Il Charleston a Mondello è un vero e proprio pezzo di storia palermitana che oggi guarda al futuro grazie ai piatti di un giovane chef con la coppola: Santino Corso. Le sue idee, la sua cucina, i suoi obiettivi.
La notizia
La Storia
Nomen omen, direbbero i latini. Il nome è un presagio, un destino che, per questo ristorante, è deciso sin dal suo battesimo. Charleston, il ballo controcorrente, che infrange tutte le regole delle danze di sala di provenienza europea. Scatenato, frenetico, allegro e frizzante, probabilmente frutto dei movimenti degli scaricatori di porto dell’omonima città statunitense, è il più anarchico e rivoluzionario dei movimenti.
E così è l’omonimo ristorante siciliano nato più di mezzo secolo fa in quel di Palermo, dall’amicizia tra Angelo Ingrao e Giuseppe Glorioso. Galeotto fu il Sanatorio Cervello dove i due si conobbero, il primo nelle vesti di cuoco ed il secondo di fornitore di frutta e verdura. Simpatia e stima reciproca diedero il là alla nascita della società Ingrao & Glorioso.
Tra le varie aperture del duo c’è anche questo ristorante, sogno e necessità per Angelo che lo tira su assieme al primogenito di Giuseppe, Nino. Ma perché chiamarlo Charleston? Perché leggere Charleston è come mangiare una tavoletta di cioccolata: serotonina pura, allegria, sprint, ottimismo. Il ristorante voleva essere, e così era, lo specchio del benessere economico che si viveva in Italia negli anni Sessanta.
Nasce, a Palermo, nel cuore commerciale della città, lungo la Ruggero Settimo che dal Politeama Garibaldi porta al Teatro Massimo. Sin da subito diventa meta di pellegrinaggio per amanti della buona cucina e del buon vivere, al punto da essere definito La Scala della gastronomia siciliana.
Nel 1973 arriva la prima stella Michelin, l’anno successivo la seconda. Il Charleston diventa l’unico ristorante, da Firenze in giù a vantare due stelle. Il successo è tanto ed aumenta esponenzialmente al punto dal decidere di aprire una seconda sede, estiva, a Mondello. Nel 2000 iniziano i cambiamenti: Ingrao e Glorioso decidono di concentrare le loro forze esclusivamente su Mondello chiudendo la sede storica in piazzale Ungheria.
Nel 2008 la famiglia Glorioso diventa unica proprietaria e Mariella, sorella di Nino, ne assume la direzione. Nel 2009 l’insegna si sposta dallo Stabilimento Balneare Mondello, in centro città a via Magliocco per poi tornare di nuovo a Mondello 2012 nella villa liberty dei Conti Bernard de la Gatinais, in mezzo al verde.
Un succedersi di eventi complessi e complicati da gestire che, nonostante tutto, non hanno mai mascherato e nascosto la bellezza e bontà di questo tempio della ristorazione siciliana. Ora il ristorante è a Mondello ma chissà cosa succederà in futuro. Un ritorno in centro città è sperato e pronto ad accadere.
Il Ristorante
Entro in punta di piedi a casa di Mariella consapevole di trovarmi in un pezzo di storia palermitana. Attraverso il cancello, passo per il verde del giardino, salgo le scale e mi ritrovo in un palazzo, alto, curato che lascia trapelare il carisma e l’energia della padrona di casa, ora aiutata e supportata anche dalle figlie Fiamma e Alice Anello.
Le tinte bianche e verde acqua dell’insegna si annullano nell’enoteca di passaggio per poi ritornare nella sala esterna, fresca, pulita di un vintage mai scaduto, nostalgico e contemporaneo allo stesso tempo.
Tavoli tondi con tovaglie bianche a caduta tappezzano il patio esterno ergendosi a principali protagonisti del palcoscenico. Nessun centrotavola o decorazione non funzionale all’esperienza. C’è il panorama, il tramonto rosa a riempire gli occhi. Manca il palato da soddisfare e a questo ci pensa, da tre anni, Santino Corso, palermitano trentatreenne con la coppola in testa.
Un cuoco oltre che uno chef, umile, curioso, aperto al dialogo. Un ragazzo concreto che preferisce il cucinare al parlare, raccontando di sé attraverso un grattacielo di sfumature di mare ed un nido di spaghetti ai ricci. Il suo è uno stile di cucina radicato e radicale che racconta il territorio con un tocco in più, attraverso una nuova tecnica o abbinamento, sempre centrato e ragionato.
Un siciliano dall’animo svizzero, artefice di piatti puliti all’occhio e gonfi di gusto in bocca. Una bravura che non si limita al salato ma che spazia toccando tutti gli ambiti della cucina, dai dolci ai lievitati salati, di rara complessità e soprattutto varietà.
Tre i degustazione possibili: Tutto il mare di Sicilia, la Memoria del Futuro e Liberamente. I primi due a sei soste, il terzo a nove. Viaggi che collegano luoghi a piatti e ricordi, dalla Scapece in fiore dove il fiore di zucca si abbina al caciocavallo di vacca cinisara e l’acciuga d’Aspra al Ri-sgombro, ossia riso vialone nano, sgombro e cipolla rossa piatta di Sicilia, passando per l’Arrosto panato di vitello con origano e parmigiano.
