Le "bussole goderecce" del posto orientano gli ultimi arrivati nel ristorante tipico dell'hotel, ma l’Elephant ospita anche un gourmet stellato, una Spa sotterranea e un “labirinto green” di 2 ettari. A imbastire il nido gastronomico, Mathias Bachmann, che ha scelto un doppio binario per veicolare la limpidezza della materia.
L'hotel
L'Elephant porta sul dorso 500 anni di storia, perfettamente ripartiti fra l'allure delle stube in legno tirolesi e la suggestione dei corridoi "da film d'epoca". Eppure, quel mezzo millennio registrato all'anagrafe non ne ha scalfito di un millimetro l'hype vacanziero: se varcando un'insegna con la stessa gestione famigliare dal 1773 ci si aspetterebbe di trovare perlomeno qualche piccolo segno stantìo, qui il primo tratto rilevante è il dinamismo -un bagaglio di accoglienza ereditaria che viaggia spedito dal bar&lounge sulla scorta degli antichi caffè letterari al ristorante stellato guidato dallo chef Mathias Bachmann.



Così, l'elefantino scelto come mascotte dell'albergo (non a caso, il secondo più longevo di Bressanone) diventa simbolo di una curiosa "stabilità in movimento" -quella sorta di funambolismo che consente alla classica struttura datata di rimanere in vita. In tutto ciò, il logo dell'animale stilizzato non è un vezzo da graphic designer, ma la testimonianza di un passaggio decisivo nella cittadina altoatesina: durante il lungo percorso di trasferimento dall'India a Vienna del 1551, il pachiderma Soliman giunse infatti a Bressanone per rimanere ben 14 giorni sotto il tetto del patron originario Andrä Posch, lasciando per sempre la sua impronta sul calco di ospitalità futura e ispirando persino il nome del complesso.

Ed ecco che, mentre gli abitanti si riversavano per le strade ad ammirare il gigantesco mammifero esotico, la notizia delle cure che l'oste gli dedicò accrebbe via via la notorietà dell'Elephant. Oggi la leggenda a 4 stelle prosegue con la gestione degli Heiss-Falk, custodi dalla fine del '700 di un'ospitalità atemporale che non ha mai smesso di dettar tendenza.

Il "new classic" del Ristorante Elephant
A proposito di trend, le "bussole goderecce" del posto orientano gli ultimi arrivati nel ristorante tipico dell'hotel, dove l'obiettivo è intrattenere oltre a ingolosire. Chi sceglierà di cenare nella Zirbelstube in cirmolo, circondato dalle torreggianti stufe color smeraldo, avrà subito l'impressione di scivolare in una scenetta conviviale alpina: all'ingresso lo sguardo indugia sulla boiserie in quercia tornita dagli artigiani di zona, i lumi caldi e i fiori di montagna disseminati ovunque, per poi captare le rapide mosse del mâitre intento a preparare una sfilza di tartare (antipasto fisso in carta grazie alla scenicità del gesto, non meno che all'abbinamento con burro salato e baguette croccante).

Nel nostro caso, l'assaggio rivelatore è stato però il Carpaccio di cervo con finferli marinati ed erbe aromatiche, in cui l'"addizione verde" risalta sia per geometria visiva che per intensità espressiva, spostando piacevolmente il focus sulle botaniche presenti. A imbastire il nido gastronomico, Mathias Bachmann, executive dell'intera struttura con polso fermo tanto sul Ristorante Elephant quanto sul gourmet Apostelstube (un macaron dal 2019). Ed è proprio la coerenza fra i due indirizzi (l'uno spinto su ricette amarcord, l'altro sulla miscela di memoria e intuizioni globali) il nodo che lega i vari rami di ristorazione interna, poiché al centro resta sempre e comunque la limpidezza della materia -mai soffocata da slanci tecnici estremi.

Lo dimostrano, sempre nella stube tradizionale, gli Schlutzer ripieni di spinaci e ricotta, formaggio di montagna e burro nocciola, una piccola rima baciata fra sfoglia e farcia: a sorpresa, la sapidità agreste degli spinaci sta dietro all'umami di stagionatura, tenendo testa ad un topping di notevole profondità. Ancora, la Guancia di vitello brasata in botte di legno al Whisky riposa tranquilla su un letto di polenta di Storo; potrebbe essere il solito secondo "malga style", invece si giova della presenza terragna dei funghi shiitake e di un vivace Jus alla maggiorana. Non meno temeraria la scocca dello strüdel, molto distante (per noi un pregio) dalla sfoglia ortodossa "effetto velo" di alcune pasticcerie di zona. Così, la tensione in superficie prepara la mandibola all'abbraccio spontaneo del frutto, lasciando margine all'ultimo morso di dessert.


