Su iniziativa di alcuni produttori nasce il Consorzio di tutela dei Culurgionis d’Ogliastra Igp, lo scopo è quello di tutelare, promuovere e valorizzare una specialità locale ben nota anche al di fuori dei confini della Sardegna.
La Notizia
A quattro anni dal riconoscimento dell’indicazione geografica protetta è stato costituito nei giorni scorsi a Tortolì (Nuoro) il Consorzio di Tutela dei Culurgionis d'Ogliastra IGP su iniziativa di alcuni produttori che in questo modo hanno dato vita ad una nuova fase nella tutela, promozione e valorizzazione di una specialità locale ben nota anche al di fuori dei confini della Sardegna. Soci fondatori del Consorzio sono il Laboratorio di Pasta fresca di Richard Marci di Cardedu, Cospat soc.coop di Ilbono, Italagourmet srls di Tertenia, la Ditta Pastificio Sapori di Sardegna di Tiziana Loi di Loceri, Muceli&Lotto snc di Jerzu e I Sapori d'Ogliastra di Vito Arra di Lanusei. Queste aziende, che complessivamente rappresentano circa una cinquantina di addetti, hanno prodotto, nel 2019, oltre 254.000 chilogrammi di prodotto marchiato con IGP.Come ha scritto Alessandra Guigoni in un precedente articolo su questo sito, i culurgionis d’Ogliastra “(....) sono una pasta fresca ripiena, tipo ravioli (…) con ripieno di patate, formaggio, strutto o olio extravergine d’oliva e menta. (…) Questa tipologia di pasta risale con probabilità al primo trentennio dell’Ottocento. L’etimologia storica del nome è molto dibattuta; personalmente mi convincono due etimi, quello dell’esperta di lingua sarda Manuela Ennas, che fa risalire a “culleus”, sacchetto di cuoio, l’origine del nome, e quello che fa risalire il nome a “cuna”, culla e anfratto. Entrambe le parole accompagnano la forma di questa tipologia di pasta così speciale. In un documento del 1811 compaiono in un elenco di pietanze sarde “il pane di vin cotto, le zippole ed i culurgionis de casu”, una delle prime testimonianze scritte su questo prodotto. I culurgiones tradizionalmente costituivano un piatto festivo, tardo autunnale e invernale, ritenuto un lusso, di contro ad una alimentazione quotidiana fatta di minestre e zuppe di legumi e verdure, salutare ma senza sfarzi. Dalle testimonianze raccolte presso le anziane ogliastrine sono emersi tre usi particolari nella tradizione, quello di lasciare un piattino di culurgiones la sera di Ognissanti, per onorare la memoria dei defunti (is animas) per la loro commemorazione il giorno successivo, di offrirli al vicinato, come dono prezioso, e infine di farne l’elemosina, visto il valore del prodotto.
Foto copertina: Roberto Serra