Mattia Pecis è “lo chef con lo zainetto”. Cosa c’è dentro? Le basi del Clusone, le fermentazioni di Niederkofler, i 4 anni da Cracco a cui deve anche tutta l’arte del taglio e della lavorazione del pesce. Vi basta? A lui no. Ecco come ci ha stupiti.
Cracco a Portofino
Il ristorante
A Portofino non ci passi, non ci capiti, non ci vai a sbattere. È una destinazione. Nel fu storico Pitosforo ora impera la C stretchata di Carlo Cracco. Cracco a Portofino. Mica ci è venuto in vacanza. Due mesi di fila allacciato al pass. Chiedete ad Alessandro Troccoli, maitre stranavigato di Cracco in Galleria a Milano e anche lui reclutato come sergente di ferro per la brigata di matricole, gettate in pasto ai liguri, popolo che per gli amici è diffidente e per i nemici, ecco, meglio che ve lo immaginiate da soli.
Dicevamo di chiedere a Troccoli, eh già. Lui è il testimone più affidabile, del fatto che il solone di Dinner Club ha trascorso buona parte della stagione estiva immerso nella sua nuova apertura, tenendo tutti in apnea, Mattia Pecis compreso.
Come è andata? La faccia di Troccoli, anche sotto la mascherina, è una smorfia che dice “speravo de morì prima”. Si scherza eh. Gli occhi di Troccoli infatti sorridono, e via il racconto di come la terrazza in cui cui ci troviamo - il ristorante ne ha due - è stata teatro di giornate da 150 coperti, di ritrovi glamour e anche di delirio nazionale per l’Italia campione agli Europei.
Il via vai che a Portofino non manca mai, oggi è più contenuto - il sole se ne frega e scalda come se fosse ancora estate. Mattia Pecis invece è incontenibile. Ci raggiunge praticamente saltando. Ci mette davanti quei suoi occhi dello stesso colore del mare oltre il golfo, mistero incluso, e non bada al suo arruffamento, all’ingenua baldanza che emette, probabilmente anche mentre dorme.
Partiamo dalla fine: quando ci trascina in cucina e vediamo tutti i ragazzi della brigata, respiriamo il clima di una classe, di uno spogliatoio di una under 21. E Mattia sarebbe il professore, possibile? Capitano mio capitano, nessuno sale in piedi sul pass eppure, se pensiamo a quello che abbiamo mangiato, i ragazzi si applicano per davvero, mandano a memoria il verbo cracchiano e si dilettano in un Dolce Stil Novo che è crasi di Italia e Oriente, di storia e geografia, di fisica e arte. Certo hanno a disposizione una cucina che è una portaerei, green egg, griglia yakitori, zona lavaggio dedicata al pesce e pure una vasca a.…ve lo dico dopo.
Mattia sa già cosa farsi regalare a fine anno da Cracco Natale: una cella per la frollatura del pesce. Tra un piatto e l’altro ci ha confidato il suo invaghimento intellettuale e formativo per il lavoro che Jacopo Ticchi sta portando avanti nel suo Da Lucio a Rimini, oltre alla stima per Riccardo Camanini, un tempo anche lui studente dell’alberghiero di Clusone frequentato da Pecis.
Sarà venuto al tavolo almeno cinque volte. Per raccontare i piatti e per mostrarci un’aragosta appena arrivata al ristorante. Il pescatore lo chiama sul cellulare in ogni momento e gli dice cosa ha catturato. I primi tempi la diffidenza ligure era emersa come un muro di pietra. Agricoltori e pescatori pensavano che Mattia non potesse pagare le fatture e probabilmente gli sarà anche passato per la testa che il giovanotto, con quel suo zainetto sempre in spalla, è troppo espansivo, troppo curioso.
Poi succede che gli ordini sono continuativi e i conti vengono saldati. La diffidenza affonda, lasciando il posto alla comprensione. Non tanto per il giovane ragazzo, quanto per la fame che ha. I pescatori Mattia li chiama per nome, e loro fanno lo stesso. Sanno che il loro pesce verrà sublimato e non sprecato.
Mattia è lo chef con lo zainetto. Cosa c’è dentro? Le basi di Clusone, le fermentazioni di Niederkofler, i 4 anni da Cracco a cui deve anche tutta l’arte del taglio e della lavorazione del pesce. Vi basta? A lui no. In quello zainetto c’è tutto quello che Mattia riesce a mettere in crisi, tutto quello che filtra nella rete della sua critica personale. E i vantaggi? Il budget consistente? L’investitura? Prende e mette nello zaino pure quelli, basta non fermarsi.
