Bar director al Majestic di Cannes, Balestra porta in mixology una rigorosa ricerca botanica: giardini aromatici, alveari e “profumi commestibili” sviluppati con Robertet a Grasse. Tecniche delicate — macerazione ultrasonica e distillazione a bassa pressione — per far dialogare naso e palato in cucina e al bar.
Lombardo di origine, cresce tra verde e paesaggio, inclinazione che diventa metodo professionale: prima forbici nel giardino, poi laboratorio e banco. L’olfatto è il suo lessico: “il profumo guida il gusto”, afferma raccontando come ogni cocktail inizi dall’aroma delle piante fresche, lavorate in estrazioni precise. A Cannes, negli spazi del Majestic, ha costruito un ecosistema fatto di erbe, fiori, ghiacci fioriti, sciroppi e alveari sul tetto, dove l’impollinazione sostiene i due orti aromatici dell’hotel.
Il percorso parte presto e all’estero: a 19 anni lascia l’Italia e approda ai Club Med di Opio e Val d’Isère; segue il Belgio (dove nasce l’interesse enologico) e la Scozia, prima palestra per il whisky. Nel 2008 vola a Chicago come bar director alla Trump Tower, sperimentando consistenze e preparazioni funzionali al servizio. Dal 2009 prende parte all’apertura di La Mamounia a Marrakech, dove il confronto quotidiano con orti e giardini amplia il suo repertorio botanico. Arriva infine a Cannes nel 2014, mettendo radici in Costa Azzurra.
La sua firma è un’idea di “profumo edibile” applicato a drink, piatti e dessert: non un semplice uso di estratti, ma una sintassi sensoriale che unisce estetica, tecnica e natura. Il processo — macerazione ultrasonica seguita da distillazione a bassa pressione — produce molecole aromatiche pulite e stabili per uso alimentare. In questo cammino Balestra collabora con Maison Robertet a Grasse, riferimento mondiale per profumeria naturale, intrecciando saperi e controlli qualitativi propri della filiera aromatica.
Il laboratorio del Majestic e i giardini sul tetto sono il suo osservatorio quotidiano: qui elementi come verbena, salvia, geranio rosa e melissa diventano jellies, bitter, ghiacci e vapori d’autore; l’ultimo gesto, spesso, è una nebulizzazione che incornicia il sorso con una scia olfattiva coerente. L’approccio — tra orticoltura, apicoltura e vetro — invita chef e bartender a progettare esperienze in cui il naso anticipa, accompagna e prolunga il gusto.
Il risultato è una piattaforma di applicazioni gastronomiche che attinge alla filiera di Grasse e restituisce al bar (e alla sala) un vocabolario di profumi commestibili: un invito a calibrare l’aroma come ingrediente, dalla progettazione del calice al gesto finale al pass, con una disciplina che parla ai professionisti del gusto.