Chef autodidatta, ha compiuto gli studi universitari in Economia e Commercio sfiorando la laurea. In seguito alla scomparsa del padre rileva la trattoria di famiglia con l’aiuto della sorella Cristiana. Sono sufficienti alcuni corsi e un passaggio lampo dai Roca per puntare dritto sulla qualità. La prima stella è datata 2007, la seconda 2009. Nel 2011 il trasferimento a Castel di Sangro dove arriva la terza stella Michelin nel 2014.
Niko Romito
nato a Castel Di Sangro nel 1974, profondamente legato al suo Abruzzo, ha compiuto gli studi universitari in Economia e Commercio a Roma, sfiorando la laurea, sognando una carriera come broker finanziario, prima di rientrare a casa in seguito alla scomparsa del padre e rilevare la sua trattoria con l’aiuto della sorella Cristiana, che lo affianca in sala dal 2000. Inizialmente doveva essere un interludio in attesa del giusto acquirente, ma la passione divampa. Sono sufficienti un’infarinatura presso A tavola con lo chef e all’Étoile, un passaggio lampo dai Roca e lo scambio tra colleghi e sui libri, per puntare dritto sulla qualità. La prima stella è datata 2007 dopo soli 7 anni, la seconda 2009.
Nel 2011 il ristorante si sferisce a Casadonna, ex monastero del ’500 a Castel di Sangro, che Niko e Cristiana ristrutturano e decorano scegliendo materiali e opere d’arte che seguono un’idea ben precisa di eleganza, purezza e bellezza, in continuità con la cucina del Reale.
Qui, oltre al ristorante e alle camere, nasce l’Accademia, una scuola di alta formazione e specializzazione professionale di cucina.
Nel novembre 2014 arriva la terza stella Michelin e Niko inizia a sviluppare nuovi e svariati format.
Oggi, attraverso studio, ricerca e sperimentazioni incessanti, unite ad uno spiccato approccio imprenditoriale, è riuscito a consolidare un linguaggio gastronomico innovativo, fortemente identitario e molto incisivo e al contempo ha sviluppato un sistema complesso in cui coesistono alta cucina, format di ristorazione, formazione e prodotti per il consumo domestico.
A proposito della sua cucina dice: “La purezza è l’estrema sintesi del gusto. È essenzialità e quindi bellezza. Cercare la purezza significa sintetizzare qualcosa di molto complesso in modo chiaro, cogliendone la quintessenza. La sintesi è la cosa più difficile da raggiungere, ma è anche la forma di bellezza che ricerca. Nella mia cucina cerco la massima espressività, la verticalità del gusto. Cerco di andare in profondità nella materia prima per esplorarne l’interno, un mondo sconosciuto che riporto in superficie, facendo emergere sapori nuovi, inaspettati. L’effetto della mia cucina è quello di una lente che permette di percepire in modo più chiaro la materia prima, di mettere a fuoco ciò che pensavamo di vedere già, ma in realtà appariva sfocato. Nei miei piatti cerco un’espressione più nitida ma più profonda dell'ingrediente: si ritrovano così elementi noti, riconoscibili, ma con un’intensità e una complessità maggiori.
La mia è una cucina che racconta bene chi sono ma è sempre funzionale al progetto in cui si inserisce. Si tratta di una “creatività utile”: dietro ad ogni creazione - da un piatto del Reale ad una Bomba - si può leggere il mio pensiero, ma ognuna lo esprime utilizzando dei linguaggi adatti al contesto. I risultati del grande lavoro di ricerca che svolgiamo al Reale vengono declinati nei diversi format; c’è poi uno scambio continuo tra i diversi progetti che si nutrono a vicenda, secondo un principio di vasi comunicanti.””
È nota la sua ricerca nel campo vegetale che riassume così: “Il lavoro sul vegetale apre degli orizzonti inesplorati. Mi trasmette un’adrenalina creativa incredibile e al tempo stesso richiede una precisione millimetrica. I risultati più sorprendenti si ottengono con gli ingredienti più comuni, come una carota o una cipolla. La mia cucina non è saporita nonostante sia leggera, è saporita in quanto leggera. Elimino tutto ciò che è superfluo per poter esaltare i gusti, renderli più puri. I sapori sono così più intensi e i piatti diventano più sani, il che è fondamentale: un cuoco non deve solo saper far bene da mangiare, deve anche far mangiare bene. Quando inizio a creare un nuovo piatto, non so mai esattamente dove voglio arrivare. Inizi a lavorare su un gusto, un profumo, una consistenza e dopo le prime prove, i primi assaggi, intuisci che qualcosa non funziona, cerchi di capire perché e questo processo ti porta dove non ti saresti mai aspettato. Lo stimolo per me parte da lì, dal cercare di cambiare le cose che non mi piacciono e dal rimettere in discussione anche ciò che è dato per assodato. Le mie stesse ricette sono in perenne evoluzione.”