A 89 anni, Crispín Arregui Mendiolagaray continua a occuparsi del suo gregge nel caserío Arria, a Berriz. Ultimo esponente di una storica famiglia di pastori transumanti, rappresenta un legame vivente con un mondo che sta scomparendo. Seduto nel capannone dove custodisce le sue pecore latxa dalla faccia bianca, Crispín si presenta con una battuta: «Sono nato il 18 luglio 1936; sono una persona da paga straordinaria». Per lui la felicità non richiede molto: «Avere la famiglia e le pecore a posto… poco altro serve».
Un’infanzia nei pascoli
Crispín iniziò la sua vita da pastore a soli otto anni, quando il suo ruolo era “fare da cane”: correre su e giù tutto il giorno con i piedi bagnati. Le giornate iniziavano con la mungitura e finivano in una capanna di montagna, dove si dormiva come i carbonai. L’alimentazione era semplice e autentica: latte di pecora, talo, fagioli con pancetta e chorizo di casa. «Il meglio era il cioccolato e il riso al latte di mio zio Máximo», ricorda ai microfoni di 7Canibales. La notte, senza paura, attraversava boschi e sentieri per andare a prendere l’acqua alla fonte, guidato solo dall’abitudine e dalle storie che i grandi raccontavano.

Vita dura, ingegno e libertà
Cresciuto nel caserío Betzuen, Crispín apparteneva a una famiglia numerosa: 18 tra fratelli e cugini, tutti cresciuti tra boschi, roccia e pascoli. Il padre lavorava dove trovava impiego, mentre la madre badava ai figli e al gregge. Dopo appena un anno di scuola, a 16 anni, andò a lavorare come garzone. Tornò a casa con 2.000 pesetas e un baccalà secco: il salario di un anno di fatiche. Eppure, non ha mai perso il sorriso né l’ironia. Non ha mai avuto cellulare, televisore, carta di credito o orologio: la sua vita è rimasta radicata nel ritmo della montagna.
La transumanza: un’epopea che non esiste più
La famiglia Arregui praticava la transumanza tradizionale, un percorso che da Betzuen portava fino ai pascoli di Mutriku, passando per Durango, Trabakua, Markina e Ondarroa. «Avevo 16 anni la prima volta che la feci», ricorda. Un cavallo trasportava cibo e attrezzi, mentre suo padre chiudeva il gruppo con una giumenta e un carro. Si dormiva nei caseríos lungo il cammino, ospitati come pensionanti. Oggi, denuncia Crispín, «sarebbe impossibile»: le montagne sono invase dalla vegetazione e le vecchie vie pastorali si sono chiuse.

Un pastore, un venditore, un uomo di relazioni
Oltre a essere pastore, Crispín era un formaggiaio abile e ricercato nelle fiere rurali. «Sono sempre stato un gran venditore», dice. La sua esperienza lo portò anche a collaborare con la Artzain Eskola e con il centro di inseminazione ovina Ardiekin, interessato alla qualità delle sue pecore. Ogni mercoledì porta ancora latte, uova e frutta secca ad amici come Mikel Bustinza, chef dalle profonde radici locali.
Una storia d’amore lunga 61 anni
Accanto a lui, sempre, c’è Justa, sua moglie da 61 anni. La conobbe il giorno di San Giovanni, la accompagnò all’eremo e da lì iniziò una storia che non si è più fermata. «Non c’è parola per ripagarla», dice con commozione. «Mai un rimprovero, sempre pronta ad aiutare». Insieme hanno costruito una vita fatta di lavoro, pascoli, famiglia e tradizioni mantenute vive con orgoglio.