I vini non sono da meno. Centinaia di etichette siciliane ed internazionali si fanno spazio al posto dei libri nell’ex biblioteca e sono meravigliosamente raccontati dal sommelier Domenico Siino. Accanto a lui il servizio di sala è coordinato dalla professionalità di Alessandro Comella che con fare pacato e caloroso spiega minuziosamente i piatti a tavola.
I Piatti
Contemporaneità e tradizione, due strade parallele da percorrere in simultanea. Un reticolo che si intreccia a partire dalla batteria di benvenuti che invade il tavolo a inizio cena.
Lo Spumante “Contea Sclafani” di Tasca d’Almerita, Brut Metodo Classico tra i più apprezzati in Italia, fa da apripista accanto ad un mix di cialde di riso colorate e taralli. Arrivano in posa geometrica i grissini di grano Russello, i cracker alla cipolla e soia che ripercorrono i contorni di una foglia ed una goccia di maionese agli agrumi. Il profilo chef - panettiere di Santino inizia a definirsi, ma è ancora troppo bianca l’atmosfera.
Il candore dura ancora poco, però. Arriva in tavola una matrioska che, scomposta, svela tre sfere, coloratissime e, già all’apparenza, elaborate. Si parte con l’arancino con gambero rosso e limone, un mezzo capolavoro di tecnica ed equilibrio, per arrivare alla sfera di mojjito con frizzy pazzy, passando per l’eccezionale rivisitazione della sarda a beccafico.
Le sorprese non finiscono perché prima della cena vera e propria altre preparazioni giungono all’occhio. Carta musica, pane caldo ricoperto di semi di sesamo e focaccia - babà sempre a base di grano Russello e Tumminia.
Quest’ultima è una vera droga, morbida, dal sapore di mulino e olio, amplificato ancor di più da un assaggio di Olio Terraliva Cherubino estratto a freddo, intenso dai sentori di pomodoro e mandorla. Da qui in poi arrivano le sei soste marine del percorso degustazione Tutto il mare di Sicilia, un viaggio alla ri-scoperta del Mar Mediterraneo, attraverso i suoi frutti e i suoi pesci, dai più noti ai più rari.
Un piatto concreto, con i piedi per terra, dove la terra in questione è il mare di Sicilia, è Mareggiata. Consistenze, temperature, sfumature di sapidità e dolcezze infinite. Un colpo da maestro, che incrocia i giusti pesci e crostacei per chiudere il cerchio. C’è il gambero rosso, il calamaro e il polpo. La lattuga di mare per la tinta vegetale assieme all’estratto di sedano e carota e l’aria di cozze e vongole, necessaria e da coinvolgere ad ogni boccone.
Un antipasto che sa di ripartenza è lo Scampo a colori. Crostaceo nobile, nobilissimo, trattato come fosse un re: appena cotto sul dorso si fa un giro in un mantello di patata soffiata per poi farsi bello in un giro di salse, tra aspro e dolce, grasso e fresco. Cocco, yuzu e arachidi sono i tre vicini del protagonista, un terzetto che vedresti bene anche all’interno di un panino da mangiare allo stadio per quanto esprime gola e appagamento.
Virtuoso ma non spocchioso è il primo piatto della degustazione. Essenza siciliana il suo nome. Un gomitolo di spaghetto Gentile cotto alla perfezione che si apre ed include nel suo spessore un condimento che dire potente è un eufemismo.
Ricci, mandorle d’Avola, cioccolato di Modica al 70%. Un rincorrersi di sapido, dolce e amaro, amplificato dalla punta di anice stellato e di tonno essiccato. Una creazione che lavora per complementarietà, per contrasti che si incontrano e si uniscono in un gusto equilibrato.
Si chiude il reparto salato con il tonno. Un Cubo di ventresca di tonno dai sentori di brace in binomio acido - piccante con angostura e cedro. Risolutiva la nota croccante della quinoa che spezza le dinamiche più morbide della carne e della maionese al cedro.
L’impronta dolce dello chef è confermata a fine serata con i dessert che, strizzando l’occhio al classico, giocano con pochi ingredienti spingendoli al massimo delle loro possibilità.
C’è Eolo. Una Sicilia di croccante ai capperi di Pantelleria, disposta all’angolo del piatto che maschera una stratificazione di consistenze e sapori a dir poco leggendari. Si passa dal cremoso di fichi e mandorle alla composta di pesche e uva passa per essere poi attivati dal gelato alla Malvasia delle Lipari.
Da prendere a morsi, all’infinito, è la Brioche calda da inzuppare in un mix fulminante di acidità e freschezza a base di limone dell’Etna, cocco e verbena, nascosto dalle tegole di meringa che costellano il piatto.
Indirizzo
Ristorante Charleston
Viale Regina Elena, 37/39
Via Principe di Scalea, 37/39
90149 Palermo (PA)
Tel. +39 091 450171
Sito Web