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Amaury Bouhours, lo chef che a 33 anni guida Le Meurice di Alain Ducasse

di:
Alessandra Meldolesi
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Chi è Amaury Bouhours, il giovane chef che Alain Ducasse ha voluto a capo del suo Meurice, uno dei palace più prestigiosi di Parigi.

L'intervista

Fra le innumerevoli doti di Alain Ducasse, c’è sicuramente quella del talent scout, capace di piazzare la pedina migliore nella casella giusta. L’ultima si chiama Amaury Bouhours, ragazzo di 33 anni, già promosso executive di uno dei palace più prestigiosi di Parigi, Le Meurice, e del relativo fine dining a due stelle Michelin.



La sua è una storia singolare: da bambino Bouhours non mostrava grande inclinazione per gli studi, fu quindi con sollievo che a 14 anni frequentò uno stage in macelleria. Esperienza concreta, manuale, che lo fece volare all’alberghiero di Soissons. Poi l’incontro karmico con Alain Ducasse e uno stage di sei mesi al Louis XV con Franck Cerutti, seguito dal passaggio al Plaza Athénée, dove ha fatto tutte le partite ed è stato promosso chef de partie da Christian Saintagne, prima dell’arrivo di Romain Meder.


Due anni da secondo al Lasserre e finalmente ecco il ruolo di chef adjoint di Jocelyn Herland al Meurice. “Ed è stato allora che ho capito di voler fare lo chef. Quando hai trascorso 10 anni in due o tre stelle, nei palaces, ti dici che non l’hai fatto con altri fini, che diventare chef di palace…. Quando Jocelyn si è spostato al Taillevent, ho preso il posto di chef executive… tre giorni dopo il lockdown”.


All’inizio la presenza di Ducasse poteva intimidirmi. Ma al Meurice godo di totale libertà. Oggi gli assaggi non sono più come prima. Ogni volta che lo chef passa, gli presento nuovi piatti, ne discutiamo, ci scambiamo osservazioni. Lo chef Ducasse ha sempre dato una chance ai giovani. Da Meurice il direttore di sala Olivier Bikao ha 33 anni, il sommelier Gabriel Veissaire 34, lo chef pâtissier Cédric Grolet 36… Ed è un precursore, dalla notte dei tempi. Vedi la ‘naturalité’, con la proposta al Louis XV di un menu interamente vegetariano molti anni fa. Cosa che oggi fanno tutti”.


Iniziare in lockdown, paradossalmente, mi ha dato modo di riflettere. Con lo chef Ducasse abbiamo fatto molte cose per il personale di cura, abbiamo tenuto corsi per le donne isolate e i disabili… In cucina ho avuto la possibilità di partire da un foglio bianco. Abbiamo stabilito rapporti con i produttori in sofferenza. Un cuoco e le case come la nostra giocano un ruolo nei loro confronti. Abbiamo lanciato l’asporto, i cesti di prodotti per sostenere i fornitori e abbiamo arricchito la rete, approfondito le relazioni umane. Cosicché all’apertura è stato un autentico boom. I produttori, dal canto loro, non sapendo quando sarebbe caduta la ripartenza, non avevano anticipato, seminato, piantato… Ho affrontato il problema al contrario con una cucina stagionale. I produttori mi inviano ciò di cui dispongono nella sua piena maturità. Occorre maggiore organizzazione, ma ne vale la pena. Sono molto attaccato al patrimonio francese, che noi giovani chef dobbiamo tenere in vita”


Il risultato è una cucina francese contemporanea fondata sul prodotto, abbastanza spinta nei gusti (amaro, acido, affumicato, iodato, speziato) e visivamente quasi bruta, comunque fresca e intrigante, poco incline al compromesso. Meglio la sartorialità di menu composti dal cliente in prima persona, pescando 5 o 7 piatti dalla carta con i consigli della sala. La cucina è passione, ogni mattina con i miei aiutanti facciamo delle prove. Non bisogna fermarsi, chi si siede sugli allori è morto, la creatività è un muscolo da allenare ogni giorno… Nel fine dining non utilizzo sottovuoto né estrazioni, per quanto interessanti. Dobbiamo continuare ad arrostire e brasare, fare scuola ai giovani, senza per questo essere chiusi alle novità. Per esempio, usiamo un barbecue giapponese che è meno aggressivo, facciamo fermentare i prodotti di stagione in conserva, come si faceva un tempo, quando mancavano i frigo. Oggi molta gente fa bene da mangiare. Per creare un valore aggiunto e differenziarsi, bisogna trasmettere un’emozione. In realtà siamo venditori di ricordi. Quando vi alzate per pagare, portate con voi le memorie che avremo saputo ispirarvi”.

Fonte: lesechos.fr

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Foto di copertina: Crediti DR

Foto nell'articolo: Crediti Le Meurice

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