Apostelstube: l'insegna stellata
Quanto all'Apostelstube, verrebbe facile parlar di esclusività, giacché i tavoli disponibili sono appena quattro e (inevitabilmente) spesso sold out. Nulla di più sbagliato, visto il piacevole senso intimità che aleggia in questa "saletta segreta" dal look rubato al sottobosco: al centro, la simmetria modernista dell'Art Déco anni '20; ai lati, lo spettro cromatico di una foresta all'imbrunire.

Foresta che alimenta, sì, una parte consistente della dispensa di Bachmann, assorbendo però come una spugna la miscela di culture che il giovane cuoco amalgama nel menu. Quale che sia il percorso scelto, nella stube debutta un trio affiatato: impalcatura francese, sensibilità mediterranea e rigore giapponese, destinati a stringere un tacito patto nel piatto. Due le opzioni: Il viaggio di Soliman nel parco dell'Elephant, che riprende esattamente le tappe del tragitto cinquecentesco (da Mumbai col Purple curry, astice e lattuga a Bressanone con l'Essenza di porcini, radici e levistico) e Nell'Apostelstube, laddove il Salmerino sguazza nel futuro con un lieve siero di latte, il Wagyu A5 si scopre nostrano insieme a un jus alla mela nera e topinambur e l'epilogo è affidato a un fresco sorbetto di pesca e myoga accanto alla zagara. Non solo: l'elefantino ricompare fra i meandri della cantina, intitolata Soliman Wines; una Wunderkammer di 900 etichette che vi racconteremo a breve in uno speciale sull'Apostelstube.



Le stanze
A rifletterci, il primo particolare che desta attenzione dopo il check-in è la passeggiata trepidante fra i corridoi in attesa di vedere la stanza dal vivo. All'Elephant quella manciata di minuti diventa una caccia al tesoro nascosto lungo la linea del tempo, poiché ciascun corridoio svela angoli-salotto, mobili retrò, pareti costellate di quadri e vetrate colorate.


L'ingresso in camera o suite (oggi, in totale, ve ne sono 43, di cui 13 recentemente ricavate dall'intervento di makeover del tetto) prolunga la sensazione iniziale, fra poltroncine bonton e testiere dei letti con ricami a decori vegetali. Momento spoiler: mentre nella Doppia Deluxe potreste concedervi il lusso di una graziosa terrazza panoramica, la suite di maggior ampiezza ha dalla sua il perimetro di 50 metri quadri, enfatizzati ulteriormente dal marmo e dal parquet a spina di pesce.


Il relax anche fuori dalla suite: il caffè, la Spa, i giardini
Fra pranzi e cene la pausa espresso (o drink!) sarà il giusto pretesto per passare qualche ora nella lounge, con i tavoli allineati in fila indiana alle estremità del salone e il lungo tappeto che indirizza l'occhio verso le finestre "a piena parete". Se almeno una volta nella vita avete desiderato respirare i fermenti vivi delle caffetterie d'epoca, questo è il posto ideale per provare a immaginarsi locali simili, fra cioccolate calde coperte da nevicate di panna spumosa, bollicine altoatesine e snack allo speck preparati live. All'estremo opposto, il detox raduna i fan dei centri benessere nella Spa sotterranea, allestita dentro le scuderie del 1888.


Qui i soffitti a volta originari si sdoppiano a pelo d'acqua in una grande piscina riscaldata, che per l'occasione fa il paio con sauna finlandese e bagno a vapore. Fermo restando la palestra a prova di sportivi in trasferta, sarebbe poi un peccato non approfittare dei giorni di sole per scoprire la flora nordica del parco, esteso su 2 ettari e particolarmente d'impatto nel periodo di fioritura dei roseti; caso vuole che Villa Marzari -la dépendance dell'hotel- offra pure un campo da tennis per allenarsi all'esterno. Ma meglio a pancia piena, dopo una colazione che sfodera l'arsenale dolce regionale: con krapfen, strüdel e torta di mele monoporzione le endorfine salgono già dal risveglio.

Contatti
Hotel Elephant
Via Rio Bianco 4- 39042 Bressanone, Alto Adige (Italia)