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Obando, l’ex forno in rovina che ora fattura 5 milioni e vende ai top chef

di:
Alessandra Meldolesi
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Copertina panaderia obando

È un miracolo imprenditoriale quello compiuto dalla famiglia Obando, che ha trasformato un forno di paese, dove si impastava con gli asini, in un’azienda internazionale che rifornisce gli star chef.

La storia

Siamo abituati a pensare che il pane sia quella cosa che si scende a comprare la mattina nel forno sotto casa. Fresco, fragrante, appena sfornato. Ma non sempre è così. Se Niko Romito ha lanciato il suo pane da frigo, che dal laboratorio di Castel Di Sangro copre l’intera rete commerciale, in Spagna c’è un forno di eccellenza che spedisce in tutto il mondo. Un nuovo business, in controtendenza sul mantra della sostenibilità.

@Panaderìa Obando
Tutto ha avuto inizio in un ristorante vicino a Cadice, dove il noto chef José Andrés, già socio di Albert Adrià, accomodandosi a tavola si era imbattuto in un pane sorprendente, il pico rustico gourmet del panificio Obando di Utrera, vicino a Siviglia, decidendo su due piedi di farne il suo fornitore unico per i ristoranti negli Stati Uniti. Da allora l’espansione è stata continua, tanto in termini geografici, dalla Corea del Sud fino all’Australia, che in quanto a fatturato, giunto nel 2021 alla cifra astronomica di 5 milioni di euro e rotti.

@Panaderìa Obando
E dire che nel 1965 il fondatore Francisco Obando aveva ereditato dal suocero quello che era un modesto forno di paese sull’orlo del fallimento, dove ancora si impastava mediante un sistema di carrucole mosse da asini. Con un operaio e 50 chili di farina, sfornava come poteva 250 pagnotte tradizionali al giorno; trovando peraltro anche il tempo di mettere al mondo sei figli, fra cui Jaime, oggi direttore generale, e Victor, direttore della produzione e del personale.


Mio padre ha mantenuto un tasso di crescita lento ma costante, passando dalla dimensione locale alla vendita in qualche paese del circondario”, racconta Jaime. È stata la nuova generazione, tuttavia, a rinnovare tecnologie e prodotti. Provando e riprovando, in un’epoca di forte crisi, mentre si regalava il pane, abbiamo puntato sul pico. E ci siamo resi conto che la scheggia che avanzava per un difetto della macchina piaceva quasi più del pezzo in sé, quindi abbiamo modificato la tecnologia, per ottenere quel risultato. Possiamo dire che è un prodotto nato per errore”.


Gli effetti sono stati virali, raggiungendo presto la grande distribuzione insieme a 25mila clienti in tutto il mondo, cosicché l’export si accaparra oggi il 15% della produzione. “Il segreto è stato il prosciutto: Joselito e Cinco Jotas usano il nostro pico nelle loro degustazioni”. E ormai la produzione di 60 addetti non basta più: è arrivato il momento di assumerne altrettanti e costruire una nuova fabbrica che soddisfi la domanda.

@Panaderìa Obando
Fonte: El Pais

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