Attualità enogastronomica

Drew Nieporent, 40 locali in 40 anni: “Ma chi paga 1000€ per il sushi gourmet è matto. Prezzi folli"

di:
Elisa Erriu
|
drew

Da Montrachet a Nobu, il ristoratore che ha cambiato la scena di New York riflette sui 40 anni di carriera e sul futuro del fine dining: «Un tempo il lusso era accessibile, oggi è solo un gioco di numeri».

A New York, alcuni fanno i conti con le stelle Michelin. Drew Nieporent, invece, fa i conti con i biglietti dei New York Jets. Da quarant’anni il suo nome attraversa la storia della ristorazione americana — da Montrachet a Tribeca Grill, da Nobu New York a Nobu London — e oggi, con il tono ironico e disincantato di chi ha visto passare decenni di piatti e mode, fissa un limite netto: «Non pago nessun pasto che costi più del mio biglietto per i Jets. 750 dollari? Allora sì, vado. Mille per un menù degustazione? No, grazie».

L’uomo che negli anni Ottanta portò il vino francese a Tribeca e che aprì quarant’anni di ristoranti in quarant’anni, uno per ogni stagione della sua carriera, ha deciso di raccontarsi nel memoir appena uscito, I’m Not Trying To Be Difficult: Stories from the Restaurant Trenches. E proprio in quelle pagine, mentre ripercorre la parabola di una vita passata tra tavoli, cucine e clienti illustri, lancia la sua riflessione più semplice e più pungente: «I prezzi dei ristoranti sono completamente fuori controllo».

nobu 2025 10 27 12 25 17
Nobu New York

Nel 1985, quando aprì Montrachet, il suo primo ristorante, il menù fisso costava 16 dollari. Anche aggiustando per l’inflazione, oggi sarebbero circa 50 — una cifra che farebbe sorridere chiunque abbia recentemente varcato la soglia di un tre stelle newyorchese. Quarant’anni dopo, infatti, lo stesso piatto che un tempo segnava un pranzo elegante può costare quanto una piccola rata del mutuo. In certi casi, anche di più: una cena per due può tranquillamente raggiungere i 1.000 dollari, e un supplemento di foie gras vale 45.

«Una volta i ricchi mangiavano nei grandi ristoranti francesi spendendo pochissimo. Vino, piatti, servizio, tutto costava niente. Oggi, ogni cosa è diventata un lusso», osserva Nieporent. È la constatazione di chi ha vissuto le diverse ere della ristorazione come fossero cambi di stagione: dagli anni Settanta del glamour discreto al minimalismo chic dei Novanta, fino al presente, dominato da tasting menu in serie e conti astronomici.

Oggi il paradosso del fine dining americano è tutto qui: mentre molti ristoranti faticano a restare in piedi — travolti da costi delle forniture alle stelle, carenza di personale e prenotazioni sempre più rarefatte, soprattutto dopo la pandemia — i prezzi dei menù continuano a salire. In certi casi, in modo vertiginoso.
Secondo quanto riportato da Eater nel 2023, diversi locali d’élite di New York, tra cui Masa e Eleven Madison Park, hanno alzato i prezzi di oltre 100 dollari a persona nel giro di un anno e mezzo.

eleven
Eleven Madison Park

Masa, il celebre sushi counter del Time Warner Center, costa oggi 950 dollari a persona. «È un posto straordinario», ammette Nieporent, «ci sono stato. Ma non posso giustificare una cifra simile. È un limite che non voglio superare». Il suo metro di paragone rimane la passione sportiva: un biglietto per vedere i Jets, 750 dollari. «È il mio punto di riferimento per tutto. Spendo 500 dollari per un pasto al Noma, perché è meno del mio biglietto allo stadio. Ma oltre non vado».

Dietro la battuta, c’è una questione profonda. L’idea che la ristorazione di alta gamma, quella che negli anni Ottanta cercava di democratizzare l’esperienza culinaria, sia tornata a essere terreno per pochi.
«Il mio successo», racconta, «è stato rendere l’esperienza del ristorante più accessibile». Non a caso, il suo Montrachet — che per 19 anni mantenne tre stelle del New York Times — fu celebrato non solo per la cucina, ma per aver aperto le porte a una nuova generazione di clienti, in un’epoca in cui il lusso gastronomico era ancora un club esclusivo.

Oggi, dice Nieporent, quello spirito si è perso. Il valore del pasto non è più nel piatto, ma nel prezzo. Il racconto di sé, l’immagine, il “posto dove andare” contano più della sostanza. Il menu degustazione, nato come viaggio sensoriale e intellettuale, si è trasformato in uno status symbol. «È diventato un gioco di numeri. Mille dollari per cena, duecento per una bottiglia di vino, cinquanta per un antipasto. È fuori controllo».

Non che Nieporent rinneghi l’alta cucina. L’ha amata e fatta crescere, contribuendo in prima persona alla nascita di Nobu, che da Tribeca è diventato un impero planetario. Ma anche quella, ormai, è un’altra storia. «All’inizio Nobu era un ristorante di quartiere», racconta, «oggi è un marchio globale. Il mondo è cambiato».
Eppure, dietro la sua ironia si percepisce una nostalgia gentile: quella per un’epoca in cui si andava al ristorante per condividere qualcosa, non per collezionare esperienze da raccontare.

«I prezzi sono saliti troppo rapidamente», ribadisce. «Non puoi più fare una cena a New York senza spendere cifre che, una volta, bastavano per un viaggio». La pandemia, spiega, ha accelerato un processo già in atto: la crescita dei costi fissi, l’aumento dei salari, la filiera fragile. Ma anche un nuovo tipo di clientela, disposta a pagare qualsiasi cifra pur di vivere un momento “instagrammabile”.

drew clienti
 

Nel 1985, quando Nieporent posava con lo staff di Montrachet, la ristorazione era un teatro di sogni concreti. I piatti uscivano dalla cucina con precisione, ma senza eccessi. Il vino francese era servito con naturalezza, i tavoli si riempivano di conversazioni, non di hashtag.
Oggi quel mondo sopravvive nei ricordi e in qualche indirizzo ostinato che resiste alle mode. Nieporent, con la sua memoria piena di piatti e nomi, non si lamenta: osserva. Sorride di fronte ai listini, poi torna alla sua regola d’oro. «Settecentocinquanta dollari per i Jets. Se costa meno, allora magari ne vale la pena».

La sua è una provocazione intelligente: non un invito al risparmio, ma alla misura. In un’epoca in cui la ristorazione d’élite sembra rincorrere sé stessa, Nieporent ricorda che il valore dell’esperienza non sta nel conto, ma nel contenuto.
E per chi, come lui, ha servito migliaia di tavoli e aperto quaranta ristoranti, l’ultima lezione è semplice: la vera ospitalità non si misura in dollari, ma in equilibrio. Quello che un tempo permetteva di cenare con un bicchiere di Borgogna e un sorriso, senza dover pensare al prezzo del biglietto d’ingresso.

Ultime notizie

mostra tutto

Rispettiamo la tua Privacy.
Utilizziamo cookie per assicurarti un’esperienza accurata ed in linea con le tue preferenze.
Con il tuo consenso, utilizziamo cookie tecnici e di terze parti che ci permettono di poter elaborare alcuni dati, come quali pagine vengono visitate sul nostro sito.
Per scoprire in modo approfondito come utilizziamo questi dati, leggi l’informativa completa.
Cliccando sul pulsante ‘Accetta’ acconsenti all’utilizzo dei cookie, oppure configura le diverse tipologie.

Configura cookies Rifiuta
Accetta