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Bologna e l'evoluzione dell'osteria: ecco i Cocktail Restaurant firmati Amato, Castiglione, Montanari

di:
Alessandra Meldolesi
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localibologna

La metamorfosi dell’osteria 2.0 con cucina e mixology secondo Salvatore Amato, Salvatore Castiglione e Pietro Montanari.

La Notizia

C’era una volta Giuseppe Maria Mitelli


e il suo gioco novo di tutte l’osterie, incisione in stile gioco dell’oca con 49 esercizi bolognesi, alcuni dei quali tuttora in attività. Il pedone, ovvero il pubblico, dal ‘700 non è cambiato un granché: cerca sempre l’aperitivo conviviale quando scende il sole e poi un corroborante ristoro; ma sulle pedine nomi e simboli sono drasticamente mutati. Oggi a troneggiare sono shaker e strainer: è l’osteria bolognese 2.0. Il primo ad averlo intuito, mentre la ristorazione locale continua a boccheggiare, è stato Bruno Barbieri, che al Fourghetti ha dato il via al rinnovamento in una città sempre più bella, turistica e internazionale, ma pur sempre abbarbicata ai suoi usi e costumi. E oggi è tendenza, con inedite opportunità per la cucina d’autore.

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Al bancone del Fourghetti, per esempio, officiava fino a qualche tempo fa Salvatore Castiglione, vecchia conoscenza della mixology italiana, discepolo del guru del Martini Cocktail Mauro Lotti. Da qualche giorno lo si trova al DolceSalato, in centro che più centro non si può, fra le sette chiese e le due torri. Una location  turistica e prestigiosa per quello che è un bistrò, dove mangiare la pasticceria di Gabriele Spinelli e piatti caldi a qualsiasi ora del giorno, come finora si usava solo all’estero. “Cercavo un’atmosfera più elettrica, l’adrenalina senza tempi morti di un bistrot. E dalla proprietà ho avuto tutti i mezzi per far bene, l’opportunità di allontanarmi per frequentare e tenere master class, nuovi strumenti per sperimentare. Queste per esempio sono botticelle in legno di rovere da 10 litri, dove sto invecchiando due cocktail, il Negroni e il Manhattan, a rotazione. L’idea non è mia: ha iniziato un collega inglese. Ma io ho pensato di applicarla all’argilla, come si fa con l’anfora. Se il legno trasmette i suoi sentori boisé e nel tempo smussa, arrotonda, armonizza, dall’argilla mi aspetto meno cessioni ma ancora più velluto. Staremo a vedere”. Poi ci sono i drink imbottigliati con l’azoto, in modo da scongiurare l’ossidazione, e chiusi con il tappo a corona, per velocizzare il servizio e anche per l’asporto. Attualmente il Negroni con l’amaro al cardo gobbo.

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La cucina mette a disposizione una breve carta di specialità vagabonde, fra cui i bocconi, tapas in stile Boccone del Prete (il titolare è socio), insalate e piatti della tradizione bolognese e italiana. Ma Salvatore prepara da solo i suoi topping, ad esempio estrazioni, pomodori a bassa temperatura e crema allo zafferano. Perché ormai il bartender è un po’ chef e perfino contadino: è in allestimento un orto presso Podere San Giuliano con erbe e ortaggi, come i carciofi. Una sezione della carta elenca i signature (10 proposte al prezzo di 15-18 euro); poi ci sono i classici e soprattutto tre monumenti in diverse interpretazioni: il Negroni (premium, old, affumicato…), il Martini (imperdibile l’oyster), il Gin Tonic. E una carta di Champagne al calice che sta spopolando, da Laurent Perrier a 12 euro a Krug e Dom Pérignon 2009, a 45 o 40 euro.

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Erano già su questa strada I Conoscenti, partiti con la consulenza di Alberto Faccani. Da giugno (ma in sordina) il testimone è passato a Salvatore Amato, già secondo di Angelo Sabatelli e chef del 5, ristorante ormai chiuso di Enrico Bartolini a Fico. In carta sono rimasti i sidecar, assaggi gourmet disponibili per l’aperitivo, fino alle 20 e 30; poi inizia la ristorazione vera e propria, di stampo prettamente mediterraneo, anche perché la proprietà è tarantina. “La collaborazione con il bartender Edoardo Greco è intensa: lavoriamo all’abbinamento piatto-cocktail attraverso infusioni a base vegetale. Sulla tartare di ricciola con maionese al lime, per esempio, serviamo due drink con infusioni di lattuga nel gin o nella tequila, tipo Margarita. Ma i cocktail sono una cinquantina, più una carta dei vini da oltre 50 referenze. L’esperienza con Bartolini mi ha aperto gli occhi su una cucina più internazionale; con lui ho viaggiato, ricevuto enormi stimoli e approfondito la conoscenza delle materie prime. Ma qui sono plenipotenziario, ed è un progetto che mi piace: un vero bistrot alla francese, dalla cucina via via più strutturata. In questo anno di vita si è sviluppato pian piano e crescerà ancora, con le camere al piano superiore”.

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Fra i nuovi piatti risaltano la linguina integrale Benedetto Cavalieri con gamberi rossi, liquirizia e lime, il petto di anatra con salsa di lamponi e cavoletti di Bruxelles, la zuppa di ceci con tubettini e ragù di seppie di Porto Santo Spirito. Lo scontrino medio (2 piatti, dolce e cocktail) è di 50 euro.

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Ed è recentissima anche l’inaugurazione della Locanda Celestiale di Celestino Salmi, storico bartender petroniano, e Alessandro Chionsini. Un locale sviluppato attorno all’imponente bancone, dove ha trovato posto la cucina del giovanissimo Pietro Montanari, esponente della popolosa generazione Cremona, con trascorsi al fianco di Giancarlo Perbellini. Dato un taglio netto alla Cesoia, il ristorante di famiglia recentemente venduto, si appresta ad aprire qualcosa di suo in scala mignon (una trentina di coperti “come dico io, fin nei minimi dettagli”); ma nel frattempo ha deciso di prestare le sue skills ai due, impostando la cucina, leggermente semplificata rispetto al passato: una consulenza con il cronometro in mano. “Seguendo le direttive di Celestino e Alessandro, curo solo il ristorante, neppure l’aperitivo. È un menu molto semplice, molto italiano, salvo sporadiche eccezioni, con due o al massimo tre ingredienti per piatto. Ad esempio gli spaghetti aglio, olio e peperoncino senz’aglio, con pesto di aglio orsino, tulbaghia ed erba pepe; il baccalà mantecato classico e il cacciucco scomposto; l’eel burger a base di anguilla; le tagliatelle o i tortellini filologici e un filetto al Porto alla francese. I dolci sono tradizionali, come zuppa inglese e gelati. Gli antipasti costano fra 9 e 12 euro, i primi fra 12 e 16, i secondi fra 17 e 20, tranne il filetto a 24. Stiamo lavorando all’integrazione con i cocktail, per cui preparerò alcune basi. Lo facevo già alla Cesoia con un barman bravissimo”.

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