Tante le iniziative solidali promosse dalla chef negli ultimi anni, dall’assunzione di rifugiati pro-venienti da paesi in guerra all’apertura di una microgelateria gestita da donne vittime di vio-lenza domestica. Progetti che, nei prossimi mesi, riceveranno il supporto di 50 best grazie a una raccolta fondi dedicata.
La Notizia
“Quando mi hanno comunicato il conferimento di questo premio, sono caduta dalle nuvole. Non sapevo nemmeno che esistesse, visto che è il primo anno”, confida Viviana Varese con la consueta carica di entusiasmo, per nulla scalfita da 18 mesi di pandemia. “Quello che stiamo attraversando è un periodo complicato, in tanti hanno perso tutto; è naturale cercare nuove motivazioni per continuare a fare quel che si fa”.Tonno scottato agli agrumi di Villadorata, cappero di Salina Presidio Slow Food e olive- Crediti Azzurra Primavera
Il suo impegno, del tutto disinteressato, è stato esente da smanie di visibilità; tuttavia, non è sfuggito ai 50 Best, nel momento in cui si sono trovati a dover scegliere chi premiare per aver perseguito nobili cause nel quadro dell’iniziativa 50 Best Recovery. Con lei hanno proclamato Champions of Change Kurt Evans, chef statunitense attivo nella lotta contro l’incarcerazione di massa, e Deepanker Khosla, che durante la pandemia ha trasformato il suo locale a Bangkok in una mensa per le persone in difficoltà, offrendo agli immigrati opportunità di lavoro.
Manzo di Fassona piemontese presidio Slow Food alla pizzaiola con pomodorini di Pachino, origano e maionese leggera all'aglio- Crediti Azzurra Primavera
“Il mio impegno è iniziato inconsapevolmente”, racconta Viviana. “Essendo donna, ho subito catalizzato un’importante richiesta di lavoro femminile. Se ho sempre avuto tante collaboratrici in cucina, è stato perché ricevevo più curriculum da parte di persone che volevano sentirsi protette rispetto ad altri contesti, in cui si sarebbero trovate in minoranza. Essendo anche dichiaratamente omosessuale, dopo l’assunzione, in cui non ho mai chiesto informazioni sull’orientamento sessuale, ho spesso scoperto di aver preso con me altri omosessuali, che magari altrove erano stati maltrattati e bullizzati. Quindi senza volerlo o cercarlo mi sono ritrovata con una squadra mista. E da quel momento le mie scelte hanno iniziato a essere più consapevoli”.
“Tre anni fa ho iniziato ad assumere rifugiati con l’UNHCR, inserendoli nel lavoro, prima in stage, poi stabilmente in brigata. Spesso ragazzi con storie drammatiche alle spalle, arrivati sui barconi; due in particolare, un ghanese e un senegalese, sono stati scelte bellissime. Portavano su di sé tante ferite e ora fanno i cuochi”.
“Poi è venuta l’idea della microgelateria in piazzale Bacone, con la produzione al ristorante e la mantecazione in loco, senza sedute (grazie al premio Champions of Change, questo suo nuovo progetto riceverà una donazione da parte di 50 Best for Recovery, iniziativa lanciata lo scorso anno per sostenere l’industria ricettiva anche attraverso una raccolta fondi, ndr).
“È un lavoro alla portata di tutti, ma mi piaceva in particolare che a svolgerlo fossero delle mamme, perché i clienti più importanti sono i bimbi. Quindi mi sono rivolta ai servizi sociali e a CADMI, casa di accoglienza delle donne maltrattate, a Milano: a lavorarci dal prossimo autunno saranno vittime di violenza domestica, anche rifugiate attraverso l’UNCHR. Per pagare gli stipendi utilizzeremo i fondi del premio, sotto il controllo di un commercialista che stilerà un report sul loro impiego”.
Granchio imperiale al lime con zuppetta di piselli, gelatina di menta e prezzemolo- Crediti Azzurra Primavera
Ma non è finita: Viviana il 1° giugno ha aperto la sua seconda casa in Sicilia, W Villadorata, dove ha assunto in particolare personale over 60, che aveva perso la precedente occupazione. “Mi ha subito conquistata l’idea di disporre di 20 ettari di terreno, con un orto che a Milano sarebbe impensabile, le mandorle sull’albero, 800 piante di agrumi. Sud e natura. Ma voglio essere sostenibile anche in altri modi. Già avevo in animo di ridurre gli orari di lavoro: facciamo al massimo 48 ore a settimana, anche a Milano, dove ho deciso di chiudere un giorno in più per tenere unita la squadra. E siccome l’orto non è abbastanza produttivo, mi sono rivolta alla cooperativa sociale a fianco, chiamata ‘Si può fare’, con la quale abbiamo piantato 100 semi. Mentre i piatti nuovi li ho fatti fare da un’altra cooperativa, Eta Beta di Joan Crous".
Suino nero dei Nebrodi presidio slow food con verdure scottate, crema di formaggio scirocco, melassa di fico e pesca- Crediti Azzurra Primavera
"Lo sforzo è quello di comprare un po’ tutto da piccoli artigiani, per muovere la microeconomia locale. Ed è un’esperienza che durerà: stiamo già pianificando la cucina e l’orto per il prossimo anno. Tre volte a settimana cuociamo tutto nel forno a legna o al barbecue, usando una signora legna, potature di mandorli e aranci. Per me è un po’ come tornare alle mie origini di pizzaiola”.