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Confusion fra le stelle: la svolta di Italo Bassi

di:
Alessandra Meldolesi
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Chiusa dopo 27 anni la porta dell’Enoteca Pinchiorri, Italo Bassi, chef a tre stelle Michelin, infila la chiave del ConFusion, locale dedicato alla cucina contaminata, dove raggiunge la moglie Tatjana Rozenfeld e il cuoco giapponese Masaki Inoguchi.

Il Ristorante

La Storia di Italo Bassi 


Confusion: ha le idee ben chiare Italo Bassi, circa il suo futuro di cuoco. Da spendere sotto un soffitto di pesci palla che fendono la musica, fra divanetti rivestiti di pelliccia, statue di donne rosse e specchiere dorate. Arredi singolari per un cuoco del suo spessore, firmati dalla moglie russa Tatjana Rozenfeld, che quel locale abita già da tre anni, in veste di padrona di casa. Un angolo metropolitano sul lungadige di Verona, con un’offerta variegata che copre le 24 ore: al piano terra la caffetteria e il bancone arcuato sul modello di un sushi bar; al termine di una rampa di scale l’american bar con la distesa interminabile dei cuscini sotto le pareti di legno. Come un’isba, ma barocca.


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foto Tatiana Volobuevaper Verona Top Guide
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“Io e Tatjana abbiamo aperto il ConFusion a San Valentino nel 2013, per una scelta d’amore. Lei viveva a Verona e la città ci piaceva per il suo potenziale legato al turismo. È stato naturale puntare su una cucina che potesse rappresentare una passerella fra diverse culture: quella italiana come la russa, da cui lei proviene. Non essendo veronese, ma romagnolo, non potevo certo proporre le specialità tradizionali. Così per due anni e mezzo ho fatto avanti e indietro; quando l’Enoteca Pinchiorri era chiusa saltavo in macchina per dare una mano, come avrebbe fatto un consulente. Finché a novembre non ho deciso di consacrarmi interamente al nostro locale.

Nel frattempo la proposta si era evoluta e arricchita, in termini di ingredienti, tecniche, prodotti. ConFusion non equivale esattamente a fusion: vuol dire usare grandi prodotti italiani mixandoli con influenze globali, per esempio giapponesi. È stato nel 1992, lavorando all’Enoteca di Tokyo, che ho familiarizzato con le tradizioni asiatiche, grazie a un’amica e ai colleghi in brigata: mi hanno subito catturato l’essenzialità delle preparazioni, con pochi ingredienti e una grande tecnica nel taglio di carni, pesci e verdure; oltre all’estetica naturalmente, che è raffinatissima. Ma nella cucina ConFusion non mancano suggestioni latine, nordafricane e indiane; a volte può bastare qualche goccia di olio di sesamo o di essenza di rose per vivacizzare il piatto. Di Verona restano ingredienti come il riso e il baccalà; abbiamo persino tentato un sushi con la carne di cavallo.


Per me è stato come tornare al Trigabolo, dove nel 1988 lavoravo come qui, senza celle, facendo la spesa ogni mattina e cucinando tutto espresso. Prima del servizio c’erano solo due pentole di acqua sul fuoco e quando arrivavano i clienti scattava il delirio. Magari Giacinto Rossetti portava le sue cose, le folaghe, i fischioni, il fegato grasso di Guido Bruzzo e la cucina seguiva: puro rock con tanta spontaneità e una buona dosa di improvvisazione, che qui non manca. Io e Masa siamo pronti in qualsiasi momento a improvvisare alternative alla carta, come un menu Masa o un meno Italo, in base alla conoscenza dell’ospite.


Dell’Enoteca invece, dove mi sono fermato per 26 anni, sopravvivono tante tecniche e tour de main, perché non si inventa una cucina dal nulla; vedi la cottura del polpo confit in extravergine o il fegato grasso preparato nel sale di Cervia affumicato. Con la differenza che i piatti sono più semplici, anche nella composizione, e non subiscono nessuno schema di abbinamento con il vino: non è più necessario evitare picchi di sapidità o acidità, oppure ingredienti come i carciofi crudi; mentre tornano disponibili prodotti più ‘umili’. Quella di Firenze era una cucina impostata per quanto contemporanea, rigorosamente stagionale e incentrata sul territorio. Mentre qui spaziamo nel tempo e fra i continenti. Usiamo l’extravergine toscano o quello veronese, più delicato, il pesce fresco italiano, ma anche il miso, lo yuzu e le alghe giapponesi.

