“È stato qualcosa di incredibile: non solo siamo arrivati quindicesimi, ma abbiamo riportato il premio per la maggiore progressione in classifica”. Riccardo Camanini racconta l’exploit ai 50 Best e i progetti per il futuro di Lido 84.
L'intervista
In attesa di accaparrarsi i funghi raccolti dai locali (“che non hanno niente a che vedere con quelli sul mercato”) per partire con il nuovo menu autunnale, un Oscillazioni che vola sulle ali di altri due Oscillazioni laterali per gli habitué, Riccardo Camanini ha finalmente incarnierato qualcosa di grosso.Già premiato due anni fa, all’ultima edizione pre-covid dei 50 Best, come One to watch e settantottesimo in classifica, quest’anno è stato chiamato a presenziare ad Anversa, segno che in pentola bolliva ben altro. E se non ha un gran senso domandarsi chi sia il più grande cuoco italiano (sarebbe come dichiarare che è meglio il rosso del blu), da tempo chi si sedeva a Lido 84 aveva l’impressione che Camanini non fosse secondo a nessuno.
“Le posizioni non le conoscevamo”, racconta con la stessa eleganza e misura dei suoi piatti, che hanno conquistato la critica italiana all’unanimità o quasi. “Il primo giorno ci sono stati gli interventi dei big della hall of fame, poi ieri alle 4 e mezza è iniziato il gala con il conto alla rovescia. Io e mio fratello Giancarlo non sapevamo nulla del premio, presumevamo di essere entrati nei primi 50, visto che eravamo stati chiamati, ma non avremmo mai pensato di andare oltre la trentesima posizione. Quindi al numero 30 abbiamo iniziato a sentirci molto fortunati, direi quasi agitati. Perché diventa una preoccupazione e una responsabilità essere all’altezza delle aspettative, per un ristorante a conduzione familiare partito 6 anni fa, che non ha né le dimensioni né i mezzi dei colossi. Dal canto suo l’ospite fa ragionamenti legati al ranking, mentre in classifica si trovano eccellenze con un’identità propria”.
È finita che siete finiti davanti ai 3 stelle.
“È stato qualcosa di incredibile: non solo siamo arrivati quindicesimi, ma abbiamo riportato il premio per la maggiore progressione in classifica. La cosa che ci ha fatto più piacere è stata vedere che Alajmo, Crippa, Bottura, Romito, Uliassi e Niederkofler si sono stretti attorno a noi. Personalmente li avevo sempre guardati con grande ammirazione, per la capacità di cavalcare la scena e la qualità costante nel tempo. I loro complimenti sinceri sono stati un grande stimolo per noi. Ma in generale bisogna osservare che tutta l’Italia è cresciuta, loro stessi hanno scalato posizioni. Significa che la nostra cucina viene guardata con grande interesse. Ed è una cucina realmente italiana perché sono tutti interpreti dotati di sensibilità e identità diverse, capaci di essere autori in senso forte”.
Questo riconoscimento cambierà Lido 84?
“A questa domanda, mi viene in mente Marchesi. Ricordo che una volta mi ha fatto sorridere, mi ero permesso di chiedergli con molta discrezione cosa si provasse ad avere tre stelle. Lui mi ha detto che la Michelin, annunciandogli il punteggio, gli aveva detto che non doveva cambiare niente e che se era arrivato così in alto, era perché aveva lavorato in quel modo. Già il premio One to watch ha avuto una ripercussione immediata sulle prenotazioni, con una clientela diversa, in larga parte extraeuropea. Ma noi ripartiremo dalle nostre progettualità di crescita, che sono ancora molto ampie, cercando di colmare le lacune che sentiamo di avere. Significa ridurre un po’ i coperti, mettere in essere situazioni di accoglienza e di cucina che ci identifichino meglio, poi gli abbellimenti in una casa non finiscono mai. Ci sono mille progetti ancora da realizzare. L’anno scorso a inizio anno abbiamo fatto il nostro business plan, che ci ha consentito di rifare i velluti, la torretta, remunerare degnamente la manodopera nonostante il covid. Quest’anno alla riapertura faremo lo stesso.
Mentre scoppiava la bistronomia, Bob Noto sosteneva che Lido 84 fosse il vero esempio di cucina democratica. Alzerete i prezzi?
I nostri menu costano 85 e 95 euro da due anni, potrebbero subire leggeri ritocchi ma questo tipo di offerta ha portato risultati; quindi, non vedo la necessità di fare strappi. Problemi di personale non ne abbiamo: a parte un paio di stagisti, i ragazzi sono tutti assunti e stabili. L’anno scorso è partito solo Manuele Menghini, che abbiamo sostituito con un sommelier belga, Jonathan Gillet.
La scelta dei 50 Best è significativa di uno smarcamento da Michelin, un po’ come ai tempi del Canto di Paolo Lopriore, quando ha sanato un vulnus.
Nutro una grande stima nei confronti di Paolo Lopriore, è un autore di grande spessore e quando posso mi piace molto andare a mangiare da lui. Ma chiunque mi conosce, non ha mai visto frustrazione in me. Neppure quando per 16 anni a Villa Fiordaliso ho fatto i miei banchetti. Ogni classifica ha le proprie metriche e noi le accettiamo con maturità, cercando di migliorarci. Certo mi farebbe piacere se Michelin mi promuovesse, come tutti i cuochi della mia generazione sono cresciuto con queste ambizioni, le stelle erano e sono rimaste il traguardo più ambito.