Quella di Mauro Uliassi è la vittoria di un modello di ristorazione atipico, imperniato sul lavoro di gruppo, sull’antidivismo e sulla creatività organizzata.
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3 Stelle Michelin a Mauro Uliassi
È una Michelin giovanissima, quella uscita dallo showdown del 16 novembre a Parma: giovanissimi gli stellati premiati, ma giovane anche lo stile di cucina attenzionato dalla veterana fra le guide, sempre più propensa a sdoganare i bistronomici (vedi Bros’ e Abocar) e avallare una ristorazione se non avanguardista, poco ci manca. Il rinnovamento innescato dalla direzione di Sergio Lovrinovich prosegue, ma non è apparso scontato fino all’ultimo che a giovarsene fosse Mauro Uliassi, ufficiosamente candidato alle 3 stelle ormai da 4 anni.
Chiamato a cucinare per la cena di gala, se ne è sorpreso egli stesso quando Floriano Pellegrino ha intercettato al mattino una copia vagante della guida, prorompendo in un’esclamazione di giubilo. Passata per le mani di Bottura, la pagina è quindi approdata sotto i suoi polpastrelli tremebondi. Ci ha scherzato sopra la stessa Michelin, quando al momento clou ha finto una dimenticanza dei presentatori in un siparietto ad alto tasso di suspense. Ma Mauro Uliassi è un cuoco popolare come pochi e la promozione è diventata in breve tempo una festa di tutta la cucina italiana.
Popolare perché antidivo: niente uffici stampa tentacolari, nessun ristorante satellite attorno alla maison di Senigallia (una scelta controcorrente in questi tempi di spin-off selvaggi – del resto sarebbe difficile replicare altrove perfezionismo e perfezione). Lui stesso qualche tempo fa raccontava di come fosse indispensabile, di fronte al successo, restare con i piedi per terra e contrastare il proprio ego. Al punto da farsi arbitro e portavoce di una creatività orizzontale e di gruppo, organizzata in forma di Lab annuale sul modello spagnolo, dove la relazione non è più fra lo chef e il suo secondo: a cofirmare i piatti, frutto di prove e brainstorming a porte chiuse, sono Mauro Paolini, Luciano Serritelli, Michele Rocchi e Yuri Raggini. Quasi tutti collaboratori di lunga data, fra i più fidelizzati della cucina italiana. E anche questo è irrituale. A chi gli chiedeva se non desiderasse un ristorante in proprio, Paolini a suo tempo rispondeva: “Perché mai? Qui sto troppo bene”. Tanto che ha finito per sposare la bellissima sorella di Mauro, Catia, che guida con eleganza la sala.
È il miracolo di un ristorante qualunque, nato come locale popolare sulla spiaggia, che anno dopo anno ha alzato il tiro, e di uno chef che si è fatto le ossa negli alberghi, fuori dalle genealogie costituite. Forse per questo abilissimo nell’intercettare il gusto della clientela, sfruttando le conquiste dell’avanguardia italiana e internazionale, senza mai indulgere all’autoreferenzialità e all’avanguardismo spinto. “Siamo partiti 30 anni fa con un entusiasmo genuino, cercando il consenso innanzitutto del cliente. Ci interessava riempire il ristorante, per dimostrare che potevamo rientrare dagli investimenti. Ma le guide erano l’ultimo dei nostri pensieri: ci andava bene il frizzantino alla spina, senza complessi. La stella tuttavia è arrivata in fretta, perché una volta avviato il ristorante è stato naturale cercare di fare un po’ meglio, investire, ristrutturare, spostare l’asticella. Fino a oggi. Ed è quello che consiglio a chi si avvia alla professione.
Non sappiamo nemmeno come festeggiare: c’è ancora un’emotività che ci sconvolge. Il regalo più bello è stata la felicità dei ragazzi, vederli così stravolti, con la luce negli occhi. E poi la gioia degli altri, la felicità e l’affetto da cui ci siamo sentiti circondati, senza affettazioni. Penso ai miei figli Rosa e Filippo, a chi c’era a Parma e anche a chi è rimasto a Senigallia. Ci hanno mandato uno striscione ricavato da un lenzuolo, con scritto Uliassi 3 stelle 10, che hanno appeso sul mosaico. In questo senso Michelin è stata abilissima, con una comunicazione veloce e virale: lo streaming in mondovisione attraverso i social ha coinvolto anche chi magari non sarebbe stato interessato. Un’onda pazzesca di gente insospettabile si è complimentata.
Sappiamo di essere un tre stelle anomalo: non abbiamo i crismi del Louis XV o di Pinchiorri, ci mancano la ridondanza e la grandeur. Ma è il frutto del cambiamento di rotta compiuto dalla guida negli ultimi anni, la dimostrazione che gli ispettori valutano solo il piatto, veramente. Un cuoco che comincia a farsi notare è subito bersaglio di una valanga di possibilità: ti saltano addosso per consulenze, cooking show, libri e programmi televisivi. Sarà l’età, che riduce le energie e induce a fare scelte, ma dopo che aver provato una start-up a Hong-Kong, abbiamo subito capito che c’erano responsabilità legate al nome ed energie da non disperdere. Quindi abbiamo lasciato stare. Ma anche fare TV, lontano da Milano, sarebbe stato impossibile.
Abbiamo scelto di concentrarci esclusivamente sul ristorante e siccome ci occupava fino a 12 ore, abbiamo deciso di restare chiusi per due giorni a settimana e questo ha portato un’energia pulita. Come il Lab, che ci rigenera attraverso il pensiero, ha un costo ma porta piacere e spinta propulsiva. Una positività che ha creato un’onda, la quale a sua volta ha prodotto quello che ha prodotto. Il futuro? Michelin ci ha detto di non cambiare niente e continuare come abbiamo sempre fatto. Ed è qualcosa che in fondo ci conforta”.
Foto di copertina di Gianluca Poli