del Molino Paolo Mariani e lievito madre.
Auto - privilegiato dalla natura che lo circonda, il team di Sintesi è in continua fermentazione e chissà quali altre idee avrà in serbo per l’avvenire.
Foto: Crediti Andrea di Lorenzo
Il ristorante
L’ingresso è minimal e prelude a una sala altrettanto, essenziale, ma accogliente, dove la natura domina. Legno, muschio e orto verticale sono i 3 addendi di una formula vincente che porta novità camaleontica in una zona votata alla foresta.Una trentina i coperti diffusi per la sala e distribuiti fra tavoli tondi e spigolosi, rigorosamente lasciati spogli, vivacizzati da un mazzo di fiori freschi. Nessun servizio impostato. Il carisma e la professionalità di Carla, maître e sommelier, inquadrano ed esaltano la bontà dei piatti, raccontati con passione da lei stessa, assieme a Federica Bazzucchi che la affianca nello studio dei migliori abbinamenti per il pairing analcolico.
Circa 50 le etichette della carta vini, provenienti da diverse aree d'Italia e suddivise tra convenzionali, biodinamici e naturali, a cui si aggiungono succhi e kombucha per sviluppare un interessante ed altrettanto appagante percorso degustazione. Quest’ultimo cambia in continuazione secondo il mercato, o meglio l’orto.
L’offerta à la carte è sviluppata su poche proposte, anche vegetariane, dagli inediti e intriganti nomi e accostamenti. I percorsi degustazione sono due: alla cieca da 9 portate (70 euro) e da 7 portate (55 euro) che raccoglie i piatti più iconici del ristorante, dalla Coppa di pesce, acqua di cozze e latticello, al Risotto affumicato, battuto di pecora e alloro per finire con la Ricciola alla mugnaia e foglie di cappero.
Ad essi è possibile aggiungere un wine - pairing (40 euro per il 9 portate; 30 euro per il 7 portate) o ancora l’abbinamento analcolico di succhi e kombucha (15 euro). Lo scontrino è dunque popolare, regolato e dipendente da una spesa etica e ragionata che sfrutta quel che c’è a 360 gradi, secondo l’etica dello zero waste.
Foto: Crediti Andrea di Lorenzo
I piatti
Una doppietta di benvenuti riempie il palato appena ci si accomoda a tavola. La tartelletta con ricotta e pomodorini e la cialda con maionese al guanciale sono un one shot di trigliceridi e colesterolo che il fegato è felice di accettare. Il profilo del pranzo è una parabola sempre più in pendenza: arriva la pagnotta di farina semintegrale, calda, conservata in un panno di stoffa, da spezzare e spalmare di burro montato alle erbe.Ad aggiungere croccantezza ci sono anche i grissini. Inizia la degustazione vera e propria con la prima portata: Coppa di pesce, i primi tempi abbinata ad una salsa tonnata e acetosa, ora in binomio vincente con acqua di cozze e latticello, due elementi che vengono spesso scartati e che ora acquistano nobiltà.
Qui la classica coppa di testa di maiale, gustosa ma forse per natura saturante, assume fattezze marine: gli “avanzi”, buoni, del pesce acquistato quotidianamente all’asta di Anzio, vengono lavorati in modo tale da produrre un salume ittico, spesso ma setoso in bocca. In allungo per consistenza, a dare acidità e freschezza c’è il latticello, persistente. Risolutiva l’acqua di cozze che spezza gli equilibri, altrimenti piatti, dell’antipasto, da assaggiare sorseggiando il kombucha al tè bianco.
Polifonica e multisensoriale è la lattuga arrosto, miso e ciliegie da mangiare in un paio di bocconi, come fosse la più pregiata delle carni. Un traguardo che supera i confini territoriali, in cui la masticazione è a tal punto attiva da solleticare le papille e la salivazione in dosi massimali.
Ravioli con coda di tonno, cacao e pomodoro fermentato: il tutto dal niente, estrazione di un trinomio che ha tutto il gusto dell’estate. Un primo epitome della filosofia della cucina, dove fermentazione e zero spreco hanno un ruolo da protagonisti: la sfoglia all’uovo, sottile e geometrica, accoglie un ripieno povero ma tuonante iodio che ricorda in tutto la coda alla vaccinara, rinforzata dalla possanza amara del cacao. L’umami, piacevolmente acidulo, della salsa di pomodoro è di perfetto contorno al piatto e si ritrova nel cocktail analcolico ad esso abbinato.
Più robusto e complesso, ma inesauribilmente appagante, è il Risotto affumicato con battuto di pecora e alloro. Elegante nelle sue sfumature, il riso racconta ad ogni cucchiaiata un mondo diverso, rude, quasi grezzo, riflesso di Ariccia. Vincente l’abbinamento analcolico con il tè Lapsang a sottolineare le note affumicate del piatto.
Alte sono le frequenze salmastre nello Spaghettone Monograno Felicetti con ostrica, burro acido e salicornia. Salinità e grassezza in un vertiginoso rimando libidinoso dove l’acidità del latticino e la combo salmastra di ostrica e salicornia si fondono all’unisono.
Non ci si può alzare da tavola senza aver affondato la lama del coltello nella Ricciola dry aged con fondo di cipolla e albicocca fermentata. Si apre un altro (in continua evoluzione) capitolo, di Sintesi: la frollatura del pesce. Il bagaglio tornato pesante, dopo l’esperienza al Fish Butchery di Josh Niland, ha dato il la a questa tecnica che dà corpo e maggior sapore alla materia prima. La ricciola, una volta cotta, diventa turgida, piena, succosa, caramellata in superficie come fosse la pancia di maiale dalla cotenna più sottile e croccante.
Nulla è sottovuoto come nulla è fatto per moda. L’anatra, in inverno abbinata a sapa, mela cotogna e carote grigliate, ed ora a pesche e rosmarino, è la degna chiusura salata dell’intera esperienza. La carne è lavorata in tutte le sue parti: petto scottato, quinto quarto in patè e scarti nobili sfilacciati in una piccola rosetta. Torna l’etica e il buon senso. Il forno a carbone, il Josper con griglia, le marinature cinesi con i fondi di cottura sono qui sintetizzate.
Il Sorbetto al peperone, yogurt e gelatina prepara la bocca al dessert, una Crème brûlée alla pannocchia con gelato al rosmarino.
Il comparto zuccherino è la passione di Matteo Compagnucci che sperimenta accostamenti dal precario equilibro dolce - salato, tra classico e innovativo, tra Francia e Italia.
Foto: Crediti Andrea di Lorenzo
Indirizzo
SintesiViale dei Castani, n 17, Ariccia (00072)
Tel. +39 064555 7597
Sito Web