Trendy Restaurants

Scapigliatura Berlinese: al Tulus Lotrek di Max Strohe e Ilona Scholl

di:
Alessandra Meldolesi
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“Dirty, pretty, flavour blending”: così Max Strohe e Ilona Scholl definiscono il loro Tulus Lotrek, ristorante con una delle cucine più personali di Berlino

La Storia

Il Tulus Lotrek di Max Strohe,


è un concentrato di Stimmung berlinese. Ristorantino né sopra né sotto le righe, piuttosto estraneo alle quadrettature gastronomiche che qualcuno si ostina a disegnare sopra le mappe tedesche. Nel quartiere ad alto voltaggio di Kreuzberg, lontano decibel-luce della movida hipster, si affaccia su una stradina tanto ordinata quanto appartata, al primo piano di un condominio bianco. Al punto che per un istante viene il dubbio di aver sbagliato indirizzo, tanto è affabile il trantran degli isolati.

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Ma il Tulus Lotrek è proprio lì, in Fichtestrasse. Raccolto e caldo, con i suoi tavoli in legno nudo e la grande parete fitta di motivi boschivi, al pari delle divise di sala. Gli assi di parquet e le carte da parati sono stati srotolati a suo tempo dai titolari in persona, intenti a rifinire con l’ultima pennellata un sogno audace, coltivato dormendo per un anno e mezzo in ufficio, senza riscaldamento nei rigori dell’inverno nordico. Come gli ultimi scapigliati di Berlino.

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Non era infatti scritto il successo di un self-made chef, mai passato per le brigate dei grandi. Figlio di un papà antiquario, mancato troppo presto, e cresciuto in Renania con il profumo di arrosto e gli Spaetzle della nonna, Strohe era approdato alla cucina un po’ per caso: “A scuola arrancavo, così quando mi offrirono 700 marchi per un tirocinio, non ebbi esitazioni”. Una formazione ultimata presso l’Hotel Restaurant Hohenzollern di Bad Neuenahr-Ahrweilen, il cui chef Gerd Lanz, precedentemente stellato, era particolarmente versato nelle basi classiche francesi. Cuoco in un ospizio, poi a Creta, poi di nuovo all’Hohenzollern con uno chef più democratico, nelle vesti di entremetier e poi saucier su una Molteni fiammante, Strohe nel 2008 aveva subito l’attrazione della capitale. E mentre si faceva le ossa in locali senza pretese, da The Grand a Frau Mittenmang, a Parkstern, accumulava libri di cucina sul comodino: Tim Raue, Joachim Wissler e gli altri Meistersinger della cucina tedesca.

 Ilona Scholl<
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Nel frattempo, Ilona Scholl si laureava in letteratura, musica e media alla Humboldt University, raggranellando qualche mancia nei pub. Fino all’incontro con Strohe e alla decisione repentina di cambiare vita. Il varco del loro Tulus Lotrek aspetta i golosi dal novembre 2015, fra di essi gli ispettori che nel 2017 gli hanno conferito la stella Michelin. Ma già l’anno prima era arrivato il titolo di Berliner Masterchef, riconoscimento cittadino al miglior cuoco, seguito a ruota da quello per la migliore direttrice di sala.

Max Strohe<
Alejandra Loreto / localglobal
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Ed è invero prettamente berlinese, perché personale, libertaria e culturalmente ibrida, la cucina di Strohe, quanto mai renitente a qualsiasi affiliazione. Non rinnega certo le basi classiche, tradizionalmente egemoni in Germania, che fanno capolino qua e là; eppure è capricciosamente meticcia, nelle tecniche e nelle cineserie. Né manca l’identità tedesca, ben rappresentata dagli ingredienti del Brandeburgo, ma senza esclusivismi. Tulus Lotrek non è un ristorante “Blut und Boden”, come si usa qualche parallelo più a nord. Si tratta piuttosto di istinto e di piacevolezza, senza troppi lambiccamenti concettuali.

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Foto di Alejandra Loreto / localglobal
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A mio parere ci sono due forti tendenze nella cucina gourmet tedesca: un approccio artigianale con radici classiche e il nuovo regionalismo derivato dalla scuola scandinava”, commenta Strohe. “In entrambi i casi grande importanza va alla differenziazione degli elementi, approcciati non senza intellettualismo. Io cucino in modo diverso, più emotivo e personale. I miei sono fondamentalmente piatti di pancia. Quando riescono a far spegnere il cervello, in modo che i sensi abbiano la meglio, sento di aver raggiunto il mio scopo. Si tratta spesso di Napfgericht, cioè misture di sapori che sviluppano nuove immagini di gusto; le centro con tecniche diverse: ora classiche, come la brasatura e la griglia; ora di moda ma ancestrali, come la fermentazione e l’affumicatura; talvolta, ma più raramente, perfino molecolari”.