Su internet, ancora prima di arrivare a Portofino, stalkerava la signora Lella, una local che raccoglie erbe spontanee, nonché una delle custodi del prebuggiun, misto di erbe selvatiche commestibili con cui Mattia realizza un risotto memorabile.
I piatti
Allora partiamo da qui, come primo highlight di un pranzo che è stato molto di più che un buon ricordo o un’ottima performance: ascolto, tensione, confronto, errori, humour, creatività, rispetto, testardaggine, cuore. Il risotto Prebuggiun è un risotto bagnato con brodo di triglia, con filetti di triglia cotti e laccati ai funghi, mantecato classicamente e con crema al prebuggiun e cagliata acida, la stessa che in origine si usava per la focaccia di Recco, prima dello stracchino. Una tela su cui i profumi del mare di Portofino si legano alla freschezza delle colline. Un risotto teso, croccante, eppure così lieve, quasi sospeso a filo d’acqua.
L’impronta di Cracco aveva dato il via al pranzo con la storica insalata russa in versione portofinese - al pesto potremmo dire - con maionese di clorofilla di basilico, cornetti verdi e gialli e patate. Unica nota: le cialde di zucchero erano un poco più umide del solito, probabilmente per questioni atmosferiche e di location. Il logo di Cracco lo ritroviamo anche sul Corzetto, un lavoraccio. Piccola parentesi Alberto Angela style: il corzetto è il più antico formato di pasta, risale al 1400, veniva usato per le occasioni speciali dalle famiglie nobili che vi stampavano in superficie lo stemma di famiglia. La pasta veniva servita con maggiorana e pinoli. Mattia riprende questa tradizione antica e la miscela con il celebre tuorlo marinato di Cracco, lavorato per essere un foglio sottile come un’ostia e poi stampato. Da una parte la C del casato Cracco e dall’altra il fiore del pitosforo: un’impresa da mastro artigiano.
Tra gli antipasti la Sea salad di seppia, merita un paragrafetto tutto suo. La cottura a bassa temperatura fa parte dell’arte culinaria di parecchi chef. Lasciamo stare che ora sia in netto declino, perché in molti si divertono di più a fare i fuochisti. E come dargli torto. La cottura a immersione ora si può fare a freddo, basta essere provvisti di una vasca a ultrasuoni, quella che serve per la sterilizzazione di strumenti metallici e altro. Provate a chiedere al vostro dentista, ma non vi passi per la testa di scaldarci la schiscetta.
Ebbene, gli ultrasuoni riescono a separare le molecole di tutti gli alimenti. Le fibre delle carni si “cuociono” senza diventare poltiglia melacciosa, men che meno gommosa. Il risultato sono delle tagliatelle di seppia tenerissime e “al dente”, appoggiati su una crema di mais, con chicchi di mais alla brace, popcorn e crescione d’acqua.
Nel menù verdure e pesce non ammettono rivali, la carne c’è se qualcuno la chiede. L’idea della carne, della sua texture e consistenza, è tutta nella Costina di ricciola. L’idea è ricreare la costina di maiale con un pesce. Non di offendere la ricciola chiaramente. Il risultato è la costina di ricciola - osso compreso - cotta alla griglia, con cavolo nero baby e maionese al porro bruciato. La costina è laccata con la salsa del L’amen, un altro piatto sperimentale che chiude la parte salata del menù. Ite salata est.
Il segno della croce te lo fai da quanto è buono. Un ramen totalmente marino: noodles di farina integrale, cozze, vongole, gambero, scampo, seppiolina, moscardino e ventresca di spada, che fa le veci della pancia del maiale dato che è cotta a bassa temperatura e poi grigliata. Un fondo di pesce molto concentrato è l’habitat di tutto questi elementi. Dopo Baronetto, Sacchi...il capitano Cracco ha avvistato terra un’altra volta. La terra fertile, convinta, piratesca ed entusiasta di un giovane chef con lo zainetto.
Foto di copertina: Crediti Anna Corai per Cook_inc. 29
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Indirizzo
Cracco a Portofino
Molo Umberto I, 9, 16034 Portofino GE
Tel: 01851636026