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El Chato, il colombiano pluripremiato da 50 Best: “La differenza la fa il team”

di:
Elisa Erriu
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Nuova copertina el chato

“I premi sono di tutto il team: è la squadra che fa il ristorante”. Il miglior gourmet dell’America Latina 2025 punta dritto sul gruppo: ecco i segreti di El Chato!

L’ascesa di El Chato dimostra che la cucina contemporanea colombiana vive un momento fertile, e soprattutto che la narrazione gastronomica latinoamericana può ancora sorprendere, reinventarsi, ripartire da nuove capitali creative. La notizia arriva da Antigua Guatemala, dove la cerimonia dei Latin America’s 50 Best Restaurants ha appena incoronato il ristorante colombiano come miglior ristorante dell’America Latina 2025. Un traguardo che non ha il tono celebrativo dell’ennesimo riconoscimento, ma l’energia di un passaggio storico: è la prima volta che la Colombia conquista il vertice della classifica, e questa volta il protagonista guida una cucina che non vuole rappresentare una sola regione, ma l’intero sistema vivente che compone il Paese.

el chato bistro
 

Il merito è del lavoro meticoloso di Álvaro Clavijo, cuoco che ha scelto di trasformare la biodiversità colombiana in una narrazione gastronomica con radici solide e visione contemporanea. El Chato, aperto nel 2017 e battezzato con un termine affettuoso che i nonni usano per chiamare i nipoti (“chaticos”), si è fatto largo sulla scena internazionale con un passo costante: debutto al numero 21 nel 2018, crescita continua, un’identità affinata stagione dopo stagione. Oggi sale sul podio più alto sostenuto da un pensiero che non cerca l’impatto aggressivo, ma la profondità. «Essere nominati Best Restaurant è incredibile per i ristoranti colombiani e per la cucina colombiana. È motivo di grande orgoglio» racconta Clavijo al noto network, lasciando filtrare l’emozione di un risultato che supera la dimensione personale. L’energia creativa del ristorante affonda nelle strade di Chapinero Alto, quartiere bohémien di Bogotá che negli ultimi anni si è trasformato in rifugio per chi cerca una cucina aperta alle contaminazioni senza rinnegare la propria personalità. Da qui nasce una proposta che omaggia i prodotti locali e le piccole realtà produttive, costruendo menu che si muovono al ritmo del raccolto e delle stagioni. È una cucina che cambia in continuazione, come un organismo vivo che risponde ai movimenti della natura.

El chato bogota colombia restaurantes 50 best
 

Nelle varie stagioni il ristorante propone piatti che mostrano un vocabolario ampio e sorprendente: granchio con tamales di mais stagionato e pusandao, uno stufato di cocco e platano; oppure una tartare di manzo arricchita da tuberi di yacón delle Ande e un garum di funghi che aggiunge profondità fermentata. Clavijo lavora sul vegetale con purezza, sulla carne con misura, e su ogni ingrediente con la stessa domanda: come far emergere un gusto poco conosciuto, o semplicemente non riconosciuto? Uno dei piatti simbolo – cozze con origano e guatila, una cucurbitacea diffusa nel Paese – racconta perfettamente questa filosofia. Un’unione che sembra semplice ma che si regge su una logica di contrasti calibrati, dove il sapore verde e acquoso della guatila incontra la sapidità marina in un equilibrio che funziona proprio perché non cerca l’effetto sorpresa a tutti i costi. L’immaginario colombiano viene trasformato con rispetto, senza estetiche eccessivamente narrative, eppure ogni piatto mantiene la capacità di trasportare chi assaggia verso un luogo preciso, fatto di territori, pratiche agricole, comunità.

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La formazione di Clavijo è un mosaico internazionale che ha attraversato Parigi, Barcellona e poi cucine come Per Se, L’Atelier de Joël Robuchon e Noma. Il risultato è un bagaglio tecnico cosmopolita che si incastra naturalmente con l’istinto colombiano. «Penso che ciò che rende speciale El Chato sia il fatto che non ci concentriamo su un’unica regione, ma copriamo tutto, dal sale alla frutta usata nei dessert e nei drink» spiega il cuoco. «Senza volerlo, stiamo mostrando sapori molto diversi da quelli che le persone conoscono». Il ristorante non si propone come manifesto, né come enciclopedia regionale, ma come una specie di viaggio orizzontale che tocca coste, altipiani, foreste tropicali e piccole comunità agricole, costruendo una mappa gustativa che non pretende di essere definitiva, ma immensamente rivelatrice. Quando El Chato ha aperto, l’obiettivo dichiarato di Clavijo era rendere il fine dining accessibile ai colombiani. Un intento che non riguarda soltanto il prezzo, ma soprattutto l’atmosfera. La sala è calibrata per mettere i commensali a proprio agio, come se il percorso gastronomico fosse una passeggiata attraverso territori familiari, reinventati con eleganza. Nulla che ricordi la rigidità di certi ambienti stellati: qui l’esperienza punta a essere fluida, spontanea, capace di formare un legame emotivo con chi siede a tavola. La cucina racconta un Paese, ma senza il peso dei grandi discorsi: preferisce affidarsi agli ingredienti e alla loro storia, lasciando che siano loro a parlare.

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La serata di premiazione ad Antigua Guatemala, con la platea dell’intera comunità gastronomica latinoamericana raccolta sul palco per applaudere il team di El Chato, ha dato il tono della consacrazione. Clavijo però rimane saldo, ancorato a una mentalità che guarda più al laboratorio che alla ribalta. «Domani sarò con il team – rientro presto. Voglio solo tornare nel mio Paese a festeggiare con loro». Una semplicità che non nasconde l’ambizione dei progetti in corso, tutti orientati verso la crescita interna. Il ristorante sta lavorando su un centro di produzione e ricerca dedicato alla fermentazione dei frutti, un universo sensoriale che Clavijo considera uno dei capitoli più fertili della cucina colombiana contemporanea. La fermentazione, infatti, qui non è mero vezzo nordico, ma la chiave per comprendere tropicalità, zuccheri naturali, acidità spontanee, variazioni aromatiche che trasformano ingredienti umili in strumenti di profondità gustativa. All’interno del laboratorio si sperimentano estrazioni, riduzioni, tecniche che amplificano la ricchezza intrinseca dei frutti colombiani, creando un repertorio nuovo che potrebbe diventare uno dei tratti distintivi della cucina del futuro di El Chato.

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Il riconoscimento dei 50 Best non rappresenta soltanto un premio per il ristorante, ma una spinta decisiva per l’intero panorama gastronomico colombiano. «È bello capire che non si tratta davvero di numeri, non riguarda l’egocentrismo, ma l’opportunità di mostrare la bellezza dei nostri Paesi e delle nostre cucine» dice Clavijo. Una frase che riassume il senso di responsabilità e di possibilità che il titolo comporta: non una vittoria isolata, ma una piattaforma che può ispirare una nuova generazione di cuochi latinoamericani pronti a vedere i propri ingredienti con occhi diversi. L’ascesa di El Chato dimostra che la cucina contemporanea colombiana vive un momento fertile, e soprattutto che la narrazione gastronomica latinoamericana può ancora sorprendere, reinventarsi, ripartire da nuove capitali creative. Bogotá, attraverso il lavoro di questo ristorante, ha trovato un modo per parlare al mondo: non alzando la voce, ma portando in scena una cucina che vibra di autenticità, biodiversità e prospettive future. Una cucina intenzionata a mostrare, più che a raccontare, ciò che la Colombia ha sempre avuto tra le mani.

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