Il pesce “povero” del nord del Portogallo ha trovato un complice appassionato in Vasco Coelho, che promuove a sorpresa anche l’acquacoltura di qualità. “Solo così potremo mangiare tante varietà in futuro”.
L'opinione
A trentasei anni Vasco Coelho conta già fra i protagonisti della dinamica scena portoghese. È un successo il suo fine dining Euskalduna Studio, stellato a Porto; cui nel tempo si sono aggiunti il più informale Semea e la panetteria Ogi, che lavora solo il lievito madre. Titoli che strizzano l’occhio a Euskadi (dove figlio si dice “semea” e pane “ogi”). Una terra che ama, nonostante la storica rivalità fra cugini iberici.
Proprio nei Paesi Baschi, dopo diverse esperienze in patria, Coelho si è formato presso maestri come Andoni Luis Aduriz e Juan Mari Arzak (ma è passato anche a elBulli). “Nel 2010 il Mugaritz aveva uno stile molto personale di cucina, semplice e diretta. Mi ha conquistato. Era un buon prodotto con salsa ed erba, niente più”. Ed è tuttora il segreto dei suoi piatti, imbastiti su tre o quattro elementi. Di solito pesci e frutti di mare del nord del Portogallo, fin nel dessert: un gelato di asparagi con squame lavorate nello zucchero. “Non mi entra in testa di cercare carni da servire con il mare meraviglioso che abbiamo”.

Ricciola grigliata e pomodoro
“Voglio che la gente si accorga che si possono fare piatti meravigliosi con pesci meno noti, come il cefalo o varietà di acqua dolce. Non servo gamberoni o tartufi, sarebbe troppo facile. Voglio dimostrare che per avere una stella, non dobbiamo usare tutti gli stessi ingredienti. Cerchiamo di raggiungere l’eccellenza con piatti meno scontati”. Poi c’è la stagionalità: “Le persone devono capire che non possono mangiare spettacolari branzini da quattro chili tutto l’anno, perché non ha senso sprecare denaro facendoli arrivare dal Brasile. Se non ci sono, usiamo i merluzzi, altrimenti l’orata”.
Pesce frollato, salsa olandese e polvere di ginepro
Fonte: El Pais
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