Il Ristorante

Da Tulus Lotrek


Nasce così anche il nome sull’insegna (storpiato per evitare fraintendimenti con l’ortodossia francese): dall’ammirazione per il pittore, che era uso tenere cene luculliane, cui invitava sindaci e prostitute, servendo loro grandi piatti stravaganti e caraffe d’acqua dove nuotavano pesci vivi, da alcolista conclamato. “Siamo certi che non sarebbe mai uscito in cerca dei timidi giochi aromatici della cucina leggera di verdure, attualmente in auge”, fantastica Ilona. “E noi serviamo filetti e tagli nobili con salse intense; siamo amici delle magie del burro e nemici dei contorni neutri che mirano a saziare. In caso di appetito, meglio ordinare altri due piatti e stappare la prossima bottiglia”.

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In questi due anni la rete del menu non ha trattenuto alcun signature, che per Strohe equivarrebbe a noia. Cambia regolarmente per blocchi di 7 ricette, in modo da tener dietro alle stagioni senza stravolgimenti nella routine di lavoro. E non c’è alternativa ai due degustazione, uno dei quali vegetariano; è possibile tuttavia pescare 5, 6 o 7 portate a 99, 109 o 119 euro, con percorsi al calice altrettanto numerosi a 47, 56 e 63 euro, che spaziano per sorsi insoliti. Un’esperienza ogni volta irripetibile, visto che non c’è traccia di ricette scritte. “Quando tento di riprenderle a distanza, sento che la magia è andata irrimediabilmente persa”.

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La cucina tedesca non ha un’identità ben definita: è la sua debolezza e insieme la sua forza, nel senso che mancando aspettative e immagini di tipicità, possiamo reinventarla in modo personale. Ed è una libertà preziosa”, rivendica Strohe. Di fatto il pasto dipana contrasti prettamente nordici e continentali, con note agrodolci di matrice orientale che finiscono per parlare tedesco senza lo stimma del nazionalismo, sul filo empireumatico e tostato di un burro più o meno nocciola. Già Toulouse-Lautrec (quello con la matita) auspicava del resto l’avvento di “cuochi senza pregiudizi e anarchici che, nella composizione del piatto, riconoscessero solo le leggi dell’equilibrio, dettate dalla natura”.

I Piatti

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La cucina di Max Strohe


Succede nelle capesante scozzesi, servite con un dashi sempre di capesante, purea di sedano rapa per il territorio, uova di lompo per la sapidità e burro di camomilla spalmato sulla dolcezza. In abbinamento un Rioja Blanco “Castillo de Mendoza” Noralba 2016.

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Sgombro
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Così come nella ricciola australiana, marinata in sale e zucchero, arrostita sulla pelle e finita in forno. Viene servita con un beurre blanc a base di latte, burro ben colorito, quasi "bruciato", brodo di pesce e sciroppo d'acero, più caviale imperiale e prezzemolo, a metà strada fra la cucina classica e una salsa thai, anche visivamente. Chiama un Etna Bianco “Alta Mora” Cusumano 2016.

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Cavolo rapa
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È tanto complesso quanto elegante l’osso da midollo, farcito alla base con una tartare classica di manzo dell’Aubrac condita con tuorlo e senape, poi colmato con una crema di midollo alla panna e noce moscata. A fianco, per ripulire, attende una ciotola di brodo corroborante con il suo bollito sfilacciato, soia e funghi fermentati aciduli, miele e pepe. Ilona abbina un Blaufränkisch Toni Hartl 2013.

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Anatra
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Poi il cervo del Brandeburgo spadellato e grigliato, servito con crema di funghi shiitake fermentati, gel e scorza sottaceto di pompelmo, spezie e menta al cioccolato (fra le altre cose). Anche qui complessità e accordi sinfonici fra note in armonia, mai prevaricanti, a partire da un pattern classico (selvaggina e frutta, selvaggina e cacao). Nel bicchiere c’è un Future Sekt "Skin Contact" di Korab, Repubblica Ceca, blend di chardonnay e riesling millesimato 2015.

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Il dolce è un tiramisù deliziosamente cangiante ai porcini, anch’essi locali, composto di gelato al mascarpone, crema sifonata di funghi alla panna e cioccolato bianco, polvere di funghi, cacao e sale. Sposa un Don PX Pedro Ximénez Gran Reserva Bodegas Toro Albalá 1982.

Foto di copertina di Alejandra Loreto / localglobal

Indirizzo

Ristorante Tulus Lotrek


Fichtestrasse n 24 - 10967 Berlin (Kreuzberg)

Tel. +49 30 41 95 66 87

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