Con me fin dall’inaugurazione c’è Masaki Inoguchi, un cuoco giapponese che si è formato in un ristorante classico, dove per anni si è limitato ad affilare coltelli. Quando l’ho conosciuto lavorava in Italia come chef di un ristorante giapponese, ma aveva voglia di crescere e allargare i suoi orizzonti. Lo considero un alter ego per la formazione e il bagaglio di esperienze; ammiro il suo rispetto per la materia prima, il senso del gusto e della presentazione. Ed è con lui che metto a punto tutte le ricette: partendo magari da un prodotto del mercato o da un’idea estemporanea, applichiamo una cottura veloce, tentiamo qualche accostamento e assaggiamo insieme, cercando la nota croccante o acida che può mancare. Tatjana in tutto questo è la mia musa: funge da tramite fra la cucina e la sala, propone gli abbinamenti e segue la cantina”.

 

I Piatti

I menu degustazione sono due: Mare, con 5 portate a 65 euro, e Mare profondo, che ne conta due in più a 85; sono composti classicamente di antipasti freddi, caldi, primi, secondi e dessert, la cui sequenza alterna paradigmi e dominanti gustative, per un effetto di totale ConFusion. Poi ci sono piatti giapponesi che non hanno subito nessuna rivisitazione, come il sushi, preparato da Masa con un riso di varietà giapponese ma coltivato in Italia, quindi più fresco, secondo il modello di Kyoto, che prevede un condimento dolce. Soprattutto maki e nigiri, più riconoscibili dal pubblico italiano e anche più orecchiabili, perché sono serviti spennellati di una soia ingentilita dal mirin e già insaporiti con il wasabi, mentre le alghe sono ridotte al minimo indispensabile.


La stoffa di Italo veste lo Yin e yang di gamberi rossi e quinoa con avocado, latte di tigre al mango, testa fritta per il crunch e caviale in omaggio a Tatjana. Un antipasto freschissimo dalla presentazione impattante, che monta motivi familiari e innovativi. Oppure il polpo, cotto secondo una tecnica in uso all’Enoteca, confit per 4 ore ma nell’extravergine, in omaggio alla toscanità, e poi tostato sulla plancha. Viene servito con un contorno extrastagionale di fagiolini profumati all’aglio, una crema di peperoni rossi e una squisita salsa giapponese denominata “yuzukosho”, composta di yuzu e peperoncino verde giapponese, per la nota aromatica, acida e piccante che sveglia il piatto.

La tartare di tonno rosso con mandorle tostate e coriandolo è presentata come un maki, ma avvolto nella pasta di riso, con una guarnizione di tuorlo d’uovo abbattuto e marinato nella soia, dalla consistenza piacevolmente burrosa, e fiori piccanti di wasabi, utilizzati in Giappone nelle zuppe al posto della radice, su un letto di guacamole. Mentre le mazzancolle sono fritte avvolte in un manto di spaghetti di riso e servite con una salsa tipo tzatziki, cubetti di cetriolo e una spolverata di pepe sansho, scelto perché più aromatico che pungente.


I primi sono nettamente più italiani: per esempio il risotto con Amarone, radicchio, liquirizia e Taleggio, un piatto ispirato al territorio che trova il suo bilanciamento nel contrasto fra i diversi amari e la grassezza.

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r />Fra i secondi il salmone cotto a bassa temperatura ma brevemente, avvolto in alga kombu e servito con salsa al curry verde, purea di patate all’extravergine toscano e fiori di loto croccanti. Oppure l’uovo Villeroy, cotto poché, impanato nel panko e fritto, come si usava anche al Trigabolo, servito con una guarnizione di zucchine alla menta, per rintuzzare il frescume, e salsa al Parmigiano. Da perfezionare nella cottura.


In chiusura le palline di pecorino fresco impanate nel carasau leggermente tostato, con crumble di sesamo, gelato al caramello salato, salsa di lamponi e una decorazione in zucchero: la classicità del formaggio a fine pasto, ma con un’altra freschezza.

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r />In cantina sono pronte per l’abbinamento 120 referenze, fra cui una quarantina di Champagne; con l’alternativa dei cocktail della casa approntati da due barman, per esempio il Milord ConFusion con gin Hendricks, fiori di sambuco, succo di mela verde, tè al gelsomino, cetriolo e menta sugli antipasti di mare.


Le fotografie sono di @Aromicreativi

 

Indirizzo

Confusion Restaurant

Via Ponte Nuovo 9 – 37121 Verona

Tel. +39 045 4624806

Mail: info@confusionlounge.it

Il sito web del ristorante Confusion

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